La socialdemocrazia europea nel secondo dopoguerra: dal compromesso sociale su base keynesiana all’accodamento al neoliberismo
Agli esordi di quella che si chiamerà Unione Europea ci sono operazioni, che rispondono primariamente a esigenze di ricostruzione delle economie europee occidentali, devastate dalla guerra, quali la Comunità del Carbone e dell’Acciaio del 1951 e il Piano Marshall del 1947, cioè gli aiuti statunitensi, poi evoluto, l’anno successivo, nell’OECE. Anzi tra i precedenti in assoluto va posto l’accordo italo-belga del 1946, che scambiò 50 mila lavoratori italiani disoccupati, da impiegare nelle miniere di carbone e nella siderurgia del Belgio, con rifornimenti belgi di carbone all’industria e alle abitazioni italiane, e che sfociò nella tragedia di Marcinelle dell’agosto del 1956, 262 morti in miniera, a seguito di un incendio. Con quelle operazioni si trattò, dal punto di vista delle borghesie dei paesi europei occidentali, delle loro parti politiche e degli Stati Uniti, non solo di aiutare popolazioni disperate, alla fame, senza casa, ma anche di evitare che queste condizioni, la disoccupazione, inoltre, come in Italia, l’odio nei confronti di chi la guerra l’aveva voluta e ne aveva approfittato, evolvessero in simpatie di massa anche politiche nei confronti dell’Unione Sovietica, eroica vincitrice al prezzo di 25 milioni di morti della guerra al nazismo, più che nei confronti dei pur prestigiosi e munifici Stati Uniti. Dal lato dell’URSS giocava infatti anche la dominante partecipazione comunista e operaia in quasi tutta Europa alla Resistenza.
Venticinque anni da Tangentopoli: un veloce bilancio
Il 17 febbraio 1992, venticinque anni fa, veniva arrestato Mario Chiesa. Da allora potremmo dire, senza retorica ma con serenità, che la storia d'Italia è cambiata. La fine dei partiti di massa (coinvolti nelle inchieste e suicidatisi per ragioni politiche), il bipolarismo, il mattarellum: tutto è cambiato.
“Manifesti, articoli, commenti, discorsi... quanto colore che dovrà cancellare l'acqua” potremmo dire citando Rafael Alberti, ciò che è certo è che a così tanti anni di distanza sta forse per affermarsi una riflessione più serena su quegli anni (celebrati persino da uno sceneggiato andato in onda sul settimo). Noi proviamo a dire la nostra.
Front National: una tempesta in arrivo sulla Francia?
La rilevanza attribuita alla campagna elettorale per le imminenti elezioni presidenziali in Francia è dovuta alla portata potenzialmente distruttiva che queste potrebbero avere. La scesa in campo della leader del Front National Marine Le Pen, gli alti e bassi nelle primarie francesi e gli scandali che hanno travolto il cavallo da battaglia della destra tradizionale Fillon: se a questo aggiungiamo il fatto che lo scontro sociale nel paese va acuendosi (quello legato alla presenza di migranti ma anche le manifestazioni contro la Loi Travail) e che l'unica risposta data è quella del prolungamento della legislazione di emergenza, è facile presagire il peggio.
Il populismo francese non costituisce di certo, nell'Unione Europea che celebra i sessant'anni dalla sua nascita, un caso a se stante: movimenti di destra che gridano ad un ritorno all'interno dei confini nazionali, lasciando fuori chi è diverso, sono presenti oramai in molti paesi. Ma la minaccia rappresentata da Le Pen, che due giorni fa è tornata alle origini antisemite tanto care al padre affermando che in caso di vittoria negherà agli ebrei francesi la doppia cittadinanza israeliana, è percepita come particolarmente pressante. E a ragione.
Le sinistre in Italia: un panorama tragico?
Grande confusione sotto il cielo della sinistra. In un clima teso, su cui incombe, come una spada di Damocle, l'incertezza sulla data delle prossime elezioni politiche, si aprono scenari molto aperti e dalle linee poco definite. Si registrano così intensi malumori all'interno di molte formazioni politiche. Nel PD, le dichiarazioni di D'Alema, che evoca la possibilità di una scissione e di Bersani che rincara la dose parlando di un "Ulivo 4.0", riaccendono la diatriba interna fra la vecchia guardia e i renziani. Se nel Partito Democratico tira insomma aria di congresso, a celebrarlo sicuramente saranno, fra gli altri, Rifondazione Comunista, impegnata a rilanciare progetto e riformulare la linea politica, e Sinistra Italiana, nuovo soggetto che sta ottenendo una certa attenzione mediatica ma già diviso fra chi vuole instaurare un dialogo col PD e chi predilige una posizione più autonoma. Altre variabili come il movimento Possibile di Civati o le velleità ancora oscure di Pisapia e di Emiliano, contribuiscono a delineare un mosaico decisamente frammentato.
Durante i classici festeggiamenti stagionali l'Autore si è trovato – per sua somma sfortuna – a ragionare di questo autunno-inverno italiano. Seguendo un po' di pensieri in libertà, ovviamente viene in mente il referendum dello scorso 4 dicembre. Lasciando in pace il risultato, che può piacere o meno (e all'Autore è piaciuto) ma ormai è un dato storico che lascia il tempo che trova, viene naturale rapportare quel risultato alla situazione attuale.
Articolo di Alex Marsaglia tratto dal numero cartaceo Sinistra e Europa: un rapporto complesso, consultabile qui
Costituzione italiana contro trattati europei: Il conflitto inevitabile
Il merito principale identificabile nell'ultimo pamphlet di V. Giacché Costituzione italiana contro trattati europei: Il conflitto inevitabile (Imprimatur edizioni, 2015) sta nel rigore con cui viene affrontata la comparazione dei Trattati europei e della struttura politica, giuridica, amministrativa dell'Unione Europea con la nostra Costituzione repubblicana, ridotta sempre più a santino del democraticismo che ne sbandiera la forma svuotandone la sostanza.
La Brexit e la crisi della narrazione politica della sinistra
L'egemonia che la destra ha avuto sul dibattito attorno alla Brexit obbliga ancora una volta a chiedersi quale possa essere il ruolo storico della sinistra nel Vecchio Continente. Le difficoltà elettorali e identitarie del Labour Britannico non bastano infatti a spiegare la quasi totale estraneità di una narrazione di sinistra rispetto ai pro e i contro di rimanere in Europa. Se forse è esagerato affermare che il referendum sia stato semplicemente il prodotto di una bega interna al partito conservatore, appare evidente come le destre abbiano completamente monopolizzato la discussione politica riducendola a due posizioni alternative chiare e semplici(stiche): da una parte chi, come Cameron, vuole una Gran Bretagna in Europa per i vantaggi che ne derivano dalla libertà di movimento di merci e capitali e dall'integrazione dei mercati finanziari, e dall'altra chi, come Boris Johnson e Farage, rivendica un Regno Unito indipendente da scelte eterodirette e in grado di esercitare in pieno la propria sovranità.
In Toscana disfatta del Partito Democratico ai ballottaggi
Anche se in Toscana è stato chiamato alle urne meno del 10% dell'elettorato, con la sola Grosseto capoluogo provinciale, la débacle del Pd fa notizia. Sarà l'analisi dei flussi elettorali a separare le iconografiche suggestioni del dopovoto, che vedono ad esempio Matteo Salvini a Cascina (45mila abitanti) dalla ventinovenne neosindaca Ceccardi, golden girl leghista vincitrice di un soffio, e comunque con una destra compatta (Fi, Lega, Fdi) che si riprende anche la sempre oscillante Grosseto.
Stimolata dalle domande di Palagi, Sara Nocentini, già assessora alla Cultura per la Regione Toscana, prende la parola. Le questioni sollevate dal Segretario PRC di Firenze riguardano il rapporto tra potere e governo, e tra governo e comunicazione, se questa ad esempio possa aver svuotato l’idea di governo inteso come progetto e se è possibile agire all’interno di questo stesso sistema per dar vita a dei “corto-circuiti” per provare a risolvere le contraddizioni interne ad esso, o se l’unica soluzione che resta sia quella di operare al di fuori, creando un “contro-potere”.
La discussione continua e prende la parola la giornalista e critica cinematografica Elisa Battistini, che tra le altre cose ha scritto, insieme ad Anna Maria Pasetti, “Il volto del potere”, una lettura contestualizzata del (citato precedentemente) film “Il ministro – l’esercizio dello Stato” di Pierre Schoeller. Battistini dice che la pellicola racconta la quotidianità (concentrata in pochi giorni) di un Ministro dei Trasporti francese, Bertrand Saint-Jean. Quest’ultimo viene svegliato in piena notte dal suo Capo di Gabinetto perché c’è stato un terribile incidente: un pullman pieno di giovani studenti è precipitato in un burrone da una strada, completamente innevata, delle Ardenne. Il ministro ovviamente si deve recare sul posto e fare la prima dichiarazione di fronte alle reti televisive. Già quindi dall’esordio si percepisce come l’esercizio dello Stato richieda una prontezza immediata, esiga un’efficienza quasi meccanica, delle risposte rapide, ben calibrate, strategiche. Ogni cosa, ogni gesto, ogni parole, ogni decisione, ogni espressione devono funzionare a pennello, la macchina del potere non deve incepparsi. Tutto il succedersi del film è una messa in scena perfettamente realistica e pienamente convincente delle funzioni, dei meccanismi, degli strumenti, delle operazioni strategiche dello Stato e dell’esercizio di potere. Ma se da una parte il ministro è trascinato nelle dinamiche che lo portano a un’ascesa di carriera, dall’altra il conflitto con se stesso appare in maniera sempre più tesa e forte: il conflitto tra l’aspirazione a salire più in alto e il senso, quasi nostalgico o comunque amaro, di una normalità non più possibile, tagliata fuori per sempre.
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