Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".
«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)
Solo parti non originali.
A seconda dello spirito con cui si decide di affrontare la pellicola si andrà incontro a poco meno di due ore di divertimento o noia.
La fantascienza riempie le sale cinematografiche da ormai molto tempo, segnando poche variabili anche quando sfrutta con ambizione e scarse capacità autori come Asimov o Dick.
Dopo Snowpiercer esce un'altra pellicola che decide invece di basarsi su un fumetto (che a sua volta è tratto da un romanzo), che verrà pubblicato e distribuito in Italia solo il 16 giugno (quando probabilmente il film non sarà più nelle sale).
Stavolta si sceglie di far sparire tutto ciò che non è intrattenimento e che potrebbe apparire come innovativo.
Kevin Spacey ha un fascino innegabile nei panni di Frank Underwood, protagonista di House of Cards, che sta riscuotendo molto successo e interesse, anche in Italia, dove Sky ha deciso di puntare su questa serie per lanciare un nuovo canale (Sky Atlantic), affiancandola alla quarta stagione del Trono di Spade.
L’attrazione verso gli intrighi del potere non è solo merito degli attori o della regia, apprezzabili in tutte le prime cinque puntate trasmesse ad oggi. Quello che viene offerto al pubblico televisivo si consolida in un tessuto narrativo dato alle stampe per la prima volta nel 1989, in un contesto completamente diverso da quello di oggi.
L'Italia non è un paese noto nel mondo per la qualità dell'informazione, anche per quanto riguarda l'ambito scientifico. Ogni dibatto sulle questioni etiche, a livello diffuso, degenera spesso in un confronto tra fedi diverse, che si scontrano attraverso formule di propaganda.
Il «Comitato nazionale per la bioetica» è una delle realtà meno ascoltate, nonostante dal marzo del 1990 svolga funzioni di consulenza e informazione per Governo e Parlamento. Recentemente il CNB ha diffuso un breve documento, per evidenziare la correlazione tra gli stili di vita degli individui e il diritto alla salute riconosciuto dalla Costituzione italiana.
«L’origine più profonda della crisi» che Europa e Italia stanno attraversando «è politica». Non sono le astratte regole dell’economia che ci hanno portato in una fase di grande difficoltà, ma scelte sbagliate (o mancate scelte).
«Il lavoro ha perso terreno nei confronti del capitale, per via del profondo indebolimento delle politiche salariali e dell’occupazione». È mancata una visione che sapesse proporre investimenti pubblici e puntasse sulla domanda interna, tanto che i timidi segnali di ripresa sono quasi del tutto legati a un aumento delle esportazioni, che sono oggi l’unica vera garanzia per la Germania di uno stato di relativo benessere, rispetto agli altri paesi. Con il progressivo superamento degli stati nazionali, l’Unione Europea ha sottovalutato il ruolo dell’intervento pubblico finalizzato ad una «crescita equa, sostenibile e durevole». Non si è portato avanti in modo sistematico una campagna per la stabilità dei prezzi, la sostenibilità dello sviluppo, il contrasto alla disoccupazione.
Così è finita che «tecnocrazia e populismo sono diventati le due facce della crisi democratica dell’Europa».
La prima volta che ho votato alle elezioni nazionali c’era la Finocchiaro che invitava a votare Berlusconi piuttosto che la Sinistra l’Arcobaleno.
I tempi di Veltroni segretario del Partito Democratico, su cui ironizzava Maurizio Crozza, giocando sul “ma anche” (l’operaio della ThyssenKrupp ma anche Calearo, che purtroppo qualcuno forse ricorda). L’ennesima evoluzione di quel processo avviato con Occhetto, mescolata al “voto utile” e al sogno di un’alternanza che viene citata nel film, quasi il PCI e Moro fossero seriamente utilizzabili dopo la caduta del muro di Berlino.
A sinistra le cose non sono mai facili.
Ultimamente sembra che fuori dall’area Renzi stiano diventando decisamente troppo complicate.
Le amministrative fiorentine sono un ottimo punto di riferimento per verificare lo stato di salute dei lontani eredi del movimento dei movimenti del 2001.
Da mesi si discute, ci si riunisce e ci si anima con trasporto sotto la cupola del Duomo di Brunelleschi.
Firenze è il comune più grande che va al voto in questa primavera 2014.
Renzi ascendeva sempre di più, sempre di più si percepiva l’importanza di questo appuntamento elettorale.
Via dei Conciatori è una stretta strada dietro alla più conosciuta piazza Santa Croce. La prima volta che ci sono andato avevo 17 anni, era l’estate del 2006. Tentai di iscrivermi a Rifondazione Comunista. Senza successo. Avrei dovuto aspettare il dicembre dello stesso anno.
Nel 2012 sono stati sgomberati i locali occupati 32 anni prima da Democrazia Proletaria e dai marxisti leninisti, di cui faceva parte Andrea Montagni.
Ho sempre vissuto quelle stanze in modo negativo, attraversate da continui litigi e da una fase discendente, che è passata per la Sinistra l'Arcobaleno e dura ancora oggi.
Nel libro “Le cinque bandiere” ricorrono costantemente protagonisti e luoghi (o eventi) che richiamano l'oggi.
I rimpasti di una giunta regionale non sono un argomento che coinvolge al di fuori della cerchia degli appassionati della politica. La scelta di Enrico Rossi di adeguare il governo della regione Toscana ai nuovi equilibri del Partito Democratico di Renzi ha però una rilevanza particolare, per cui abbiamo voluto intervistare uno degli assessori che non fa più parte del governo regionale. La notizia che commentiamo è qui.
1) Ancora assessore regionale della Toscana, avevi scritto per la nostra rivista, il Becco, un articolo sul rugby e i fenomeni di massa (qui). Alla luce di questo sport come metafora della politica a cui aspirare, come descriveresti il passaggio che ha visto il rimpasto di giunta da parte di Enrico Rossi?
Ci siamo mangiati una meta.
Per usare la metafora del rugby è accaduto una cosa analoga a quello che accade spesso alla nazionale italiana: il secondo tempo è stato disastroso, o almeno lo sono stati gli ultimi minuti.
In un campo reso fangoso e scivoloso dalle piogge renziane il capitano della squadra si è mangiato la meta della vittoria e così rischia di tornare a casa con il cucchiaio di legno.
Quello che è peggio è che mancherà la conclusione ad una serie di azioni che potevano avere una qualche efficacia sociale, seppure nei limiti della capacità di intervento della Regione.
Una macchina da guerra cinematografica. Potente. Capace di travolgere qualsiasi aspettativa e pregiudizio.
La struttura di un blockbuster, strumentalmente usata per stupire, con un coraggio narrativo che rifugge tanto gli stereotipi quando il cinema ricercato.
Bong Joon-ho raggiunge la perfezione con una regia particolarmente ispirata. Complicato riuscire a non trasmettere minima monotonia rispetto a una storia rinchiusa tra i vagoni di un treno.
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