Una breve biografia di Alexis Tsipras è quindi utile per capire la differenza abissale fra costoro, ed anche con tanti italici “sinistri radicali”, e il nuovo capo del governo greco.
Alexis Tsipras è prima di tutto un comunista, checché ne dica il KKE e con buona pace dei nostri riformisti, è presidente di un partito unitario che raccoglie nel suo seno varie tendenze della sinistra, senza che ad alcuna di esse sia stato chiesto di fare abiura.
A differenza di molti alternativi nostrali aspiranti leader, non è un politico di palazzo, non è un “alternativo” di professione in attesa di incarico istituzionale, non è un intellettuale di grido da invitarsi ai talk show, non è un rivoluzionario a distanza, non è in definitiva un mix di Masaniello e Madre Teresa di Calcutta come piacerebbe a molti cultori della politica della felicità.
È un ingegnere civile, laureatosi, e formatosi politicamente, al Politecnico di Atene e in questa città ha redatto numerosi studi e progetti in materia di edilizia civile.
Un uomo pratico, abituato alla razionalità dei calcoli matematici (e non politici), delle proprietà tecnologiche dei materiali, delle forme geometriche, in definitiva a praticare la scienza di far stare in piedi le cose.
Per descriverne il carattere basta ricordare che eletto al consiglio comunale di Atene nel 2006, nel 2007 rifiutò di candidarsi alle elezioni per il parlamento greco per completare il mandato ricevuto dagli elettori della capitale greca.
Nonostante sia in politica dal 1990 è stato eletto nel comitato centrale del suo partito solo nel 2004, dopo una lunga gavetta nei movimenti studenteschi e nell’organizzazione giovanile, a differenza di tanti che nel nostro paese “si sono iscritti alla direzione del partito” come ebbe a dire uno storico dirigente del PCI di tal Massimo D’Alema, oppure sono saltati da una posizione di rumorosa nullità direttamente ad una di semplice nullità in parlamento, … e buonanotte alle masse antagoniste o alternative.
È bene rammentare tutto ciò perche dopo l’esito delle elezioni greche si è aperta nell’italica sinistra una ricerca spasmodica: quella di uno Tsipras italiano.
È un altro segno di provincialismo, malattia senile della sinistra peninsulare, soprattutto nelle sue componenti di borghesia intellettuale di rapagnettiana derivazione, attenta all’esteriorità della politica più che alla lotta per il mutamento dei rapporti di forza sociali.
In primo luogo il ricondurre la vittoria della sinistra greca alla sola figura di Tsipras è del tutto riduttivo e fuorviante, nonché irriguardoso nei confronti di migliaia di militanti che hanno con pazienza, orgoglio e molto lavoro politico minuto, conseguito questo importante risultato, per la Grecia e per l’Europa.
In secondo luogo non meritano nessuna attenzione quelle posizioni, per le quali Syriza non è abbastanza di sinistra, espresse soprattutto da un ex deputato del Mugello, a suo tempo fervido sostenitore di un governo che fece una guerra non dichiarata alla Serbia, che ora, disoccupato politico, si atteggia a distributore di diplomi di comunismo.
Per inciso va qui ricordato che la lista con cui si è alleata Syriza, dopo il rifiuto aprioristico del KKE, proviene da settori antiausterità di Nuova Democrazia, un partito che fu contro la dittatura dei colonnelli.
La corsa ad individuare uno Tsipras italiano non è però solo politicamente sbagliata, ma anche patetica e ridicola.
Nell’indicare in Tizio o Caio, anziché in Sempronio, lo Tsipras italiano denuncia un fatto semplice e inoppugnabile: la totale mancanza di una chiara strategia politica, anzi la mancanza di una politica tout court.
Perché questo atteggiamento? Perché come ci insegnano le esperienze compiute anche nel recente passato: il capo carismatico, la figura spendibile sui media, l’uomo forte o comunque si voglia chiamare dispensa dall’obbligo della ricerca faticosa e paziente di una linea politica realmente unitaria e unificante.
Mettersi semplicemente al seguito di un capo evita i pesanti obblighi del pensare, del confrontarsi e soprattutto di decidere quali interessi di classe si vuole rappresentare e come organizzarli.
È in sostanza una sinistra che scimmiotta Berlusconi e Renzi, una sinistra pigra pigra, comoda comoda, per la quale stare in Tv è più facile che stare tra le donne e gli uomini colpiti dalla crisi e dal sistema economico vigente, se poi da questo ci scappa un posto in qualche assemblea ben venga.
Parafrasando Bertold Brecht si potrebbe dire: Beata la sinistra che non ha bisogno di Leader.
Evito per carità di patria di pronunciarmi sui nomi emersi in questi giorni, alcuni politicamente datati, le eterne “speranze” della sinistra; altri che muovono più al riso che all’analisi politica, ma tant’è.
Da parte mia un suggerimento l’avrei: o Corrado Augias o Massimiliano Fuksas!
Quali pregi hanno costoro rispetto a quanto ho affermato in precedenza?
Nessuno! Ma almeno con Tsipras e Iglesias rispetterebbero la rima in "-as".
Nell’attesa che ne dite di mettere un annuncio su La pulce, fra gli oggetti smarriti naturalmente.