Mercoledì, 19 Marzo 2014 00:00

Le cinque bandiere di Andrea Montagni

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Via dei Conciatori è una stretta strada dietro alla più conosciuta piazza Santa Croce. La prima volta che ci sono andato avevo 17 anni, era l’estate del 2006. Tentai di iscrivermi a Rifondazione Comunista. Senza successo. Avrei dovuto aspettare il dicembre dello stesso anno.

Nel 2012 sono stati sgomberati i locali occupati 32 anni prima da Democrazia Proletaria e dai marxisti leninisti, di cui faceva parte Andrea Montagni.

Ho sempre vissuto quelle stanze in modo negativo, attraversate da continui litigi e da una fase discendente, che è passata per la Sinistra l'Arcobaleno e dura ancora oggi.

Nel libro “Le cinque bandiere” ricorrono costantemente protagonisti e luoghi (o eventi) che richiamano l'oggi.

Rivedere alcuni protagonisti del presente nella loro proiezione passata fa uno strano effetto. Soprattutto sapendo che i giovani compagni di oggi spesso non possono nemmeno più condividere alcuni legami che lasciano inquietudine: i ragazzi che si sono avvicinati alla politica dal 2009 in poi non hanno mai messo piede in via dei Conciatori.

Si sta creando una storia della sinistra italiana che salta dalla Resistenza al Partito Democratico, mescolando in un’unica narrazione mistificata Togliatti e D’Alema, citando le Brigate Rosse e lasciando sparso qualche frammento di informazione.

Non a caso alle superiori è già difficile riuscire arrivare alla fine del programma di storia esaurendo la Seconda Guerra Mondiale.

In questo il libro di Montagni si rompe il silenzio attorno a un periodo di cui non si sente parlare spesso.

Negli ultimi tre decenni del XX secolo affondano le radici dei percorsi politici della sinistra radicale che oggi si sono esauriti (dal correntone DS a Rifondazione) e alla luce di questa storia andrebbe affrontata in modo serio la crisi che ha recentemente colpito anche le ultime due organizzazioni sociali di massa rimaste alla sinistra italiana: Cgil e Arci, accomunate da congressi difficili e da una situazione quasi di stallo.

Siamo nel 2014, posso sembrare fuori dal mondo. Ma se avessi fatto questo ragionamento nel 1975 sarei stato perfettamente comprensibile”.

Non è un libro facile. In circa 120 pagine sono racchiuse riflessioni che sboccano nella filosofia politica, giudizi netti sul passato e sul presente, ricostruzioni storiche e aneddoti significativi. Il tutto senza un andamento organico. Lo stesso Montagni scrive:

ogni singola realtà meriterebbe una più approfondita riflessione, ma questi vogliono essere appunti di viaggio” (raccolti e ordinati da Frida Nacinovich, storica firma su il manifesto e Liberazione).

Formaggino è una persona che conosce chiunque frequenti la sinistra fiorentina o la Cgil. Eppure chi scrive lo ha incontrato per quello che è oggi e la lettura di un insieme denso di appunti si mescola con lo disorientamento legato al ritrovarsi nomi conosciuti senza il loro passato (Massimo Torelli è oggi uno dei principali promotori della “novità” della Lista Tsipras, ma qui lo ritroviamo nei panni di uno dei dirigenti dell’ultima generazione del PCI).

Per sapere chi sono stati i marxisti-leninisti ci sarebbe bisogno di una scuola che non esiste o di spazi di socialità politica in cui condividere una memoria collettiva che nessuno pare più interessato a costruire, in tempi di semplificazioni e disimpegno. Le nuove generazioni vivono in un contesto dominato da una parabola che da Berlusconi arriva a Renzi, passando per Grillo. Difficile trovarsi a proprio agio nelle diatribe del movimento comunista rispetto alla discussione tra il socialismo albanese e quello cinese.

Le cinque bandiere ha il merito di misurare l’inadeguatezza del dibattito contemporaneo, che ha rimosso la storia e la sfrutta in una versione semplificata.

La rimozione del comunismo è un dato che siamo abituati a dare per scontato anche noi “giovani comunisti”, sommersi da oltre un secolo di storia che nessuno ci prepara ad affrontare. Con Montagni c’è un riscatto rispetto a questa rimozione. Bertinotti rivive in un contesto che non parte da Rifondazione Comunista e le singole esperienze politiche non vivono in studi specifici e separati. È la vita di un “un quadro politico prestato al sindacato”, che ha fatto del comunismo una scelta di vita, una religione laica. 

In forme diverse è quella scelta che accomuna tutti quelli che scelgono di impegnarsi per migliorare il mondo in cui vivono attraverso la militanza, convinti che al centro del cambiamento ci debbano essere i lavoratori e il superamento del modello di produzione capitalista.

Una scelta che stanno provando a rendere impraticabile alle nuove generazioni, abbandonandole in forme di precarietà ed isolamento.

Queste 120 pagine indicano un’insieme di questioni da affrontare per qualsiasi comunista che aspiri a rompere una condizione di residualità e testimonianza.

Non c’è da essere d’accordo con i giudizi espressi, né da condividere le scelte raccontate.

Ne va colto il senso di militanza. 

In questo il libro di Montagni regala speranza. Perché quello che conta, oltre allo studio e alla determinazione, sono anche gli esempi. Le cinque bandiere rompe l’illusione di una storia pacificata e impedisce una rimozione narrativa, senza ridurre tutto al Partito Comunista Italiano.

Alla fine della lettura c’è da riprendere fiato e riaffrontare la lettura, mettendo da parte ogni pessimismo e condividendo con “Formaggino” la certezza che noi saremo tutto.

Ultima modifica il Mercoledì, 19 Marzo 2014 00:00
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it
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