Giovedì, 23 Ottobre 2014 00:00

Per 80 euro al mese...

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80 euro alle mamme per i primi tre anni di vita dei loro bambini. L’annuncio del premier nel salotto tv domenicale di Barbara D’Urso: “Dal 1° gennaio del 2015 daremo gli 80 euro non solo a chi prende meno di 1500 euro al mese, ma anche a tutte le mamme che fanno un figlio, per i primi tre anni. Si tratta di mezzo miliardo destinato alle famiglie”, ha precisato il Presidente del Consiglio nella trasmissione Mediaset. Matteo Renzi annuncia la misura, che varrà circa 500 milioni di euro, affermando che sa bene cosa vuol dire comprare pannolini, biberon e spendere per l’asilo e che la “misura non risolve un problema ma è un segnale”. La misura, che sarà garantita per i redditi sotto i 90mila euro, sembra una sorta di rivisitazione del bonus bebè di berlusconiana memoria.

Già nel 2005, l’allora presidente del consiglio, con una lettera recapitata direttamente nelle case di 600 mila famiglie italiane annunciava un bonus di mille euro a tutti i nati dell’anno, la scarsa chiarezza dei requisiti provocò allora un gran caos e danneggiò molte famiglie che pochi mesi dopo aver incassato l’assegno ricevettero comunicazione da parte del ministero delle finanze di dover restituire il contributo perché non avevano i requisiti necessari per incassarlo. 5 mila nuovi asili nido era la dichiarazione di Renzi ad inizio mandato ed ora arriva la promessa del bonus degli eterni 80 euro per le neomamme. Premettendo che il maschilismo nella individuazione della neo-mamma come destinataria del contributo da parte del Premier è quantomeno discutibile, una differenza fra la proposta iniziale e quella attuale che non può e non ci deve assolutamente sfuggire.

La prima rilancia apertamente lo stato sociale la seconda si dirige apertamente nella parte opposta lasciano le famiglie da sole a crescere un bambino con l’ausilio di una piccola regalia. Credo sia giusto affermare con i 500 milioni previsti si potrebbe fare molto che dispensare mance alle famiglie italiane. Si potrebbero, ad esempio, mettere in funzione asili nido in tre anni e garantirne il funzionamento e creare così posti di lavoro. Un modo per migliorare realmente la vita delle famiglie italiane costrette, vista la carenza di strutture pubbliche, destinate ai bambini di età compresa tra i 3 mesi ed i 3 anni, nel nostro Paese, a spendere somme ben più alte per mandare i propri figli in strutture educative private.

Ma qual è l'attenzione che il nostro Paese presta ai più piccoli? I servizi per l’infanzia hanno un effetto positivo sulle capacità linguistiche dei bambini, soprattutto di quelli provenienti da settori socio-economici disagiati, sono chiaramente un investimento sul futuro del nostro Paese che passa chiaramente dalla formazione di nuovi cittadini. Sono Danimarca, Svezia ed Islanda i Paesi europei che, secondo un indagine del 2012 di Cittadinanzattiva, si contraddistinguono con oltre il 50% dei servizi offerti a bambini di età inferiore ai tre anni. A seguire da Finlandia, Paesi Bassi, Francia, Slovenia, Belgio, Regno Unito e Portogallo (tra il 50 e il 25 per cento).
L’Italia, palesemente indietro rispetto alla maggior parte dei Paesi europei, si colloca insieme a Lituania, Spagna, Irlanda, Austria, Ungheria e Germania fra i Paesi che riescono a coprire un fabbisogno che varia tra il 10 e il 25%.

Investimenti per il futuro del Paese non realizzati, risorse pubbliche ancora una volta sperperate, ottanta euro che segnano, ancora una volta, l’interrotta campagna elettorale in cui questo Paese è totalmente avvolto.

Abbandonarsi ad un facile populismo è chiaramente la strada più semplice ed il nostro premier viene chiaramente bene, a ricordarcelo è, qualora qualcuno ne avesse ancora bisogno, la sua successiva dichiarazione: "Siccome per vent'anni hanno sempre pagato le famiglie, ora se iniziamo a fare un po' di tagli ai ministeri ed alle Regioni, non è che si possono lamentare". Il premier, troppo preso dalle telecamere, dimentica l’attuale crisi che questo Paese sta vivendo, una crisi sempre più cupa che impoverisce le persone e che con i tagli alle regioni, e i precedenti tagli ai comuni, blocca alcuni dei servizi necessari garantiti per cercare di arginare la crisi giocando ad uno scarica barile che non può che lasciarci sbigottiti. Le cittadine e i cittadini, già nati o che ancora devono nascere, hanno bisogno di avere la prospettiva di un futuro sereno dove la giustizia sociale non sia un sogno, l’elemosina di Renzi appare chiaramente come qualcosa che si dirige verso tutt’altra direzione.

Ultima modifica il Mercoledì, 22 Ottobre 2014 23:02
Ketty Bertuccelli

Sono nata e vivo a Messina. Pensatrice sovversiva: antifascista, comunista, femminista, interista 

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