La Sicilia dopo i 5 anni del governo Crocetta torna al centrodestra, ma la vera questione è: la Regione Sicilia è mai uscita dagli schemi e dalle modalità politiche del centrodestra? Ebbene la risposta è alquanto semplice ed il responso è assolutamente negativo. Il Governo Crocetta/PD è stato in assoluta continuità con il centrodestra dei Cuffaro, dei Lombardo e dei Micciché. Una continuità che emerge in maniera pesante, soprattutto in alcuni aspetti fondamentali, sicuramente tra questi la gestione clientelare degli incarichi. Cinquanta assessori cambiati in cinque anni e le moltissime nomine di amici in incarichi pubblici, e quando si parla di nomine ad amici non si parla di qualcosa di astratto, ma di assoluta realtà riscontrabile con nomi e cognomi. Due nomi a caso: Antonio Parrinello, candidato al Senato col Megafono nel 2013, viene nominato a settembre capo dipartimento Lavoro della Regione e poi c'è il caro Sergio Gelardi nominato alla guida di Riscossione Sicilia poco prima delle elezioni.
Ecco, in queste poche righe già emerge, probabilmente, uno dei motivi della vittoria della destra in Sicilia: i siciliani dopo aver riscontrato l'identicità dell'equazione centrosinistra/centrodestra hanno scelto il precedente. La vittoria della destra, porta con sé con una sorta di continuità storica, l'ingombrante fardello della impresentabilità delle liste e dei propri candidati. In questa campagna elettorale si è visto la qualunque cosa, in positivo e in negativo ed è possibile fare una sorta di riassunto per alcuni territori.
A Catania Riccardo Pellegrino di Forza Italia che mette in dubbio l'esistenza della mafia in un quartiere dove spadroneggiano i clan Laudana e Santapaola, e poi ci sono ragazzi come Alessio Grancagnolo candidato a 23 anni senza padrini/padroni che dice nella stessa piazza di San Cristoforo che la mafia è una montagna di merda. In quel di Palermo dove c'è la candidatura di Gianfranco Micciché che è già tutta un programma, c'è la candidatura dell'uomo della Banda del Sogno Interrotto, l'uomo dell'editoria ribelle, Ottavio Navarra. Logicamente, non può mancare dall'elenco, Agrigento, la provincia di Pirandello che in queste elezioni ne ha rispecchiato tutti i canoni. Ci sono candidati di ogni tipo, ma soprattutto di dubbio buongusto e di dubbia moralità. Per buongusto si intende che se si è rinviati a giudizio per falsa testimonianza e per aver favorito la latitanza di un boss per lo meno bisognerebbe avere il buongusto di non candidarsi fin quando non sia chiarita la tua posizione, e mi riferisco al licatese Giuseppe Federico candidato nella lista di Forza Italia.
Poi sarebbe interessante, sapere cosa ne pensa il neo Onorevole Pullara, eletto a furor di popolo con quasi diecimila voti, del grande numero di corsi antincendio fatti a Licata a cui seguivano posticini di due o tre mesi di lavoro nelle strutture sanitarie, dopo l'inserimento di questa figura professionale all'interno degli ospedali, mondo a lui molto caro. Sempre nella nostra provincia, in lontananza, si è riuscito a scorgere una sorta di piccolo sol dell'avvenire. Vengono in mente, Rosario Gallo e Fabio Patti, entrambi candidati nella lista Cento Passi che hanno attaccato duramente i centri di potere agrigentini e parlato dei problemi veri della gente. Proprio per questo premiati rispettivamente con 2000 e 1170 voti di opinione, lontani dal meccanismo delle cinquanta euro che impera nella nostra provincia. Ha vinto la destra con gli impresentabili, ma sicuramente si è cominciato a tracciare un cammino di cambiamento.