Giovedì, 31 Maggio 2018 00:00

Asperger era nazista. Una questione aperta tra memoria ed etica della scienza.

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Asperger era nazista. Una questione aperta tra memoria ed etica della scienza.

La notizia che Hans Asperger, pioniere degli studi sull’autismo, fosse organico al regime nazista ha forse destato più sensazione di quanta avrebbe dovuto. Il (presunto) ruolo del pediatra austriaco nel salvare dallo sterminio molti bambini con tratti autistici, persuadendo le autorità della loro intelligenza, gli era valso negli scorsi decenni la fama di oppositore al nazismo che difendeva i propri pazienti.

Del resto, se gli studi di Asperger sono iniziati negli anni ‘30, culminando nel 1944 con il saggio seminale in cui descriveva per la prima volta i sintomi dell’autismo, la sua carriera è proseguita dopo la guerra: direttore di una clinica infantile, titolare di cattedre di pediatria all’Università di Vienna e a Innsbruck, fino alla nomina a professore emerito nel 1977. Le sue ricerche sull’autismo hanno comunque dovuto aspettare molto per essere valorizzate: nel 1981, un anno dopo la sua morte, veniva proposto il nome Sindrome di Asperger per indicare il comportamento autistico secondo il modello da lui proposto; ma solo dagli anni ’90, con l’evoluzione della ricerca sull’autismo, gli studi di Asperger sono stati riscoperti e tradotti, guadagnando popolarità al suo nome.

Tuttavia, è oggi noto che le azioni di Asperger non esulavano dalla sua complessiva collaborazione ai programmi di sterminio: egli “selezionava” i bambini che, secondo i suoi studi, riteneva meritevoli di vivere; altri erano da lui deferiti1 alla clinica viennese di “eutanasia infantile” Am Spiegelgrund, dove quasi 800 bambini ritenuti “geneticamente inferiori” furono uccisi nell’ambito dell’Azione T4. La psichiatria era nel Terzo Reich uno degli strumenti di classificazione delle persone in “adatte” e “inadatte” e,  conseguentemente, di determinazione del loro destino. Gli psichiatri, insieme ad altri medici e scienziati, condividevano e applicavano l’idea di una “purezza” genetica da tutelare e coltivare eliminando sistematicamente chiunque non aderisse ai suoi parametri.

Questo era il contesto nel quale Asperger studiava quella che lui stesso definì “psicopatia autistica”. Le pubblicazioni del medico nel periodo nazista delineano una sostanziale adesione alle politiche di “igiene razziale” del Terzo Reich – incluso il saggio del 1944, che indicava basi genetiche per la generalità delle psicopatologie (non solo l’autismo, ma anche ad esempio quelle da lui chiamate, nella scia lombrosiana, “innata prostituzione” e “innata criminalità”) e si fondava sulla classificazione tra malati recuperabili e irrecuperabili, implicando la condanna di questi ultimi, in accordo con la Heilpädagogik nazista. Anche dopo la guerra, pur evitando temi riferibili ai crimini nazisti come l’eugenetica, gli studi del medico nella Heilpädagogik, della quale è divenuto una figura di spicco, tendono alla discriminazione tra casi costituzionalmente recuperabili e casi costituzionalmente “inferiori” destinati alla degenerazione sociale (tra cui i bambini vittime di abusi, ritenuti costituzionalmente “svergognati”).2

È stato perciò forse con troppa facilità che si è fatto di lui, negli ultimi decenni, una figura positiva: come se si fosse voluto tradurre il merito scientifico, che tanto ha significato per le persone affette da autismo e per le loro famiglie, in un merito morale. Mentre la fluidità della sua carriera sotto il Terzo Reich avrebbe forse dovuto far sorgere qualche dubbio sul suo presunto anti-nazismo. Pubblicata un mese fa a firma di Herwig Czech, storico della medicina dell’Università Medica di Vienna, quella che è forse la più approfondita ricerca storica mai svolta su Hans Asperger offre anche una panoramica della letteratura sul pediatra austriaco, con particolare attenzione all’evoluzione delle narrazioni apologetiche. È nel 2005 che il mito positivo inizia ad incrinarsi, quando studi storici più estensivi, anche basati su nuovi ritrovamenti di documenti, mostrano le connessioni tra Asperger e i responsabili dell’Azione T4; ma almeno per tutto il decennio successivo la ricerca sembra faticare ad abbandonare il taglio apologetico (o utilmente dimentico del profilo politico), e sono prevalentemente tedeschi gli studi che rimettono in discussione la figura di Asperger.3

Czech ripercorre la carriera del medico in un’accademia sempre più pesantemente antisemita e misogina, la sua avanzata a discapito di più qualificati colleghi ebrei di lì a poco costretti ad emigrare, il supporto decisivo del mentore Franz Hamburger, convinto estensore dell’ideologia nazista; e ne ricostruisce le visioni politiche a partire dagli anni della formazione. Nel 1938, Asperger aveva all’attivo diversi anni di militanza in varie associazioni contigue alle correnti fasciste ed autoritarie del tempo ed in opposizione a qualsivoglia tendenza di sinistra o liberale, in particolare l’organizzazione giovanile cattolica Bund Neuland, osmotica alla Gioventù Hitleriana ed oggi considerata tra i principali vettori del nazismo nell’ambiente cattolico austriaco, nella quale Asperger si collocava nell’ala più destra e pangermanista. 4

Dopo l’Anschluss Asperger sembra essersi ricollocato direttamente nelle fila del nazismo; anche se non fu membro del Partito Nazionalsocialista, fece parte di varie associazioni ad esso affiliate, tra cui la Lega dei Medici Nazionalsocialisti Germanici, punta ideologica del nazismo in ambito medico. Si può presumere che le sue associature fossero decise per interesse di carriera e nel solco di un’ideologia affine, ma non allineata, a quella nazista; dalle fonti emerge un rapporto ambiguo con l’antisemitismo. Documenti interni del Partito Nazionalsocialista testimoniano tuttavia una crescente fiducia nel medico, culminata nell’abilitazione all’insegnamento universitario (debitamente integrato tra scienza medicina e ideologia nazista) nel 1943. Ancora nel 1974, del resto, le dichiarazioni di Asperger segnavano una presa di distanze dagli «aspetti inumani» del Nazionalsocialismo, ma allo stesso tempo una riconferma della fede pangermanista5. A parte dichiarazioni dello stesso, non trova invece fonti solide la narrativa dell’Asperger attivamente anti-nazista.

Lo studio di Czech ha costretto a squarciare il velo della mitologia su Asperger e inevitabilmente suscitato appelli ad abbandonare l’eponimo “Sindrome di Asperger”. Non è una novità che si discuta di modificare termini medici che devono il proprio nome a medici nazisti; solo in ambito neurologico sono in questione 30 eponimi6. Nel caso della Sindrome di Asperger, è utile notare che questo eponimo è già in corso di abbandono, preferendogli il riferimento allo Spettro dell’Autismo nel suo complesso. In generale, per quanto sia comprensibile la ripulsa all’idea di eternare nella terminologia medica figure eticamente abiette, gli eponimi dei medici nazisti dovrebbero essere conservati, proprio a memoria dell’abiezione nella quale sono stati condotti i loro studi.

Anziché dimenticati, i loro nomi, i modi in cui hanno contribuito all’avanzamento della scienza ed il contesto nel quale hanno operato dovrebbero essere ricordati su tutti i testi di studio, dai sussidiari agli atlanti anatomici; poiché i medici nazisti hanno compiuto le loro ricerche pochi decenni fa, e le loro ricerche avevano allora piena legittimità scientifica. Poiché la questione non è la fondatezza scientifica, non è il consenso della comunità scientifica di allora né il riscontro successivo delle loro scoperte; la questione è che la solidità scientifica non giustificava il costo etico. Quel costo etico è ingiustificabile.

Il caso di Hans Asperger è emblematico della nostra incapacità, o del nostro rifiuto, di distinguere il merito scientifico dal valore morale. Vogliamo credere che l’opera scellerata dei medici nazisti, dai loro metodi di ricerca alla loro adesione all’ideologia, sia stata scientificamente infondata e/o in mala fede; invece non solo essi operavano in accordo con lo stato del dibattito e delle conoscenze scientifiche di qualche decennio fa, ma hanno anche prodotto molti risultati che sono rimasti validi o sono stati il fondamento di avanzamenti successivi. Questo non scusa, non giustifica, non perdona; però deve essere guardato in faccia. La scienza può richiedere costi etici da rifiutare.

Ci piace credere che l’etica sia qualcosa di intuitivo e sovrapponibile al buonsenso, mentre le decisioni etiche sono complesse e difficili da prendere; questa difficoltà non deve distogliere il giudizio morale dalla ricerca scientifica. La storia recente deve essere un monito per non dare per scontata l’etica nella scienza.

 


1,2,3,4,5 Czech H. Hans Asperger, National Socialism, and “race hygiene” in Nazi-era Vienna. Molecular Autism. 2018

6 Kondziella D. Thirty neurological eponyms associated with the Nazi era. Eur Neurol. 2009;62:56–64

 

Immagine ripresa liberamente da marionegri.it

Ultima modifica il Mercoledì, 30 Maggio 2018 23:54
Silvia D'Amato Avanzi

Studia scienze naturali all'Università di Pisa, dove ha militato nel sindacato studentesco e nel Partito della Rifondazione Comunista. Oltre che con la politica, sottrae tempo allo studio leggendo, scribacchiando, scarabocchiando, pasticciando, fotografando insetti, mangiando e bevendo.

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