Domenica, 06 Luglio 2014 00:00

Omosessualità e cattolicesimo: esperienze di vita

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La Chiesa Cattolica e il mondo omosessuale non si sono mai trovati dalla stessa parte, in nessuna battaglia politica o su temi etici. Questo è un fatto piuttosto incontrovertibile. Ma la fede cattolica e l’omosessualità sono due aspetti inconciliabili della vita di una persona?

Per molti, anche in Italia, sembra di no.

 

Verso l’apertura?

Il rapporto tra omosessualità e religione cristiana ha subito nei decenni diversi mutamenti.

Nel documento del 1975 – pubblicato dalla Congregazione della Dottrina per la Fede – Persona Humana: alcune questioni di etica sessuale, il semplice orientamento omosessuale è concepito come una deviazione comportamentale curabile, la cui “colpevolezza sarà giudicata con prudenza”. Gli atti omosessuali veri e propri, invece, vengono definiti “intrinsecamente disordinati”.

Non sono sicuramente le premesse più rosee, e gli anni Ottanta e Novanta segnano una progressiva involuzione.

Nel 1986 il Cardinal Ratzinger scrive, in Homosexualitatis Problema. Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali: “Occorre […] precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l'inclinazione stessa dev'essere considerata come oggettivamente disordinata”.

È quella che Gianni Geraci (attivista del gruppo Il Guado di Milano e portavoce del Coordinamento dei Gruppi Omosessuali in Italia) definisce una “crociata contro qualunque forma di valorizzazione delle esperienze lesbiche e gay”, che culmina nella definizione delle unioni tra omosessuali - e perfino dell’appoggio ad esse - come “atti gravemente immorali”.

La svolta è stata data, come spesso accade, dalle comunità locali, che nel 2007 - in tutta Italia - hanno deciso di iniziare a ospitare Veglie per le Vittime dell’Omofobia, organizzate dai credenti omosessuali - fino ad allora rimasti nell’ombra – che progressivamente si sono integrati nelle loro parrocchie, venendo allo scoperto.

Anche alcuni vescovi si sono mossi: a Cremona, dove la diocesi si è fatta carico di promuovere la nascita di un gruppo di omosessuali credenti. A Parma, dove il vescovo ha dato l'incarico a un sacerdote di curare i rapporti con gli omosessuali credenti della città. A Torino, dove il lavoro congiunto di alcuni sacerdoti scelti dalla curia e di alcuni esponenti del movimento omosessuale ha portato alla pubblicazione di un utile vademecum (Danna Valter, Fede e omosessualità, Effatà, Torino, 2009) e a Cuneo dove il vescovo ha accolto un gruppo di omosessuali credenti che ha iniziato ad incontrarsi regolarmente.” racconta ancora Geraci.

Qualcosa di simile a una svolta è arrivato con Papa Francesco (“Chi sono io per giudicare?”) e con le parole del nuovo segretario della CEI, che ha invitato a “mettersi in ascolto” delle persone omosessuali. Queste aperture hanno portato però, per contro, all’emersione di alcuni gruppi fondamentalisti – come le ormai celebri Sentinelle in piedi – che si pongono come obiettivo di impedire qualsiasi valorizzazione dell’esperienza delle persone (e anche dei credenti) omosessuali. Alcuni Vescovi si sono trovati in difficoltà nel rapporto con questo “nuovo corso” e hanno scelto di non esprimersi in merito. La strada sembra ancora lunga.

Esperienze collettive

In Italia sono attivi e sempre più visibili diversi gruppi di credenti omosessuali: il già menzionato gruppo Il Guado di Milano, il gruppo Kairos di Firenze, il Progetto Ruath di Trieste, il gruppo Emmanuele di Padova. Sull’homepage del sito web di quest’ultimo si legge “Ci hai fatto scoprire che la nostra diversità, e la diversità in generale, non è un muro che distingue e divide: può divenire ricchezza di un’armonia di note”.

Il rapporto di questi gruppi con le associazioni omosessuali è piuttosto variegato: si va da collaborazioni formali fino a situazioni in cui ciascuna realtà procede per la propria strada. Il dialogo è ammirevole, ma le fratture sono comprensibili, in quanto – citando ancora Geraci - “dietro a molti comportamenti ostili, c'è la ferita di chi subisce il fascino di un'istituzione ecclesiastica che, come sostiene Eugen Drewermann (un teologo tedesco che si è occupato molto di rapporto tra esperienza di fede e psicologia), sulla seduzione omosessuale ha costruito buona parte della sua pastorale e che però rifiuta gli omosessuali quando fanno coming out e non nascondono la loro omosessualità.”

Per cercare di comprendere meglio l’intreccio dei due elementi di fede e omosessualità, ho incontrato Emanuele Macca (37 anni, di Pavia) che è stato attivo in diverse associazioni, ma che ha infine deciso di intraprendere un percorso individuale. Abbiamo parlato del suo cammino personale e della possibilità di un dialogo più ampio tra i due mondi.

“Ho vissuto per molto tempo una situazione lacerante: ero diviso tra due poli della mia identità, che parevano inconciliabili” racconta. “Mi sentivo solo in questa doppia appartenenza , che oltretutto si installava sul percorso già difficile di accettazione della propria sessualità. Perciò ho cercato gruppi di cristiani omosessuali.”

Per un periodo Emanuele ha lavorato con i genitori delle persone omosessuali: è stata un tappa importante per lui, che gli ha permesso di capire le difficoltà di accettazione. “La ferita non si rimarginerà fino a quando non ci comprenderemo a vicenda. Questo significa anche accettare le difficoltà ad accettare. Un altro passaggio importante è il superamento delle dinamiche istituzionali: le relazioni non devono essere sclerotizzate in un conflitto fra istituzioni antagoniste. Una relazione è sempre con una persona. È un percorso difficile da intraprendere perché costringe a scoprirsi, ma se ci si ostina a nascondersi dietro una polarizzazione politica, si annulla l’individuo. E in fondo, che cos’è un’istituzione se non un insieme di persone?

La svolta, per Emanuele, è avvenuta quando ha iniziato a frequentare alcune comunità cattoliche particolarmente aperte, legate al mondo missionario e scout. “Mi ricordo che una sera ero ospite di una famiglia con dei bambini. La mamma fece una battuta su un calciatore che mi piaceva con estrema naturalezza, davanti ai figli. La sensazione di accoglienza derivata da quell’esperienza mi ha spinto a reinserirmi a pieno regime all’interno della Chiesa Cattolica.”

In una società conservatrice come quella italiana, queste esperienze individuali possono servire da esempi, per indirizzare la Chiesa e la politica verso una maggiore apertura. Le scelte politiche del nostro paese in passato sono derivate – e spesso derivano tuttora - da un certo atteggiamento intransigente della Chiesa Cattolica. “Da questo punto di vista anche gli omosessuali credenti hanno un compito importante: devono smettere di nascondersi nelle loro parrocchie e nelle loro comunità per aiutarle finalmente a "capire" e a superare qualunque paura.” sostiene Gianni Geraci. “Dalla paura non viene mai niente di buono e, nei confronti dell'omosessualità, di paura ce n'è ancora tanta.”

Ultima modifica il Sabato, 05 Luglio 2014 18:29
Irene Doda

Nata a Mirandola nel 1994, studio Relazioni Internazionali all’Università di Pavia. Sono caporedattrice di Inchiostro, giornale studentesco del mio ateneo, e ho diverse esperienze di collaborazione con blog e giornali online.

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