Come spiegava già Marx nel Capitale: non bisogna mai sottovalutare, oltre al lato della produzione, quello del consumo (da cui dipende il valore d'uso della merce prodotta). La Granarolo questo lo sa bene ed esportando all'estero i suoi prodotti ricercati mira proprio a conquistarsi quella fetta di mercato che ingloberà nel flusso futuro di schiavi, chiudendo così il circolo tra produzione e consumo. È il caso del latte LABAN bevuto dalle stesse popolazioni arabe che versano il sangue in Italia e che rappresenta il fiore all'occhiello dell'impresa, la quale è attualmente impegnata a lanciare il prodotto con astute tattiche di marketing aziendale.
In Italia il casus belli più recente è incentrato sulle trattenute del 35% applicate alle buste paga per apparente “stato di crisi”. L'obiettivo perseguito dal padronato è quello d' innescare una lotta al ribasso sui costi della manodopera gestita dalle varie cooperative che hanno in carico lo smistamento logistico dei prodotti Granarolo nella lunga catena degli appalti e subappalti. Infatti, “lo stato di crisi” non è minimamente percepito dall'economia dei monopoli, ma è al contrario utilizzato per innescare un incremento dello sfruttamento (a discapito degli investimenti in ricerca e sviluppo). Basti pensare che la Granarolo S.p.A. nel solo 2012 ha aumentato i ricavi dell' 8,7%, con un utile netto del 5,5%.
Un breve esempio ascrivibile al caso della logistica: Ikea nell'anno 2012 presenta un fatturato in crescita al +9,8%, per un totale di oltre 27 miliardi di euro, viceversa la manodopera migrante che lavora per Ikea percepisce paghe che non consentono ai lavoratori il necessario per vivere costringendo spesso chi lavora 12 ore al giorno nei magazzini a rimandare le proprie famiglie indietro, con buona pace dei sogni integrazionisti e della Costituzione Repubblicana (Antonello Mangano, "Ventisette miliardi contro stipendi da fame. Ikea, è giusto così?", terrelibere.org, 04 maggio 2013).
L'anarchia contrattuale creata appositamente negli ultimi anni fa emergere le similitudini tra caporalato in agricoltura e sistema dei subappalti nell'industria, a tal punto che lo stesso diritto di sciopero è apertamente messo in discussione, come accaduto nei giorni della festa dei lavoratori proprio agli scioperanti della Granarolo. Giorni vissuti intensamente da questi lavoratori impegnati in una dura lotta: prima investiti ai blocchi, poi beffati dal crumiraggio illegale e infine sospesi per “diffamazione”.
Alcuni video e fonti
SISTEMA COOPERATIVE E SUBAPPALTI. EFFETTI SUI LAVORATORI SPIEGATO DAI LAVORATORI STESSI, cliccando qui e qui
SOSPESI PER “DIFFAMAZIONE”, cliccando qui
CRUMIRAGGIO ILLEGALE, cliccando qui
PICCHETTI OPERAI FORZATI, cliccando qui e qui
Significativa è poi la coscienza maturata in questi operai i quali, la notte precedente lo sciopero generale del 15 maggio, hanno fatto il loro ingresso al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano dove Granarolo teneva il suo convegno dal titolo "Granarolo per il domani. Siamo quello che mangiamo". Al convegno gestito dai responsabili marketing che, come d'abitudine, inondano le proprie strategie di vendita con sermoni moralisticheggianti; gli scioperanti hanno fatto le loro rimostranze riportando tutti coi piedi per terra e riscuotendo successo tra il pubblico. I rappresentanti sindacali e gli operai presenti al convegno hanno poi continuato, precisando come la realtà materiale sia esattamente opposta a quella descritta da chi propaganda il “commercio etico” e poi sfrutta ed incita ad investire i migranti in sciopero davanti ai cancelli di fabbrica.
I video cliccando qui e qui (14 maggio, intervento al convegno “Granarolo per il domani”)
Il giorno seguente le varie realtà della logistica hanno unito le forze per l'ennesima volta, al fine di replicare lo sciopero del 22 marzo. Il fulcro della lotta questa volta è però stata la Granarolo che attua lo sfruttamento sopra descritto, appoggiandosi alla normativa che consente l'utilizzo scellerato del sistema dei subappalti e delle cooperative; facendo così ricadere tutti gli oneri su di una manodopera fragile e intrappolata nei meandri altrettanto diabolici della Bossi-Fini. Infatti, è proprio grazie a questa normativa se continua ad essere applicato dal padronato l'odioso ricatto sul rinnovo del permesso di soggiorno, il quale è a sua volta legato al permesso di lavoro che dovrebbe essere sicuro, senonché la legislazione sul lavoro - come ben sappiamo - ha marciato in direzione completamente opposta, ossia verso il precariato più feroce. Nelle intenzioni di questi lavoratori pare esserci consapevolezza di questi meccanismi di sfruttamento e non sembrano intenzionati a cedere, anzi, si confermano pronti a reagire su ogni punto, come conferma il delegato Si Cobas al picchetto di Bologna: «Ogni conquista è seguita dalla reazione padronale che punta a riprendersi quello che ha dovuto concedere alle lotte». I fogli di via al delegato Aldo Milani dopo le lotte di marzo non hanno intimorito e tra gli operai la guardia resta alta: ogni giorno ormai proseguono le manifestazioni davanti ai cancelli Granarolo.
Il caso Amazon, e la logistica capitalista in Europa
Parallelamente agli avvenimenti italiani si svolgeva un analogo sciopero della logistica pure in Germania, più precisamente negli stabilimenti della Amazon diventati tristemente noti qualche mese fa per una notizia che fece il giro del mondo. Il caso fece scalpore e trovò l'appoggio dei media mainstream per via della presenza di guardie giurate neonaziste nel sistema di sorveglianza Amazon che militarizzavano la manodopera precaria all'interno degli stabilimenti del colosso dello smistamento merci (vedi qui) Curioso come ora la notizia dello sciopero – in contemporanea con quello italiano – sia passata in sordina, ma tant'è e comunque un po' di responsabilità sono anche della mobilitazione ancora in fase embrionale.
Comunque sia, la vendita di prodotti online, che si disloca nella lunga filiera produttiva del capitale globalizzato, diventa il nuovo fulcro della lotta di classe che sembra ridestarsi proprio a partire dall'ultimo anello della filiera: quello del trasporto merci – a ben vedere il medesimo che ha dato il via all'insensatezza del Tav -, ossia quello impossibile da delocalizzare. Le legislazioni democratiche incoerenti nell'attribuzione di diritti basilari di cittadinanza, dunque sindacali e sociali hanno dato indubbiamente il loro contributo ad accendere la lotta. Infine, l'ossessione liberista per la flessibilità della produzione e dell'occupazione ha poi fatto il resto: ingigantendo la macchina logistica e precarizzando il lavoro.
Tuttavia, non importa il tasso di crescita dell'economia, non importa essere in Grecia o in Germania, non importa neppure se si è disoccupati od occupati, il tasso di sfruttamento del capitalismo monopolistico sembra conoscere solo incremento. Le esportazioni sono l'obiettivo principe della politica economica e sono in crescita sia in Germania (+3,4%) che in Grecia (+2%), dove è stato smantellato l'apparato statale appositamente - ad uso e consumo, è proprio il caso di dirlo - dell'anarchia del mercato ricordata da Marx, con tanto di contemporanea esplosione delle esportazioni verso la Cina (+269% nel primo trimestre 2012). Nonostante la disoccupazione di massa, nonostante un Pil in recessione di oltre il 6%, nonostante la denutrizione: anche in Grecia i tempi e i ritmi lavorativi vengono intensificati, e per produrre cosa? Beni da esportare sempre più freneticamente per stare appresso a lunghissime catene produttive (vedi qui) Il capitalismo si conferma così ricco di contraddizioni e spinte centrifughe, sta a noi metterle in evidenza, lavorare per evidenziarle e per costruire un Altro ordine.
Il capitalismo globalizzato nel frattempo sembra aver accelerato e polarizzato tutto questo: alla velocità di un click ci ritroviamo negri o negrieri, schiavi o padroni, migranti senza patria o cittadini e ahimé, democratici o nazisti.
Quello che manca sui media mainstream è proprio la descrizione di quell'Altro ordine che la classe subalterna sta cercando, tra sforzi maggiori rispetto agli scorsi secoli - vista soprattutto la dispersione della lotta dopo l'implosione dell'Unione Sovietica e dei partiti comunisti - di organizzare.
In Germania è stato il sindacato Ver.di ad aver organizzato lo sciopero che ha paralizzato il colosso statunitense della logistica. La principale richiesta avanzata dal sindacato, assieme a quella dell'aumento salariale, era rivolta all'ottenimento di un “contratto unico” che regoli le undici piattaforme logistiche Amazon in modo da evitare il frazionamento e la rincorsa al ribasso sulle buste paga e sui diritti.
Per il momento vi è il silenzio della dirigenza Amazon che non ha aperto nessun tipo di trattativa. Così, non resta che confidare nella lotta e qui sono altre le “Madri” che ci vengono in soccorso: non più quelle sfruttatrici della Granarolo, ma quelle liberatrici argentine, ossia le Madres de Plaza de Mayo che recentemente hanno finalmente visto morire l'aguzzino dei loro figli in carcere. Il carcere guadagnato dopo decenni di lunghe lotte, denunce e processi che ci hanno insegnato, come amavano ripetere, che tutto dipende da noi e che nulla va lasciato intentato, poiché: “La unica lucha que se pierde es la que se abandona!”.
Amazon sullo sfruttamento dei lavoratori nella logistica: il video cliccando qui
Immagine liberamente tratta da contromaelstrom.com