Giovedì, 16 Marzo 2017 00:00

Legittima difesa o licenza di uccidere?

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Legittima difesa o licenza di uccidere?

Quale può essere una legittima reazione di chi si trova a fronteggiare una rapina? Qual è il limite da non superare se non si vuol passare dalla parte del torto? In Italia fa molto discutere la legge sulla legittima difesa, da più parti si sente dire che la vittima ha meno diritti del colpevole. In base all'attuale articolo 52 del codice penale, perché ci sia legittima difesa ci deve necessariamente essere un diritto da tutelare. Ma è indispensabile che ricorrano delle condizioni precise: la necessità della difesa, l'attualità del pericolo, l'ingiustizia dell'offesa e soprattutto, punto sul quale si scatena il dibattito, il rapporto di proporzione tra difesa e offesa.  Infatti il pericolo di un furto è decisamente meno grave in proporzione di una risposta che può essere letale come uno sparo, soprattutto se l'aggressore è disarmato o comunque ha in suo possesso un'arma 'inoffensiva' (tanti sono i casi raccontati in cronaca nei quali l'aggressore era 'armato' di pistola giocattolo).

Quindi non è giustificabile uccidere un ladro, poiché la punizione non si adatta alla colpa. Ma allora, cosa può fare una persona che sente degli sconosciuti che entrano sulla sua proprietà? Semplice: deve chiamare la polizia, ovvero deve affidarsi a chi ha come missione quella di vegliare sui cittadini per garantirne la sicurezza. Chiediamoci però quali siano le ragioni per le quali questo non avviene ed il cittadino sente la necessità di imbracciare il fucile e difendersi da solo. La risposta è purtroppo abbastanza scontata: non c'è più fiducia nei soggetti preposti a garantire la sicurezza. Si ritiene, a torto o a ragione, che ci saranno sempre altre emergenze da risolvere prima del nostro problema.

Credo che questa situazione certifichi nella maniera più grave il fallimento dello Stato di diritto, in quanto non dovrebbe esistere la necessità di diventare sicari, poiché dovremmo vivere nella "sicurezza di essere in sicurezza". Quindi il lavoro da fare è molto delicato e difficile: da una parte bisogna far capire alle persone che un furto, per quanto 'fastidioso', non giustifica un'uccisione, ma dall'altra dobbiamo far sì che tutti siano consapevoli che, seppure non è possibile azzerare i reati (sui grandi numeri di una popolazione come quella italiana ci sarà sempre la mela marcia), questi non solo non resteranno impuniti, ma la punizione arriverà anche in tempi ragionevoli.

Il problema non si può risolvere con una legge (soprattutto se destinata a restare inosservata, come troppo spesso accade nel nostro paese) perché il problema da risolvere sta, lo abbiamo visto, nella sensazione di insicurezza diffusa che 'respiriamo' in Italia.
Quando troveremo una soluzione a tutto questo, allora, e soltanto allora, vedremo che episodi come quello di Lodi saranno sempre meno frequenti, e che sempre più normale sarà lasciare che 'la giustizia faccia il suo corso', perché appunto esisterà una giustizia.

Ultima modifica il Mercoledì, 15 Marzo 2017 20:05
Elena Papucci

Nata a Firenze il 17 novembre 1983 ha quasi sempre vissuto a Lastra a Signa (dopo una breve parentesi sandonninese). Ha studiato Lingue e Letterature Straniere presso l'Università di Firenze. Attualmente, da circa 5 anni, lavora presso il comitato regionale dell'Arci.

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