Tutto ciò che è sociale ma non riflessione sociologica, legandosi a quello che compone la realtà in cui viviamo.
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Lavoro, AAA supereroe cercasi!
Valerio Catoia, il ragazzo con sindrome di Down saltato questa estate agli onori della cronaca per aver salvato una bambina che stava annegando, avrà presto un lavoro come bagnino.
Lieto fine, meritata ricompensa per una buona azione. Ma siamo davvero sicuri che sia così? Siamo convinti che sia necessario ed indispensabile essere supereroi per ottenere una cosa che dovrebbe essere un diritto di ognuno? Davvero riteniamo giusto che una persona normale non possa trovare un lavoro?
Essere di sinistra in sicurezza
Ogni volta la stessa storia: appena nell'aria inizia a sentirsi odore di elezioni, i partiti di destra fanno a gara a chi la spara più grossa per garantire, almeno a parole, la sicurezza del cittadino. Sui giornali si susseguono fatti di cronaca che raccontano nefandezze di ogni tipo, spesso perpetrate dallo straniero ai danni del povero indifeso cittadino. La ricetta di salvezza? Presto detto: votare a destra!
In quest’ultimo volumetto di un centinaio di pagine il nostro Tito Boeri, Presidente dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, dà la stura ai peggiori pregiudizi in circolazione sul populismo, motivandoli con argomentazioni da alta élite tecnocratica. La prima impressione che si ha, giungendo all’ultima pagina del libercolo, è di aver appena letto un diario delle giovani marmotte scritto appositamente per mettersi in mostra davanti al capo. E in effetti questo pamphlet edito da Laterza serve proprio per accreditare il nostro Presidente quale responsabile amministratore delle finanze sociali del Paese agli occhi della tecnocrazia europea. Per finanze intendo sempre quelle sociali, beninteso, perché quando si parla di finanze pubbliche in materia bancaria e militare l’unico verbo che i nostri governanti conoscono è scialacquare e le élite tecnocratiche cessano ogni rigidità, dimostrando come anche la loro tecnica sia politica.
Ma approfondiamo un po’ l’analisi del libretto di Boeri. Per chi, come il sottoscritto, sia un discreto appassionato di storia si può notare come già dalla premessa vi sia una forte connotazione ideologica a permeare il Presidente del nostro Istituto. Infatti il nostro parte con la metafora dell’Unione Europea che come il ciclista partito agilmente col crollo del Muro di Berlino è infine giunto negli ultimi anni ad arrancare in maniera bestiale, con la lingua di fuori a rasentare il terreno sbandando da una parte all’altra della carreggiata pur di continuare sulla via del traguardo. Insomma, il messaggio che sin dalla premessa il Presidente vuole trasmetterci è che siamo partiti alla grande abbattendo le frontiere della terribile dittatura sovietica, ma stiamo ancora pagando politiche errate che ci stanno portando a rallentare e a faticare sempre più. In questa salita sempre più eroica verso la perfetta integrazione europea davanti ai nostri occhi si palesa finalmente il vero nemico: il populismo! Nientemeno quale sarebbe, di grazia, la luciferina missione di tale belva? Il Presidente ce lo spiega in poche righe, ossia «la possibile affermazione di partiti che offrono un messaggio semplice quanto pericoloso: interrompere il processo di integrazione europea e chiudere le frontiere agli immigrati, per meglio proteggere le persone più vulnerabili dalle sfide della globalizzazione»1. Descritta così tale missione più che arcigna sembrerebbe vigliacca: prendersela con i più deboli per paura di soccombere di fronte alla globalizzazione. Per fortuna che il nostro Presidente è alquanto impavido ed è disposto a farci affrontare a testa alta le sfide della globalizzazione, sicuro di una vittoria anche per gli ultimi. E infatti, poche righe dopo ci spiega come intende salvare gli ultimi: facendoli emigrare. Infatti, per il nostro, il pericolosissimo messaggio populista «toglie soprattutto ai giovani la migliore assicurazione sociale contro la disoccupazione di cui oggi possano disporre». Quanta grazia Presidente! Forse lei, caro Presidente, non ha mai sentito il detto “dai nemici mi guardo io, dagli amici mi guardi Iddio” ma cotanta preoccupazione per la disoccupazione da parte di un Presidente di un Istituto di Previdenza Sociale statale dovrebbe riverberarsi in ben altre raccomandazioni da codeste: armatevi di bagagli e partite. Magari i contribuenti che hanno versato una parte cospicua del loro salario per tanti anni nelle casse statali speravano che vi fossero forme di assistenza più decorose di un sonoro “arrangiatevi”.
Ma diamine che pretese! Del resto ce lo spiega lei a suon di grafici che il contesto è mutato e dal welfare state si è passati al workfare state, dunque al bando i sogni populisti e sotto a fare i camerieri a Londra se non volete restare dei laureati disoccupati. Non pensiate, per carità, che il Presidente stia svolgendo arcigni ragionamenti. In verità è mosso da bontà di cuore perché sa di dover fronteggiare esodi. Ce lo dimostra con i grafici degli italiani emigrati in seguito alla crisi del 2008.
Egli però è altrettanto consapevole della gravità degli esodi in ingresso e da buon internazionalista ci tiene a non far mancare la solidarietà ai nuovi arrivati, relegandoli e sussidiandoli. L’integrazione perfetta, mica per niente il buon Boeri è un economista che guida un Istituto Sociale, tiene sempre un’occhio al portafoglio e uno alla comunità.
Siccome poi è uomo di cultura che ha letto Aristotele, Tocqueville e Montesquieu ci delizia di quanto sia pericolosa una democrazia diretta rivolta ad annientare i corpi intermedi, quindi votate i populisti e avrete l’oclocrazia sentenzia tra le righe Boeri. Il problema postdemocratico ovviamente neanche lo sfiora, lui è preoccupato dai totalitarismi e anche restassero in tre a votare per lui la situazione sarebbe perfetta poiché si avrebbe comunque un vincitore a maggioranza semplice.
Il volumetto si conclude con una proposta costruttiva del Presidente, una grande proposta progressista rivolta a salvare il tragico destino dell’Europa. Siccome nel suo delirio liberista l’immigrato non è solo un poveraccio in fuga, ma una risorsa umana che cerca di rivalorizzarsi e con l’aiuto della mano invisibile di Smith ci riesce, allora l’immigrazione acquista una funzione salvifica anche per le imprese in crisi rendendole più competitive. Peccato che tale competitività si sia manifestata con la compressione salariale e dunque l’ottimo paretiano sia lungi dall’esser raggiunto.
Egli è pur sempre un Presidente dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale responsabile in cerca di accreditamento verso le élite tecnocratiche europee, quindi la sua primaria preoccupazione è costituire una valida «assicurazione contro la disoccupazione» in questo mercato imperfetto detto volgarmente capitalismo. Dunque, quale migliore assicurazione alla disoccupazione che il «cercare lavoro nei paesi che offrono migliore opportunità d’impiego»? Come ci spiega accuratamente, con un ragionamento da vero Presidente dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale: «è un’assicurazione contro la disoccupazione che ha, peraltro, il vantaggio di alleggerire la pressione fiscale sui bilanci nazionali. Chi si sposta e trova lavoro altrove rende il finanziamento dello stato sociale meno oneroso, non rendendo più necessari i trasferimenti destinati a chi perde il lavoro». Tutto molto giusto Presidente, però a questo punto il ragionamento, senz’altro populista, porterebbe a dire che occorrerebbe rimuovere l’aggettivo Nazionale dall’Istituto che presiede. Infatti, il Presidente che di logica lineare se ne intende arriva a proporre nell’ultimo capitolo una vera e propria «infrastruttura europea per i contributi». Allora sì che avremo l’unità europea tanto auspicata: dopo l’unione monetaria senza l’unità politica anche una bella unione contributiva.
1 T. Boeri, Populismo e Stato Sociale, Roma-Bari, Laterza, maggio 2017, p. 1
La bambina down rifiutata e la patente di bontà
Sta facendo scalpore il caso della bambina down rifiutata da ben 7 genitori adottivi, prima di riuscire a trovare un nido che la accolga. Giustamente dispiace leggere che proprio chi avrebbe più bisogno di amore e protezione si trovi davanti una corsa ad ostacoli per raggiungere un diritto imprescindibile, secondo i più.
D'altronde però se andiamo oltre, e credo sia indispensabile farlo, la prima impressione di pancia, ci rendiamo conto che crescere un bambino con una qualsiasi problematica richiede maggiori qualità da parte dei genitori, quindi è perfettamente normale che qualcuno non se la senta. Infatti accogliere un bambino nella propria famiglia non è una cosa momentanea, ma qualcosa che ti cambia la vita, tua e degli altri. È necessario, indispensabile, fare una seria riflessione sul perché e percome ci accingiamo a un tale passo, per capire se una cosa che fa per noi o che, al contrario, potrà avere delle conseguenze negative sul mondo che ci circonda.
Di lavoro, falsi dati e finte aspettative (future)
La crisi endemica che ha colpito l’attuale sistema capitalistico, ormai dieci anni fa circa, non accenna ad arretrare, al massimo producendo uno 0,1% una tantum... numeri buoni per statistiche di governance tanto articolate, quanto completamente scollate dalla realtà.
Un quadro alquanto tetro se si pensa che, oltre ad essere uno stato naturale delle cose, la crisi decennale ha portato ad una serie di riforme che hanno distrutto lo scoloratissimo welfare state ereditato dagli anni passati.
Democrazia diretta, democrazia liberale, dittatura e dialettica politica
«Ma perché non si potrebbe conseguire quest’obiettivo [l’estinzione dello Stato in generale] senza la dittatura di una classe? Perché non si potrebbe passare direttamente alla democrazia “pura”? – domandano gli ipocriti amici della borghesia o gli ingenui piccoli borghesi filistei ingannati da essa. Perché in ogni società capitalistica, rispondiamo noi, [...] i piccoli proprietari restano inevitabilmente dei sognatori esitanti, impotenti e sciocchi, che fantasticano di una democrazia “pura”, cioè di una democrazia che sta al di fuori o al di sopra delle classi. Perché soltanto la dittatura della classe oppressa permette di uscire da una società nella quale una classe ne opprime un’altra.» - Lenin, "Democrazia" e dittatura, Pravda, 3 gennaio 1919
«Numero candidature ufficiali a tredici giorni dalla scelta del candidato premier del mov. 5 stelle: zero. È la democrazia diretta, bellezza.» - Claudio Cerasa, Facebook, 11 settembre 2017
La prima citazione costituì il brevissimo intervento con il quale commentai la querelle che durante la campagna referendaria di un anno fa oppose Zagrebelsky e Scalfari. Al primo, che aveva difeso il conflitto democratico contro il rischio oligarchico che la riforma Renzi-Boschi avrebbe apportato, il secondo rispose che la democrazia rappresentativa è di fatto un’oligarchia democratica e che le sole alternative sono la dittatura oppure la democrazia diretta.
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