Premetto che odio il termine sfruttare e soprattutto, odio il collegamento di questo termine legato all’uomo o a “manufatti” della storia che hanno il compito di forgiare intelligenze e coscienze. Tutto questo è letteralmente lo stato dell’arte nel Bel Paese che francamente di bello ha ben poco. Triste e offensiva (per il patrimonio e operatori che lavorano per esso) è la pubblicità messa in scena dal Mibact e mandata a reti unificate in questi giorni: in suddetta espressione becere della propaganda di regime appare in solenne abito da prima della scala, Giancarlo Giannini il quale decanta le bellezze dell’Italia paragonandole ad eccellenze enogastronomico come il migliore degli chef, nel migliore ristorante. Il tutto all’interno della mitica cornice di Palazzo Farnese a Caprarola in Provincia di Viterbo.
Lo spot 'Cultura, cibo per la mente' che il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha presentato e proiettato nel corso della Conferenza internazionale dei Ministri della Cultura dei Paesi presenti ad Expo, è stato ideato, secondo il Ministro Franceschini per risaltare i “sapori” artistici e paesaggistici del nostro paese. Reset.
La situazione di un Ministero senza portafoglio è ben più complessa della semplicistica rappresentazione del Bel paese nello spot elettoral-pubblicitario. La vicenda dei lavoratori e delle lavoratrici del Colosseo insegna e fa riflettere: uomini e donne usati (nel vero senso della parola) per la pura voglia di grandezza di chi governa.
Gli stessi, quest’ultimi che fanno grosse e grandi orecchie da mercante quando si parla di diritti e tutele sui luoghi di lavoro, tanto l’importante è farla funzionare la “Grande bellezza” poi a chi importa se chi lavora per questo slogan ha la dignità degli spalatori di carbone del Titanic (con tutto il rispetto). Il casus belli scatenante ha fatto il giro del mondo se non altro poiché il Colosseo, è inutile nasconderlo, rappresenta l’Italia. Lo scorso 17 Settembre infatti in un assordante clamore mediatico accompagnato da una prostituzione intellettuale vereconda venivano condannati al patibolo quelle stesse persone che garantiscono 365 giorni l’anno tra pioggia incessante e sole cocente, l’apertura e la visita del luogo più incredibile e magnifico del mondo, il tutto per una sospensione di poche ore a causa di una concertazione collettiva.
L’assemblea sindacale in questione era stata annunciata (e approvata dal soprintendente) parecchi giorni prima come previsto dalla legge (che tra l’altro già prevede che la tutela del nostro patrimonio culturale rientri nella normativa sui servizi essenziali, stabilendo il limite tra l’esercizio di un diritto fondamentale dei lavoratori e le esigenze dei cittadini) ed era stata inserita al principio della turnazione giornaliera proprio per evitare disagi ai visitatori.
Dov’è lo scandalo? Perché la pubblica gogna? I lavoratori hanno esercitato il loro diritto di assemblea per discutere delle difficili condizioni di lavoro in cui si trovano ad operare, in perenne sotto organico, senza straordinari pagati, in locali spesso degradati senza riscaldamento o condizionatori, con un alto numero di contratti precari.
La polemica è montata soprattutto per la storia degli straordinari e per delle interviste fatte volutamente a turisti che nel non capire la protesta davano addosso ai protagonisti di questa vicenda, dichiarando che è sbagliato creare disagio.
Sogno o son desto; lo sciopero non deve creare disagio? La realtà della protesta, purtroppo nascosta era altra: il vero motivo della querelle riguardava i salari accessori, quelli riferibili ad aperture notturne ad esempio, il tutto messo già in accordo col governo ma con il soggetto istituzionale totalmente inadempiente, basta pensare che i 18.500 dipendenti del Ministero aspettano le indennità di servizio accessorie (30% dello stipendio) da svariato e indefinito tempo. La rappresaglia forte avvenuta da più parti, dal dimissionario Ignazio Marino, dal Ministro Franceschini e dal premier Matteo Renzi aveva ed ha un unico e solo obiettivo: attaccare in maniera inderogabile il diritto allo sciopero.
Logica conseguenza di parole già utilizzate alla kermesse del Partito democratico dal pericoloso intervento di Davide Serra, imprenditore e renziano della prima ora sulla limitazione delle manifestazioni e del diritto di sciopero stesso.
Capire perché attaccare la categoria degli operatori dei beni culturali è la logica conseguenza: una categoria poco sindacalizzata, poco politicizzata e soprattutto poco coesa, recante in se una guerra fratricida tra gli stessi lavoratori. Quale occasione più ghiotta per gli sciacalli dello stato di diritto di partire proprio da loro? L’unica risposta che può e deve essere data deve partire da un ritorno vero alle concertazioni collettive che hanno caratterizzato buona parte del novecento, concepirsi come società solida contro chi ci vuole liquidi anzi gassosi.
I beni culturali non sono e non devono diventare patrimonio di pochi ma sono il tesoro di tutti e di tutte, proteggiamoli e difendiamo chi prova a difenderli.