Comunque, restano dei rilevanti dati di fatto a porre al centro le periferie come vero e proprio focolaio del malessere di massa crescente: sono luogo di concentrazione del proletariato e del montante settore del working poor; sono realtà di emarginazione e violenza, spesso tra comunità etniche, ma con un'elevata disponibilità allo scontro diretto con l'ordine costituito che viene concretamente percepito come repressivo; hanno una composizione sociale proletaria e sottoproletaria in cui le minoranze etniche e i bianchi poveri tendono a subire un livellamento verso il basto delle loro condizioni di vita e lavorative; sono la realtà territoriale più duramente colpita dalla crisi economica. Il The Guardian nel 2011 descriveva i rioters come giovani sotto i ventiquattro anni che al 70% vivono in aree ad alto tasso di deprivazione in cui vi è totale assenza di prospettive economiche e altissimi tassi di disoccupazione giovanile, ovviamente questi sono più poveri e meno istruiti rispetto alla media dei cittadini. Se poi spostiamo il focus alla situazione greca, scopriamo che, in realtà, i disordini greci post-2008 sono configurabili in una categoria che va ben oltre il riot, dando vita a Insurrectionaty Collective Action di lunga durata in cui l'azione dei militanti anarchici e di sinistra radicale hanno condotto ad una vera e propria strategia, con un'elevata organizzazione e una pianificazione della protesta senza precedenti.
La situazione italiana, tutto sommato controllabile, ha iniziato a mostrare elementi di forte tensione solamente negli ultimi anni, quando la crisi abitativa è diventata una vera emergenza sociale: nel solo 2011 sono state sloggiate 64 mila famiglie (56 mila per morosità) con 124 mila richieste di esecuzione forzata, facendo così impennare il grafico sui dati dei primi anni '90 (vedi Fig.1).
La situazione è però ulteriormente peggiorata: nel 2012 gli sfratti sono giunti sopra quota 70 mila e le richieste di esecuzione forzata oltre le 126 mila, nel 2013 l'incremento è stato del 4,4% rispetto all'anno precedente arrivando a investire 73 mila famiglie con oltre 129 mila richieste.
Quindi la parte più impressionante del grafico è quella che si disegna idealmente nel post-2011, in cui si arriva a livelli mai raggiunti prima. L'allarme lanciato nel 2013 dal Viminale è sintomatico di un vero e proprio allarme sociale che rischia di incrinare anche la situazione dell'ordine pubblico: 250 mila gli sfratti attesi nei prossimi tre anni (un quarto di milione!).
Resistenza tra sgomberi e repressione
Proprio mentre a Tor Sapienza scoppiava la rivolta contro il centro per i rifugiati, incolpati di aver “portato il degrado nelle periferie romane”, il governo provvedeva a votare l'art. 3 della legge 80, il cosiddetto Piano Casa del Governo Renzi, che include la vendita all'asta e a prezzi di mercato delle case popolari. Il clima di odio e xenofobia che viene costantemente alimentato da destra trova qui un esempio lampante dell'idiozia che viene instillata nella popolazione al fine di mantenerla il più possibile politicamente inconscia. Quasi una tragica rappresentazione delle politiche neoliberiste: il bene collettivo viene semplicemente smantellato, mentre l'attenzione dell'opinione pubblica viene deviata sulla più feroce e bestiale guerra del tutti contro tutti.
Vari movimenti e organizzazioni sindacali si sono organizzati dal 2011 per far fronte all'ondata di sfratti elencata nella prima parte, trovando radicamento nelle più grandi città, dove spiccano i dati di Torino (2.523 sfratti per morosità), Napoli (1.557 in città e 1.255 nel resto della Provincia) e Roma che con 4.678 provvedimenti risulta essere la città più colpita assieme a Milano. Il maggior numero di sfratti si registra proprio in Lombardia: nella ex locomotiva del Paese si contano ben 12.922 sfratti in totale, di cui 3.059 per morosità e 8.487 per altra causa. Nella sola Milano sono stati emessi 5.097 provvedimenti del Tribunale, 1.115 dei quali per morosità. Proprio a Milano la settimana scorsa durante la resistenza ad uno sgombero nella sede Aler (l'azienda lombarda di edilizia residenziale) una donna 37enne incinta ha accusato le forze dell'ordine: "mi hanno dato col bastone e sono incinta, mi hanno preso la pancia". La notte di giovedì la ragazza romena ricoverata alla clinica Mangiagalli di Milano, ormai quasi alla ventesima settimana di gestazione, ha perso il bambino che portava in grembo. Anche se il referto medico riporta che "la donna non avrebbe alcun segno di percosse", si è comunque inviato alla Procura di Milano una segnalazione per procurato aborto e si attendono ulteriori accertamenti sul feto.
Come si può capire la situazione resta tesissima, in ballo ci sono le vite di persone che sono sempre più appese ad un filo, le quali non sapranno se avranno ancora un posto per ripararsi durante l'inverno. Inoltre, la situazione di disperazione sociale innescata da uno slittamento verso il basso del ceto medio cittadino di zone un tempo floride, porta a fomentare i più bestiali istinti. Fanno impressione le testimonianze raccolte nel reportage di Lettera 43, in cui si riportano i battibecchi tra una funzionaria dell'Aler che rimprovera a una donna egiziana incinta e occupante:
«Non si mettono al mondo i bambini in queste condizioni», «Bisogna avere stabilità. Una casa, un lavoro». Giusi, una ragazza italiana che invece il lavoro ce l'ha, anche se a tempo determinato, e che sta provando a mettere su famiglia evidenzia proprio la contraddizione a cui è costretta in questi giorni di sgomberi all'Aler: «O perdo la casa o magari il lavoro», «ho dovuto prendere quattro giorni di malattia per non lasciare la casa ...». Tutto questo mentre emerge che le case vuote e murate all'Aler sarebbero ormai 10.000, basterebbe veramente poco per risolvere l'emergenza ed evitare a madri gestanti di dormire per strada o alla Caritas, quando possibile. Eppure, anche qui si risponde con la strenua difesa della sacra proprietà privata, davanti a quella che dovrebbe essere una altrettanto sacrosanta resistenza. Ma se è vero che il Papa stesso ha esortato i movimenti a “costruire delle strutture sociali alternative”, per garantire “casa, terra e lavoro” attaccando la mercificazione di questi tre elementi, si è ben guardato dal battezzare cristianamente chi resiste trasformando “ogni sgombero in barricata” e ribaltando il regime della proprietà privata. Fa specie che, con altrettanta leggerezza, la curia abbia sorvolato sull'aborto procurato in difesa dell'ordine costituito. Così, il sacro precetto per cui "la vita va difesa dal grembo materno fino alla sua fine su questa terra" viene tacitamente respinto da un Papa che non osa criticare il potere temporale che tanto ama esercitare; per cui va bene difendere i poveri dall'offensiva neoliberista, ma guai a compromettersi con dichiarazioni di condanna verso un potere che arriva a togliere la vita per difendere la proprietà privata su cui si erge.