Lunedì, 10 Dicembre 2012 00:00

Le primarie ininfluenti ma importanti

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Alla fine Bersani l’ha spuntata su Renzi con un margine di oltre venti punti percentuali, una vittoria prevedibile, ma non scontata. Per il vincitore non si è trattato di una passeggiata, il suo risultato è ben lontano da quelli plebiscitari di Prodi nel 2005: 3.182.686 voti (74,2%) e di Veltroni nel 2007: 2.694.721 voti (75,8%). Anche l’affluenza diminuisce, meno 1 milione e 200 mila votanti sul 2005, meno 500 mila votanti sul 2007, stabilizzandosi sui dati del 2009, poco sopra i 3 milioni di votanti, ulteriormente diminuiti nella votazione di ballottaggio del 2 dicembre 2012. Bersani, che aveva ottenuto nel 2009 la segreteria del Pd con il 52,3% dei voti, questa volta ottiene al primo turno il 44,9% e sale al ballottaggio al 61%, con un numero di voti che, inferiore di 230 mila al primo turno rispetto al 2009, supera al ballottaggio quel dato di 100 mila.

La vittoria di Bersani al ballottaggio è dovuta soprattutto alla confluenza sul suo nome di parte degli elettori che il 25 novembre avena espresso la loro preferenza a Vendola, Puppato e Tabacci, mobilitati più da motivazioni anti Renzi che pro Bersani; alla diminuzione dei votanti che ha finito per sfavorire il sindaco di Firenze, come ammettono numerosi osservatori; al peso dell’organizzazione che in larga parte, anche se non ovunque, pendeva a favore di Bersani; ad errori di comunicazione di Renzi, imputato di un eccesso di litigiosità e di aggressività nei confronti del segretario e dei suoi.

Comunque sia, le primarie, che sono state l’avvenimento politico centrale nelle ultime tre settimane, prima del "rientro di Berlusconi", e che hanno visto in ogni caso la partecipazione di oltre tre milioni di persone, meritano alcune considerazioni, per un’ulteriore riflessione che, a sinistra del Pd, dobbiamo saper compiere, non tanto sullo strumento in sé quanto sul come debba oggi organizzarsi ed operare nelle condizioni attuali una forza politica.

Il risultato delle primarie del centrosinistra ha reso più forte o più debole la candidatura alla presidenza del consiglio del segretario del Pd? Sicuramente nei confronti di Renzi, ma anche di Vendola, Bersani è più forte o almeno può trattare con loro da una posizione di forza, poiché nessuno crede alla storia che non ci saranno “tavoli” o “tavolini”. Bersani qualcosa dovrà pur cedere loro in termini di candidature al parlamento per soddisfare gli appetiti dei giovani in carriera presenti nei comitati di Renzi e Vendola, appetiti che i due hanno più volte dichiarato di voler soddisfare. Con tutto ciò la posizione di Bersani nei confronti di Monti è tuttora precaria, il professore non ha ancora dichiarato esplicitamente di voler continuare il suo impegno politico, ma non lo ha neanche escluso. Egli è in attesa degli sviluppi della situazione, sapendo di poter contare, se necessario, su importanti sostenitori: la Banca Centrale Europea e l’Unione Europea, i vertici di Confindustria e della Conferenza Episcopale Italiana, Napolitano (che sul Pd ha la stessa influenza che a suo tempo aveva Saragat sui socialdemocratici), Montezemolo, Casini. In ogni caso, nuovo incarico a Monti o meno, per i soggetti sopra richiamati le politiche da lui attuate dovranno continuare.

D’altra parte Bersani, dopo aver sostenuto oltre il sostenibile le politiche economiche e sociali dell’attuale governo, non si vede come possa invertirne la rotta senza essere tacciato di totale incoerenza o di aver perso un anno prezioso. Sarà magari vero il contrario, ovvero la completa smentita delle pur generiche e reticenti intenzioni della Carta di Intenti (appunto) del centrosinistra. Bersani non è nuovo a repentine svolte, basti pensare all’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione, dopo aver dichiarato l’11 agosto del 2011: “Non parlateci di pareggio di bilancio in Costituzione, sarebbe castrarsi da ogni politica economica.”, l’11 aprile 2012 lui e il Pd si sono autocastrati votando a favore della modifica costituzionale, con l’accortezza di far parlare a favore Enrico Letta anziché Bersani. Nondimeno anche questa volta vi sarà da parte del Pd e del centrosinistra un appello (sotterraneo) al voto utile: “votate per noi altrimenti vince Berlusconi”.

La verità nuda e cruda è che il programma del nuovo governo è già stato scelto, e non dagli elettori: è la lettera della BCE. Per ribaltare la situazione ci vorrebbe ben altra scossa che quella delle parole e delle intenzioni di Bersani, Renzi e Vendola.

Lo svolgimento delle primarie ha contribuito a decidere le sorti del nostro Paese? Sulla base delle considerazioni sopra svolte in tutta evidenza no! Ciò nonostante sono state un fatto importante che occorre analizzare. 

Ultima modifica il Lunedì, 17 Dicembre 2012 19:33
Francesco Draghi

Francesco Draghi, nel Partito Comunista Italiano prima e dalla sua fondazione nel PRC, ha ricoperto in entrambi incarichi di direzione politica, è stato amministratore pubblico.

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