Tutto ciò che è sociale ma non riflessione sociologica, legandosi a quello che compone la realtà in cui viviamo.
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Pensiamo che un convegno come quello di cui parliamo in questo articolo abbia grande interesse anche per Il Becco, che nel suo piccolo continua a vivere nell'eterogeneo e vasto mondo del web.
Democrazia senza verità? è il titolo di una due giorni organizzata dalla Scuola Normale Superiore di Pisa, di cui una parte è fruibile in video sul canale YouTube dell'istituto. Il senso dell'evento è evidenziato da Carlo Bartoli, Presidente dell'Ordine dei Giornalisti Regione Toscana, e risiede nella necessità di un aggiornamento continuo della sua categoria, rispetto al contesto sociale in cui opera. Il problema dell'informazione non nasce con il web, però non si può negare come "con la modificazione della fisionomia dell'ecosistema" cambino "le modalità con cui si sperimenta la ricerca di verità", da intendere come verità possibile, "diversa da quella dello storico", perchè legata ai contesti e alla funzione a cui sono chiamati i giornalisti. Prima di qualsiasi azione ormai chiunque si pone il problema di come comunicarla. Il racconto anticipa la realtà, in qualche modo. Internet aggiunge particolari ed insidie, ma anche nuove possibilità di verifica.
L’urne de' forti si sono incrinate
Il pomeriggio della domenica delle primarie del Pd mi sono trovato per caso a passare da un circolo Arci in cui era stato allestito un seggio, nell’occasione ho ritrovato alcuni vecchi compagni del PCI, tutti ultrasettantenni, con i quali mi sono intrattenuto. Com’era ovvio l’argomento della conversazione sono state le primarie, che intanto si stavano svolgendo in una sala attigua al bar dove eravamo.
La “democrazia” italiana
Politica, una parola bellissima che significa e ha significato molto per tante persone ma allo stesso tempo una parola bistrattata e derubata del suo significato. Una parola che è stata affiancata al concetto di ruberia, malaffare e corruzione.
S.O.S. Beni culturali
L’assemblea di Bologna: lavoro, diritti e riconoscimento
La splendida sala dell’Ulisse, luogo pregevolissimo del celebre Museo di palazzo Poggi a Bologna è stata la cornice ideale per l’assemblea nazionale (tenutasi Domenica scorsa) della campagna, nata ormai da un anno e mezzo, denominata “Mi Riconosci. Sono un professionista dei beni culturali”. Una giornata veramente importante per quel che riguarda l’intero panorama dei beni culturali del nostro Paese, settore troppo strategico per essere abbandonato a un destino crudele (e beffardo).
Innumerevoli le presenze registrate: liberi professionisti, studenti, funzionari ministeriali, accademici ed esponenti politici (Claudia Pratelli per la segreteria di Sinistra Italiana e Andrea Maestri deputato di Possibile), a testimonianza della voglia di rilancio che attraversa l’intero “movimento” travalicando di per sé le categorizzazioni che hanno da sempre caratterizzato l’intero comparto.
Da il manifesto dell'11 aprile 2017
Banche, nuove spine dalle sofferenze
Piercarlo Padoan e Ignazio Visco buttano acqua sul fuoco, in fondo anche questo fa parte del loro mestiere. Ma il nodo delle sofferenze del comparto bancario italiano, quantificato ieri dal governatore di Bankitalia in 80 miliardi circa, è ancora lontano dall’essere sciolto. Prova ne è l’ultimo rapporto della Bce sulla materia, con Mario Draghi che annota come i crediti deteriorati inesigibili nel sistema italiano siano il 17,5% sul totale degli impieghi, rispetto a una media del 6,7% nella zona euro. In aggiunta, il decreto “salva risparmio” di dicembre, quello che ha garantito un plafond statale di 20 miliardi per la ricapitalizzazione precauzionale del Monte dei Paschi e ora di Popolare di Vicenza e Veneto Banca, è incappato in più di una contestazione nelle pieghe del negoziato, ancora in corso su Mps, fra il Tesoro italiano, la Bce e la Commissione Ue.
Terrorismo: perché "not in my name"
L'ultima vittima è stata Londra, prima c'era stato Berlino, prima ancora Nizza. Tra qualche tempo probabilmente un'altra città diventerà teatro degli orrori. Tanti sono purtroppo gli episodi in cui dei terroristi attaccano le nostre città, causando ovunque orrore e una giusta e naturale reazione della società civile. Ma la naturale reazione della società civile non è più tanto giusta quando porta a gettare odio e pregiudizio verso una comunità, quella islamica, accusata in blocco di essere causa del terrorismo.
A questo atteggiamento consegue e si contrappone la reazione islamica che si sente in dovere di dichiarare con manifestazioni pubbliche che gli atti di violenza non sono responsabilità loro, sono appunto "not in my name". Personalmente trovo che questa reazione non sia molto 'comprensibile': nel senso, ovviamente non sto dicendo che è sbagliato che delle persone dichiarino il loro sdegno per la violenza e vogliano staccarsi dai terroristi, ma sono convinta che non dovrebbe essere necessario. Infatti è uno dei capisaldi del nostro codice penale che la responsabilità penale è personale quindi se un terrorista compie una strage questa è imputabile esclusivamente a lui. Quindi tutto il resto della comunità islamica può dormire sonni tranquilli senza bisogno di manifestazioni pubbliche di condanna del fatto.
Ma dato che questo non accade qualcosa evidentemente non va per il verso giusto: perché i media italiani sembrano ossessionati dalle manifestazioni del mondo islamico, al punto da dedicargli abbastanza spazio? Probabilmente la risposta sta nel pregiudizio che purtroppo offusca i nostri giudizi su una certa etnia.
È come se non riuscissimo a capacitarci dell'esistenza di islamici buoni e quindi avessimo bisogno di vederceli davanti agli occhi. Ma riflettiamo: in occasione di una strage di mafia abbiamo bisogno che tutti i siciliani dichiarino di non essere mafiosi? Forse ahimé sì! Ma se nella nostra cerchia di amici abbiamo una famiglia palermitana non penso che automaticamente inizieremmo a pensare di non invitarli a cena per paura di essere uccisi.
Quindi qual è la differenza? Tutto sta nel grado di conoscenza che ci lega alle persone. Quindi dobbiamo fare lo sforzo di non ragionare per categorie e vedere (e soprattutto giudicare) ogni persona per quello che è. Quando avremo nella nostra cerchia di amici abbastanza famiglie "di colore" (posto che non tutti gli islamici sono neri, e ovviamente non tutti gli islamici sono terroristi) riusciremmo a capire che non tutti sono terroristi e quindi non ci sarà più bisogno di manifestazioni 'Not in My Name'. Non ci resta che aspettare!
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