Mercoledì, 20 Giugno 2018 00:00

Volere giustizia per Duccio Dini e voler aprire i porti si può

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Volere giustizia per Duccio Dini e voler aprire i porti si può

In queste ore a Firenze si intrecciano due vicende, una locale, l'altra nazionale: da una parte lo sgomento e la condanna generale per la morte di Duccio Dini, vittima collaterale di una lite tra due residenti nel campo nomadi del Poderaccio, dall'altra la decisione del neo ministro degli Interni Matteo Salvini di bloccare gli arrivi degli extracomunitari, negando loro l'aiuto dell'Italia. Le due vicende rischiano, con la loro concomitanza, di non permettere una sufficiente lucidità all'opinione pubblica.

Naturalmente questo è da imputare all'informazione: infatti viene da giorni ripetuto come un mantra "ad uccidere Duccio sono stati due Rom!". D'altronde i disgraziati che sbarcano (o vorrebbero sbarcare) sulle nostre coste non sono Rom. Quindi le due vicende non sono legate. O invece sì? Non lo sono, se si ragiona razionalmente. Ma purtroppo sappiamo che, quando si tratta di stranieri l'italiano medio non riesce ad essere razionale, anzi spesso neanche ci prova. Quindi se i Rom sono, nell'immaginario pubblico, clandestini (che poi alcuni possano essere italiani non importa!) automaticamente sono colpevoli di ogni sorta di nefandezze. Quindi è logico, sempre nella testa dell'italiano medio, che si cerchi di sbarrare la strada ad altri stranieri, per evitare che questi, inevitabilmente, delinquano. Dal loro punto di vista è perfettamente logico e normale buttare tutti nello stesso calderone, e considerare che se si sbarra la strada agli uni ci si oppone anche agli altri.

Potrebbe essere comprensibile (ma non scusabile) se a ragionare così fossero i genitori, i parenti, gli amici di Duccio, ma non lo è assolutamente quando si tratta di comuni cittadini, che non hanno mai conosciuto il ragazzo, e non hanno motivo di immolarlo a vittima da difendere in una guerra contro lo straniero invasore. Inoltre bisogna tenere a mente uno dei principi base del diritto, secondo il quale la responsabilità penale è personale. Quindi, dell'uccisione del ragazzo sono responsabili solamente i due assassini. Non tutti i Rom. E ovviamente non tutti gli extracomunitari. Di conseguenza logica vorrebbe che ad essere puniti fossero i due aggressori, non chiunque abbia avuto in sorte di nascere altrove rispetto al nostro paese, e quindi non essere cittadino italiano. Ma se ragionassimo così dovremmo, dopo un intervento al cuore non riuscito, radiare dall'albo tutti i cardiologi, o ancora di più tutti i medici.

Non si può sparare a caso nel mucchio, perché rischieremmo di non colpire il bersaglio desiderato, ma infliggere una punizione a chi non ha alcuna colpa. Perché appartenere ad una data etnia non è un peccato originale: se una persona non ha compiuto nessun delitto documentabile è a tutti gli effetti innocente. Non ha senso apostrofarla dicendo "i Rom non lavorano e rubano". La persona è la persona singola, non è "i Rom". E comunque, nella vicenda di Firenze la questione è l’omicidio di Duccio Dini. In un'aula di tribunale si dovrebbe dibattere solamente sull'omicidio, non su varie ed eventuali quali l’etnia degli imputati o la loro posizione lavorativa.

È per questo che pretendere giustizia per Duccio Dini non è in contraddizione con il grido "aprite i porti": i destinatari dei due provvedimenti non sono gli stessi, ma anzi in un caso si parla di individui specifici, mentre nell'altro di persone senza volto. Inoltre, ed è questa la differenza fondamentale, in un caso si parla di persone che hanno commesso un delitto, quindi meritano di scontare una pena, nell'altro caso invece i migranti altra colpa non hanno se non quella di voler migliorare le proprie vite e quelle dei propri figli. In sintesi, non è assolutamente un comportamento bipolare partecipare alle manifestazioni anti Salvini e chiedere a gran voce giustizia per Duccio Dini e condanna per i due assassini. Anzi, le due azioni sono assolutamente complementari: è necessario lottare su più fronti per garantire una società più giusta, sicura e capace di integrare il diverso a tutti, anche ai Duccio Dini che ancora sono in vita!

 

Immagine ripresa liberamente da corrieredellosport.it

Ultima modifica il Martedì, 19 Giugno 2018 21:49
Elena Papucci

Nata a Firenze il 17 novembre 1983 ha quasi sempre vissuto a Lastra a Signa (dopo una breve parentesi sandonninese). Ha studiato Lingue e Letterature Straniere presso l'Università di Firenze. Attualmente, da circa 5 anni, lavora presso il comitato regionale dell'Arci.

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