Mercoledì, 01 Maggio 2013 00:00

Seminario Fiom e le risposte mancate della sinistra

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Nel Salone del Podestà non si entra già dopo mezz’ora dall’apertura dei cancelli. Chi resta fuori si raduna davanti agli schermi che sono stati posti in altri punti del Palazzo di Piazza Maggiore. Non è un seminario, come qualcuno aveva descritto l’evento. Si tratta di una partecipazione inattesa, soprattutto per gli organizzatori.

Si contano le assenze tra i relatori. Manca Rodotà, per motivi personali. La sua lettera apre i lavori: “questa iniziativa è la prima occasione per una discussione pubblica su come  ridefinire l’azione sociale del sindacato e della sinistra, attraverso azioni concrete e un continuo confronto tra posizioni diverse”. Si raffreddano le indiscrezioni che volevano l’evento come il lancio di una nuova sinistra: “tutti devono sottrarsi dal tentativo di far diventare una discussione così importante un’operazione di breve respiro che affermi identità separate e quindi parzialità. Il lavoro e il diritto ad avere diritti devono essere la bussola per un governo di cambiamento che sia fondato sulla democrazia e su una nuova idea di beni comuni”. La presenza fisica di Rodotà è attesa per il 18 maggio, quando il giurista parlerà dal palco della manifestazione nazionale della Fiom a Roma.

Si invita poi a un minuto di silenzio per le vittime del Bangladesh, dove centinaia di lavoratrici sono morte, a ricordare tragicamente come il tema della sicurezza e della qualità del lavoro debbano essere al centro della lotta di tutti i lavoratori a livello globale.

Landini precisa la natura dell’evento: si tratta di caratterizzare la manifestazione del 18 in positivo. Non una contestazione, né un corteo di protesta. La Fiom vuole dare il suo contributo al fine di “riunificare la rappresentanza sociale per agire sulla possibilità di cambiare“. “Un terreno di ricostruzione sociale che parta dal lavoro e dalle diseguaglianze”, da offrire a chi è interessato e sarà in grado di dare risposte che non spettano al sindacato.

L’autonomia e l’indipendenza della Cgil vengono affermate con orgoglio. “Dopo 112 anni abbiamo ancora una certa vivacità, perché siamo stati capaci di tenere insieme due punti di fondo: rappresentare tutto il lavoro, senza corporativismi, e ambire ad avere anche un’idea generale di trasformazione della società, senza sostituire i partiti, ma anzi chiedendo ai rappresentanti politici di svolgere il loro ruolo”.

Un sindacato che non risponde alle segreterie delle forze politiche ma che non dimentica la lezione di  Di Vittorio: "il nostro compito fondamentale è quello di impedire in ogni modo che ci possa essere una competizione tra lavoratori, tra giovani e non giovani”, come invece sta avvenendo in Italia.

Insomma Landini risponde direttamente alle aspettative che insistono sulla sua figura e sul sindacato dei metalmeccanici. La Fiom darà le risposte che le competono e, soprattutto, solleciterà tutti quelli che ambiscono a rappresentare i lavoratori ad un percorso fatto di confronto, umiltà, capacità di ascolto e proposte concrete. La Fiom non sostituirà le mancanze della sinistra, ma proporrà, a partire dalla manifestazione del 18, alcuni temi fondamentali.

Al primo punto viene posta la centralità della dimensione europea: “parlare oggi di realizzazione della nostra Costituzione vuol dire avere in testa un’idea di Europa sociale promessa ma mai realizzata”. Le politiche di austerità sono tra le cause della difficile situazione italiana. “Rimettere al centro il lavoro vuol dire rimettere al centro un’idea di tutela universale, di stato sociale, che non può prescindere da un’idea di cittadinanza europea”.

Le gravi responsabilità della politica italiana arrivano subito dopo. L’astensione alle regionali siciliane e friulane sono dati da cui non si può prescindere. Il discorso di Letta del 29 aprile segna una continuità grave: sul lavoro non c’è stata una parola di discontinuità con le scelte degli ultimi esecutivi di Berlusconi e Monti. Occorre invece scegliere il terreno dell’applicazione della Costituzione, proponendo una legge sulla rappresentanza nei luoghi di lavoro.

Bloccare i licenziamenti ed evitare ulteriori chiusure: per farlo occorre riaprire un ragionamento sull’occupazione, che affronti direttamente la questione ineludibile della riduzione degli orari di lavoro e della loro liberalizzazione. La defiscalizzazione del lavoro straordinario va invece in una direzione “idiota e antisolidale, soprattutto in un paese che ha livelli di disoccupazione giovanile attorno al 40%”. A dover godere di sgravi fiscali devono essere piuttosto le aziende che scelgono di applicare i contratti di solidarietà, assumendo i precari attraverso una redistribuzione degli orari complessiva.

Sul reddito minimo Landini segna una differenza rispetto agli accenni di Letta: “non pensiamo a misure caritatevoli in questa fase, ma a un reddito personale, che sia un atto di libertà, di cittadinanza”.

Il sistema degli ammortizzatori sociali, “invidiato in tutta Europa”, deve essere allargato in tutti i settori, in modo che si rafforzi il rapporto tra imprese e lavoratori (che sostengono economicamente le casse integrazioni), impedendo che i licenziamenti siano la prima risposta ai problemi aziendali.

Attraverso il reddito minimo si può affrontare direttamente anche la lotta al lavoro in nero e togliere i lavoratori dal ricatto della precarietà.

Occorre contrastare in tutti i modi l’attacco frontale alla contrattazione nazionale, ponendosi anzi la questione dell’unificazione delle varie trattative: “247 contratti nazionali non hanno più senso”. Si può ad esempio ipotizzare, come è accaduto a livello internazionale, un’unificazione, in un unico contratto dell’industria, dei metalmeccanici, dei tessili e dei chimici.

Un ragionamento sul lavoro e sui diritti non può prescindere dal tema dei migranti, a cui oggi si chiede di condividere tutti i doveri, privandoli di quasi tutti i diritti. 

Attraverso la lotta allo sfruttamento si può colpire anche il vero ostacolo che impedisce al Paese di essere competitivo rispetto alle altre realtà: il livello di infiltrazione mafiosa è diffuso tanto al nord quanto al sud della penisola. Questo si aggiunge a livelli di evasione fiscale e corruzione che non possono più essere tollerati, con i quali è facile spiegarsi anche un dato oggettivo: a livello europeo siamo il paese che ha gli orari di lavoro più pesanti e il più basso livello di investimenti, sia nel pubblico che nel privato.

Su questi temi la Fiom lancia la proposta di ricostruzione della sinistra italiana, oggi residuale o alleata al centrodestra per il secondo governo consecutivo. 

Le risposte per ora non sono entusiasmanti. Anzi. Il pubblico si emoziona con facilità, si percepisce un entusiasmo quasi disperato: prevale la speranza che le carenze della politica possano essere in qualche modo compensate dalla Fiom. Si applaude e ci si entusiasma anche per poco. Lontani sono i tempi delle manifestazioni della Cgil di Cofferati, che non ha disertato la mattinata, a differenza di Barca, che invece si limita ad un video dove prevale una certa confusione e genericità. 

L’ex sindaco di Bologna, nonché ex segretario confederale, è chiaro: “apprezzo i contenuti e i metodi che proponete. Continuate con la determinazione che vi contraddistingue, poi ognuno di noi farà la battaglia nei luoghi che gli sono preposti”.

Stesso discorso arriva dalle altre realtà sociali che intervengono, dai promotori del referendum per l’abolizione dei fondi alle scuole private di Bologna, all’FLC Cgil, da chi ha lanciato l’appello Io Voglio Restare, a Marco Revelli.

Ognuno porta il suo contributo, in un orizzonte ben tracciato dall’introduzione di Landini. I contenuti ci sono, le idee sono chiare: resta da capire chi riuscirà a interpretare tutto questo. Al lancio della Fiom hanno risposto in tanti, è mancata però ancora una volta la sinistra politica.

Ultima modifica il Mercoledì, 01 Maggio 2013 00:05
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it
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