Gli aderenti, di mezza Europa, alla carovana de “El tren de la libertad” si scagliarono duramente contro quella che è stata più volte definita un’imposizione medioevale che secondo le dichiarazioni di Elena Valenciano, vicesegretaria del Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE) appare essere non una legge contro l’aborto ma “una legge contro le donne, contro la loro libertà e dignità” .
La “Ley de Protección de la Vida del Concebido y los Derechos de la embarazada”, legge di protezione dei diritti del concepito e della donna incinta, annunciata circa un anno fa il ministro della Giustizia, Alberto Ruiz-Gallardón, approvata dal Consiglio dei ministri a dicembre, modifica radicalmente il testo varato nel 2010 dal governo Zapatero. doveva essere approvata, a quanto aveva assicurato a fine luglio proprio da Gallardòn, entro la fine dell’estate, cioè entro la prossima riunione del Consiglio dei Ministri ma pare proprio non sarà cosi, se pur fonti del governo spagnolo e del Partido Popular hanno dichiarato di non voler assolutamente rinunciare alla legge.
La legge, la più restrittiva d’Europa sull’aborto, di fatto renderebbe illegale abortire salvo alcuni casi particolari: l’interruzione di gravidanza solo in caso di stupro sarebbe permessa fino alla 14esima settimana, in caso di reale pericolo <<serio e durevole>> per la salute fisica e psichica della donna (pericolo che dovrà essere certificato da due medici) l’interruzione volontaria di gravidanza sarebbe permessa sino alla 22esima settimana, vedrebbe reintrodotta la necessità per le 16enni e 17enni di richiedere il permesso dei genitori per abortire (uno dei punti più contestati della legge Zapatero considerata fra le più permissive al mondo) e, dopo un lungo dibattito interno, è stata introdotta la possibilità di abortire in caso di malformazioni del nascituro <<incompatibili con la vita>> , attualmente però, secondo “El Mundo” (quotidiano spagnolo) la mancanza di consensi e l’opposizione da parte di alcuni ministri e leader proprio del PP ma anche il tentativo di non perdere voti in vista delle elezioni 2015, porterebbero Mariano Rajoy a fare un passo indietro sulla riforma, notizia ancora né confermata né smentita dal PP.
La riforma definita “controversa” dallo stesso Primo Ministro spagnolo ha visto la luce per compiacere l’ala più conservatrice del Partido Popular in vista delle scorse elezioni europee, tentativo che appare, oggi più che mai, come un boomerang visto le numerose voci di protesta proprio all’interno dello stesso partito di governo, Celia Villalobos, deputata del Partito Popular e vice presidente del Parlamento ha attaccato la legge: “Non siamo più nel 1985. Siamo nel 2014”, mentre i sondaggi affermano che più dell’80% degli spagnoli si dichiara contrario alla riforma dell’aborto voluta dal PP.
“Reintrodurre nel codice penale la pratica dell’aborto equivale a fare dei diritti delle donne merce elettorale” ha spiegato la deputata Carmen Monton, PSOE, nel suo intervento di mercoledì scorso, durante la seduta plenaria del parlamento spagnolo, “avrà capito – rivolgendosi a Gallaron - che non si deve legiferare sui tagli alla libertà delle donne? Lei ha vincolato il suo futuro politico a negare diritti. [….] Libertà e dignità non sono moneta di scambio e la vita delle donne che non materia per risalire nei sondaggi e segnare il calendario elettorale, i diritti sessuali e riproduttivi nella società spagnola sono consolidati e noi socialisti che abbiamo lottato per introdurli non tollereremo nessuna marcia indietro”.
E mentre, per la prima volta dopo il congresso socialista, un’esponente della nuova direzione del PSOE attacca apertamente l’esecutivo conservatore, Izquierda Unida, che ha più volte ha condannato il disegno di legge, accoglie con favore le indiscrezioni sul possibile rinvio e si augura vivamente che il testo che contiene misure retrograde vada “pienamente ritirato”, a scagliarsi duramente contro Rajoy è l’eurodeputata GUE Angela Vallina che dichiara “È la dimostrazione che stanno giocando con le donne e coi loro diritti, sempre con un occhio ai sondaggi elettorali”.
Se è una vittoria è attualmente chiaramente una vittoria parziale e proprio per non abbassare la guardia i movimenti femministi rilanciano una mobilitazione per il prossimo 28 settembre.
“Per celebrare la Giornata per la depenalizzazione dell'aborto e della Difesa di diritti sessuali e riproduttivi”, si può leggere nella nota di Coordinadora Feminista, “il Movimento femminista di Madrid chiama una manifestazione con lo slogan Aborto libero, le donne decidono “, già 15 le città che hanno deciso di aderire, con questa nuova mobilitazione il movimento femminista chiede che “ il governo ritiri immediatamente e senza ambiguità il progetto di legge sull'aborto presentato dal Ministero della Giustizia” il movimento mostra la sua “determinazione a continuare a difendere tutti i diritti sessuali e riproduttivi delle donne e una legge sull'aborto che garantisca il loro diritto di decidere” .
Mentre la lotta femminista continua a ribadire che sul nostro utero non si legifera, durante l’estate è stato creato il docu-film "YO DECIDO. El tren de la libertad", più di 60 fra registi, sceneggiatori e produttori spagnoli hanno deciso di unirsi per dar vita ad un collettivo che documentasse “il treno della libertà”, la grande marcia che migliaia di donne e uomini hanno compiuto, il 1 febbraio 2013, da tutti gli angoli del paese verso Madrid.
Il film, nato come iniziativa collettiva e spontanea è stato finanziato da diverse case di produzione ma anche da tanti donatori che si sono attivati partecipando attraverso un crowdfunding, per far sentire la loro voce contro una legge ingiusta e a tutela dell’attuale legge sull’interruzione volontaria di gravidanza.
Aborto libero e gratuito per tutte, appare chiaramente come uno slogan che non conosce stagioni ed anche se l’estate sta giungendo al termine per il governo del PP , ma soprattutto per Mariano Rajoy e Alberto Ruiz-Gallardon, questi sembrano prospettarsi come giorni caldissimi.