Lunedì, 07 Maggio 2018 00:00

Da un grande Partito derivano grandi responsabilità. Renzi e la dirigenza del PD le hanno tradite tutte.

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Da un grande Partito derivano grandi responsabilità. Renzi e la dirigenza del PD le hanno tradite tutte.

C’era una volta un amichevole PD di quartiere. Presente nei circoli, attento ai problemi principali degli abitanti e in buoni rapporti con i suoi vicini, che su molte cose la pensavano diversamente ma dialogavano sui temi e proposte in comune. La situazione di oggi nei quartieri è completamente diversa: oggi abbiamo, come a Firenze nel Quartiere 1, alcuni servili eletti che parlano come i cattivi che il PD, una volta, combatteva.

Il problema di questi anni nel Partito Democratico non è infatti personale con Matteo Renzi. Il problema è con chi lo ha sostenuto e che senza la sua ascesa non avrebbe mai raggiunto le cariche pubbliche o gli incarichi che ricopre. Pur di mantenerle, non esita a cavalcare la marea nera che si è alzata in questo paese. A Firenze, culla del renzismo, si vedono le conseguenze di questo metodo: vi è una amministrazione poco attenta al bene  comune, di facili privatizzazioni, che ha tagliato molti servizi nel sociale e che, nascondendosi dietro alla lotta al degrado, sta trasformando la città in una vetrina internazionale per i turisti. La prima Leopolda era l’esaltazione di questo modus operandi: santificavano Tony Blair, maggior investimenti dei privati, tagli dei servizi.

Di quella prima Leopolda, rimangono solo le macerie: Pippo Civati è fuori dal Parlamento (dopo un percorso politico maldestro e discendente) mentre Matteo Renzi ha portato il Partito Democratico alla peggiore sconfitta della sua storia, la peggiore nella storia della sinistra in Italia. La dirigenza del Partito Democratico di questi anni ha giustificato molti errori: l’attacco alle tutele dei lavoratori e al sistema del lavoro con il Jobs Act, il declassamento del sistema scolastico e del corpo docenti con la Buona Scuola, il taglio degli incentivi alle energie rinnovabili, l’approvazione di una  legge conservatrice sulle unioni civili ecc ecc. La giustificazione era la seguente: con Renzi si vince.

La dimostrazione che il partito è ostaggio di questa dirigenza incapace e servile è che dopo numerose sconfitte alle amministrative più importanti, dopo la sconfitta al Referendum Costituzionale, dopo la sconfitta alle regionali e dopo la sconfitta alle politiche ancora viene difeso il disastroso operato di questi anni. Una linea politica che ha reso giustamente odioso il PD ai suoi naturali alleati, che gli ha fatto perdere il ruolo fondamentale di punto di riferimento principale per le fasce della popolazione in difficoltà. La responsabilità politica di queste sconfitte viene scaricata su fattori esterni, quali l’elettorato vittima di azioni denigratorie (l’episodio vergognoso delle file ai Caf per il reddito di cittadinanza) oppure una più generale crisi politica della sinistra europea. Quando però modelli funzionanti come quello portoghese, il Labour Party sotto la guida di Jeremy Corbyn e altri vengono bollati come negativi.

Inoltre spesso la responsabilità delle sconfitte viene scaricata su fattori interni, sulle minoranze e su chiunque si permetta di criticare l’operato della dirigenza nazionale. Una azione repressiva volta anche ad un sempre maggiore controllo del partito sfruttando i traumi post sconfitte, infischiandosene egli elettori e iscritti che si allontanano. Un esempio è quello che è successo con il Referendum: pretendendo un partito compatto senza aver mai discusso la Riforma Costituzionale nei circoli o nelle assemblee prima di presentarla alle Camere, alla minoranza contraria è stata scaricata la colpa della sconfitta, costringendone una parte a uscire dal partito. Un segnale di come alla dirigenza attuale e a Matteo Renzi non sia mai importato niente del PD e non abbiano mai portato rispetto alla sua storia e alle sue regole.

Il Partito Democratico non era nato solamente per unire le due anime della sinistra italiana, ma anche per superare le dinamiche distruttive che avevano caratterizzato la sinistra fino alla sua fondazione. Renzi con le sue dinamiche distruttive e divisive, provocando e fomentando le scissioni a sgocciolo di questi anni, ha tradito questo spirito. Il PD è un partito a vocazione maggioritaria, che ha sempre lavorato per un sistema maggioritario e che è sempre stato il punto di riferimento delle coalizioni di sinistra in Italia. Con questa legge elettorale approvata e con la spaccatura fomentata con gli altri partiti, Renzi non solo ha tradito anche tutto questo ma ha messo a repentaglio  l’esistenza stessa del partito. Lo sta portando sotto la sua soglia elettorale ma non solo di sopravvivenza, alle condizioni attuali un partito come il PD non ha senso di esistere e la sua implosione è pericolosamente vicina.

Responsabilità: una parola che Renzi e i suoi hanno dimostrato ancora una  volta di non conoscere, con il teatro allestito dei #senzadime per fomentare i tifosi ed evitare una discussione seria interna al partito. Occorre che la minoranza interna si prenda  le sue di responsabilità, mettendo da parte i personalismi e le divisioni di questi anni ripartendo dai temi e dalle problematiche emerse in queste sconfitte elettorali ed iniziare una ribellione anche violenta nei toni, a rischio di una frattura oramai inevitabile con la parte renziana. Un ruolo importante può averlo la giovanile del partito, quei Giovani Democratici spesso denigrati da Renzi con le sue organizzazioni alternative da boyscout quali i FutureDem e Pischelli in cammino. Non c’è da salvare il Partito Democratico, ma una area di sinistra a rischio nel nostro paese.

C’è da ricostruire un campo politico capace di sconfinare i partiti, con un dialogo funzionante e costruttivo sui grandi temi del nostro tempo: una piattaforma unica e comune di tutti i diritti, la correzione delle distorsioni della globalizzazione, un sistema di welfare funzionante nel sociale, la ricerca di un nuovo ruolo centrale del lavoro, una riforma dell’Unione Europea ecc ecc. I partiti personalistici e settari esterni a questo PD fallimentare non sono stati in grado di fornire una alternativa valida non solo per le due caratteristiche negative da me enunciate, ma perché è mancato un dialogo costruttivo reale su questi temi, inclusivo e ampio. Occorre lavorare per ricostruire una più ampia area di sinistra, per evitare di finire politicamente come l’Ungheria o altri paesi dove l’alternativa è tra nazionalisti xenofobi e liberali moderati sovranisti.

Il Partito Democratico può tornare ad avere un ruolo attivo in questo processo se si scrolla di dosso la dirigenza e le politiche di questi anni, a qualsiasi costo. È giunto per tutti il tempo delle responsabilità e delle scelte da fare, a cui dovranno seguire azioni efficaci e ragionate. Il tempo dei tifosi e delle inutili quanto settarie discussioni è finito. C’è un anno zero della sinistra italiana in cui  il Partito Democratico e chi è deluso da questi ultimi anni devono decidere che ruolo avere e se farvi parte. La notte è sempre più buia prima dell’alba, o può diventare una Lunga notte senza fine.

 

Immagine ripresa liberamente da wikipedia.org

Ultima modifica il Sabato, 05 Maggio 2018 19:46
Marco Saccardi

Nato a Bagno a Ripoli (FI) il 13 settembre 1990, sono uno studente laureato alla triennale di Storia Contemporanea presso l’Università di Firenze, adesso laureando alla magistrale di Scienze Storiche. Appassionato di Politica, amante della Storia, sono “fuggito” dal PD dopo anni di militanza e sono alla ricerca di una collocazione politica, nel vuoto della sinistra italiana. Malato di Fiorentina e di calcio, quando gioca la viola non sono reperibile. Inoltre mi ritengo particolarmente nerd, divoratore di libri, film e serie tv.

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