Tutto ciò che è sociale ma non riflessione sociologica, legandosi a quello che compone la realtà in cui viviamo.
Immagine liberamente tratta da upload.wikimedia.org
Perché tutti parlano del terrorismo?
Perché tutti parlano del terrorismo? (Spesso a sproposito).
Ci risiamo: anche a Barcellona è arrivato il terrorismo, un attentato 'firmato' Isis (e pare altri due nelle ultime ore, uno in Germania ed un altro addirittura in Finlandia). Oltre al naturale sgomento per quanto accaduto e al cordoglio per le vittime (e un po' di umana paura) c'è un'altra piaga che ossessiona il 'day after': i discorsi della gente che, da una parte e dall'altra, si susseguono sempre uguali ad ogni occasione.
Nel luglio 1979 l’allora Presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, tenne un discorso alla nazione in cui parlò della “crisi di fiducia” che stava colpendo il Paese.
Alla chiusura degli anni Settanta, con la sconfitta in Vietnam, lo scandalo Watergate, due shock petroliferi (di cui il secondo in pieno svolgimento), gli Stati Uniti vedevano appannarsi non soltanto la propria proiezione imperiale ma anche il nerbo industriale che da decenni nutriva il sogno americano. Quel sogno si era già deformato in un grottesco incubo: «L’identità umana», ammonì Carter, «non è più definita da ciò che uno fa, ma da ciò che uno ha. Ma abbiamo scoperto che avere cose e consumare cose non soddisfa il nostro desiderio di significato».
Il lavoro ha un suo senso quando diventa collante sociale, quando di fatto è utile al bene comune, aiuta a far progredire la società, si prende cura ed assistenza di masse disagiate.
Quando punta sulla cultura, arte, al servizio di qualsiasi cittadino.
È in avvio, basta dare una scorsa ai massimi quotidiani o ascoltare la RAI, una campagna orientata in più sensi: a fare di Pisapia il martire unitario di una sinistra settaria e tutta orientata a fare fuori il povero Renzi; a fare quindi della rottura operata da Pisapia nei confronti di questa sinistra un atto di legittima difesa; a espungere le posizioni politiche e gli obiettivi politici che hanno portato Pisapia alla rottura; a espungere il fatto che Pisapia ha tentato per tre mesi l’appropriazione di Articolo 1, il pensionamento politico delle sue figure fondamentali, la costruzione di un organismo centrale alle sue strette dipendenze, l’esclusione (altro che “insieme”) dal riaccorpamento a sinistra di referendari, Sinistra Italiana, Possibile. Passerà.
Ce la farà il neopopulista Renzi?
Recentemente Renzi ha indicato il contenuto politico di una sua precedente dichiarazione, l’intenzione di andare alle elezioni politiche senza alleati. Ho definito tale contenuto come parte di un passaggio sostanzialmente populista. In assonanza netta al complesso delle destre europee, Renzi infatti ha anche dichiarato questi due obiettivi: primo, di non fare del fiscal compact lo strumento regolatore delle future politiche di bilancio dell’Italia; secondo, di portare per cinque anni di fila il deficit (il passivo annuo di bilancio) al 2,9% del PIL (attualmente è al 2,4%): ciò che, egli afferma, significherebbe (evidentemente al netto di riduzioni del prelievo fiscale) 30 miliardi a disposizione dello stato per attivare investimenti e crescita dell’occupazione, insomma una ripresa più significativa dell’attuale microripresa dell’economia italiana, tutta trainata da una ripresa europea non eccelsa ma neanche da disprezzare.
Da tempo ormai tiene banco la storia di Charlie Gard, bambino inglese con una grave patologia a cui i medici vogliono staccare la spina, nonostante l'opposizione dei genitori.
Il Becco è una testata registrata come quotidiano online, iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Firenze in data 21/05/2013 (numero di registro 5921).