Non esistono pubblicazioni peer-reviewed ad attestare il metodo in questione, i brevetti che Vannoni sostiene di aver depositato negli Stati Uniti si rivelano essere al più richieste di brevetto respinte sulla base delle medesime motivazioni che hanno condotto a fermare la sperimentazione in Italia. Come ciliegina sulla torta, è giunta l’ispezione dei NAS nei laboratori del metodo Stamina a dimostrare che gli infusi che sarebbero stati iniettati ai pazienti contenevano molte cose, ma curiosamente non cellule staminali[ii]. Questa potrebbe anche non essere una notizia così spiacevole, dato che le cellule staminali sono tra le cose più pericolose da iniettare in posti a caso, ma in un paese normale rappresenterebbe anche una lapide da svariati quintali sulla tomba della credibilità di Stamina, con buona pace di Davide Vannoni. Non è andata così, però, e nelle righe successive cercherò di spiegare perché, a mio vedere, il meritato sbugiardamento del taumaturgico Vannoni non si è verificato.
Mentre da vari punti di vista saremmo tentati di considerare la vicenda Stamina come un’ordinaria storia di ciarlatani, alcuni elementi si configurano come tristemente innovativi; penso, in particolare, al fortissimo supporto mediatico di cui ha goduto il metodo Stamina, durante la sperimentazione, ma soprattutto a seguito della sua sospensione. Grazie ai servizi de “Le Iene” Vannoni è riuscito a raccogliere un insperato consenso, che è stato sistematicamente giocato contro il parere contrario della comunità scientifica.
Nel momento in cui è stato oggetto di una critica sul metodo, Vannoni ha risposto presentando un supporto – come se la correttezza delle conclusioni di uno studio scientifico si valutasse sulla base del numero di persone cui piacciono. La cosa peggiore è che l’incongruenza di questa argomentazione – e, di conseguenza, la sua insita pericolosità - è stata rilevata da pochissimi di coloro che sono intervenuti sull’argomento. Alcuni, nel tentativo benintenzionato ma maldestro di calmare gli animi hanno preferito sottolineare che in effetti le staminali sono oggetti misteriosi, ed era persino possibile che la cura Stamina servisse a qualcosa.
Un intervento di questo tipo non può che rivelarsi dannoso: il punto non è se cure di dubbia scientificità abbiano mai prodotto risultati positivi, sicuramente c’è chi è guarito anche con l’omeopatia o attraverso il pellegrinaggio a Lourdes; il punto è che ciò che distingue la scienza da tutti gli altri sistemi, dallo sciamanesimo a Stamina, è la possibilità di stabilire su basi logiche un nesso di casualità fra cura e guarigione, mentre in ogni altro caso il massimo che è possibile ottenere è una correlazione. Nel momento in cui Vannoni gioca la piazza contro il rispetto del metodo non sta soltanto cercando di ottenere in maniera disonesta ciò che desidera – questo è sicuramente grave, ma non è nuovo, i truffatori l’hanno sempre fatto. Attraverso questa contrapposizione indebita, anche se probabilmente non se ne accorge, Vannoni mina alla base l’accettazione del metodo sperimentale come schema conoscitivo, di fatto permettendo di equiparare ad esso una vasta gamma di pseudoscienze e complottismi che finora trovavano cittadinanza in pochi circoli di squilibrati. Questo è il motivo per cui, secondo me, per quanto riguarda la vicenda Stamina è necessario continuare a vigilare e a denunciare.
[i] Alison Abbott, Italian stem-cell trial based on flawed data in «Nature», 2 luglio 2013
[ii] v. articolo del 19.12.2013 su www.repubblica.it, “Metodo Stamina, Nas ed esperti: “Niente staminali e rischio mucca pazza”
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