Giovedì, 23 Gennaio 2014 00:00

Scatti di anzianità nella scuola: il gioco delle tre carte.

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Che il sistema scolastico pubblico fosse diventato una sorta di bancomat, usufruibile da governi di vario colore e cifra politica, questo lo si era capito da molto tempo: il disinvestimento nella pubblica istruzione è stato pressoché costante dagli anni Novanta, marcando spesso l'assenza della sinistra parlamentare e, sempre più, la sconfitta di quella sindacale. Così, mentre ci ritroviamo con uno stato sociale ridotto all'osso, riemergono serie questioni salariali aggravate da scelte ideologiche e sbagliate che nulla hanno a che fare con le dinamiche di funzionamento di un servizio educativo.

Torniamo all'attualità: le vacanze di natale sono state un momento di eccezionale tensione per i lavoratori della scuola. Motivo? Il governo aveva iniziato le procedure per recuperare gli aumenti percepiti in ragione dello scatto di anzianità maturato nel 2012 e pagato da aprile 2013. Con lo stesso procedimento, avviato da nota ministeriale del dicastero di Saccomanni – il quale dichiarava al Sole 24 ore, a fuochi spenti l'8 gennaio, di non avere altre responsabilità che quelle di esecuzione delle leggi vigenti. Il problema è, semmai, di capire quali, visto che la disciplina della progressione stipendiale è regolata da una babele di norme e aggravata dal mancato rinnovo contrattuale.

In buona sostanza, nel mese di gennaio, molti lavoratori della scuola hanno trovato un prelievo di 150 euro a recupero di emolumenti percepiti dal mese di aprile dell'anno scorso. La causa scatenante sarebbe stata rappresentata dal DPR 122/2013, ennesimo provvedimento legislativo esteso in ossequio ai vincoli di bilancio, il quale avrebbe confermato il blocco contrattuale degli ultimi anni nel pubblico impiego e, correlato ad esso, lo slittamento delle maturazioni circa lo scatto stipendiale. La sospensione della trattenuta, annunciata in queste ore, fa ben sperare circa il superamento di questo intoppo, mentre senz'altro coloro che hanno maturato lo scatto nel 2013 se lo vedranno riconosciuto, probabilmente, nel 2014, anche se non è ancora chiaro con quali risorse. Probabilmente si ricorrerà ancora alla decurtazione sul fondo di miglioramento dell'offerta formativa delle scuole – il quale, giova ricordarlo, è la cifra creativa dell'autonomia scolastica -: soldi che hanno già consentito di pagare gli aumenti maturati nel 2011 e 2012.

Tuttavia il problema resta la cattiva fede nell'approccio al problema. L'insofferenza verso la scuola pubblica è ben visibile in tutti gli atti governativi che ci vengono propinati da alcuni anni: la legge 133/08 impose 8 miliardi di tagli alla scuola e un'altra legge 122 (stavolta del 2010) vincolò una parte dei relativi risparmi alla mitigazione degli effetti dell'allungamento dei “gradoni” delle carriere: mentre attivava un mai precisato percorso meritocratico e annullava la progressione di carriera dal 2010 al 2012, nessun sacrificio fu richiesto alle scuole paritarie, né mai fu richiesto in seguito.

Raschiando il fondo del barile, con un decreto interministeriale del 4 gennaio 2011, il governo trovò le risorse per pagare gli scatti maturati nel 2010, ma i risparmi servirono anche per rimettere in piedi il sistema di valutazione e finanziare un progetto nuovamente disegnato sulla meritocrazia e di cui, nuovamente, nessuno pare abbia mai colto i benefici. Intanto nel 2011 l'esecutivo trovava il modo di assumere un discreto contingente di precari della scuola derogando al contratto nazionale proprio sulla questione della ricostruzione di carriera, eliminando irrimediabilmente – quindi non un semplice differimento – il primo scatto e, quindi, disponendo una prima progressione al nono anno di servizio.

L'impoverimento della categoria, sulla quale pende ancora un precariato ingente le cui speranze di stabilizzazione appaiono sempre più incerte e ondivaghe fra la chiusura delle graduatorie e l'apertura di nuovi e lucrosi percorsi universitari, rendono la cifra di quanto si stia scherzando col fuoco sul sentiero del lavoro pubblico, come su quello della disoccupazione e della povertà intellettuale.

Una visione d'insieme ci restituirebbe ben altra realtà: attacchi ideologici, irrisione della classe docente, messa in difficoltà del sindacato, rinvii delle elezioni delle RSU nel 2009 e scelta di non toccare le guarentigie delle scuole paritarie e, nei fatti, nessuna discontinuità istituzionale ci portano in una nuova fase, non post-ideologica, ma contraddistinta da una nuovo e subdolo pensiero: quello che della scuola pubblica se ne possa fare bellamente a meno.

Ma se un marziano leggesse gli interventi, mediatici e legislativi, di ministri, sottosegretari e tecnici avvicendatisi negli ultimi anni negli uffici di viale Trastevere, probabilmente non sarebbe d'accordo con questa ipotesi.

Immagine tratta da: www.ilmanifesto.it

Ultima modifica il Mercoledì, 22 Gennaio 2014 20:03
Antonio D'Auria

Sono nato a Castellammare di Stabia, cuore operaio nel Golfo di Napoli, nel 1979. Sono educatore al Convitto Nazionale di Prato e militante in Rifondazione Comunista. Di formazione sociologica, il mio interesse è per il mondo della scuola, con particolare riguardo alle politiche culturali e alle implicazioni sociali.

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