All'entrata ci accoglie una guardia penitenziaria, ci chiede le Carte di identità mostrando in cambio un bel sorriso, tra le guardie che incontriamo durante la mattinata lei è l’unica donna in divisa. Le altre guardie hanno il compito di chiudere a chiave le porte che dividono le sezioni, una, due volte, perché non si sa mai. In atto ci sono misure di sicurezza. In atto ci sono percorsi di giustizia riparativa.
Don Dario ci chiede di entrare con discrezione, di essere presenti con tutti i sensi, lasciando tutto il superfluo fuori, borse, cellulari, pregiudizi. Mi pongo l'obiettivo di tenere d'occhio il tempo, controllando lo stato degli orologi. Le lancette dell’orologio della Direzione segnano l’ora giusta, quelle dello Spaccio sono ferme. La psicologa ci illustra la struttura, le sezioni e anche le divisioni, ''da una parte chi ha commesso reati comuni e dall'altra, i sex-offender, i detenuti protetti che rischiano ripercussioni ulteriori oltre la condanna inflitta''.
Mi tengo stretta il mio quadernino e la penna come un pescatore il suo amo, per raccogliere e trasformare e non farmi sopraffare dalle tempeste interne, alzando il tappo della penna come una vela pronta ad affrontare questa nuova avventura.
''Una persona si riabilita se ha delle occasioni -riprende la psicologa- la scuola, i gruppi di lettura, la redazione, il corso di fumetto, il corso di teatro, sono tutti spazi di libertà che si cerca di stimolare'', non è forse anche esso lo scopo che si prefissa il CSV? Creare opportunità, gestire sogni, fornire strumenti, formare risorse umane per far avanzare piccoli spazi associativi.
Dalle mie maree emozionali avanza una domanda, il CSV potrebbe trasformare alcune pene detentive in lavori socialmente utili? ( depenalizzare il reato di possesso di droghe leggere per es.).
Percorrendo il corridoio perdo la cognizione del tempo, nella cappella Zenny della Croce Azzurra più tranquillizza più del crocifisso appeso, indicandomi l’orologio al polso delle persone che entrano una ad salutandoci cortesemente, facendosi spazio l’un l’altro il gruppo di detenuti sembra molto affiatato. Dopo le rispettive presentazioni, Angela di Babele rompe il ghiaccio e chiede loro un ulteriore alternativa biografia, ''a me non interessa il motivo della vostra permanenza qui, io sono venuta qui per sapere chi siete'' e dal loro oceano affiorano piccole gioie, quelle di Diego che in carcere scopre cos'è e com'è bella la multiculturalità e la biblioteca, si manifestano nuove abilità, quella di Luis per la poesia, le confessioni dell'utilizzo di vecchie mappe che hanno portato Cosimo a scegliere la strada dei soldi facili, soddisfazioni per il ribaltamento della situazione finanziaria avvenuta '' dentro'' di Aldo che solo in carcere ha trovato lavoro, '' farò il giro dei penitenziari a questo punto, e dire che prima giravo chiese, cimiteri, ospedali '' e infine... la giovane speranza di Alexander, che si pone come obiettivo la pazienza. Per dirla tutta c'è spazio anche per le recriminazioni, saette interiori esplodono nel pronunciare ''senza uno straccio di prova''.
Dall'imbarazzo al flusso di coscienza di chi si sente chiamato in causa, dalle giustificazioni alle lacrime che ammutoliscono tutti e vengono asciugate da un applauso, dalla nostalgia di casa al forte senso di colpa per aver lasciato la famiglia in acque alte, e poi si alza la voce di Lidia di Varzi Viva che chiede perché si sono fatte certe scelte. Un fulmine illumina gli occhi di chi ha ancora non ha parlato, ''la crisi'' tuona.
Sapessi quante cose bruciano anche per me, Elle, ma pur al colmo dello spasimo non bisognerebbe maledirle queste cose. Sono quelle che butteranno avanti una creatura. E' dalla disperazione di essere stati calpestati da sé e dagli altri, che nasce la forza che ci trasporta verso cieli limpidi, dove ciò che abbiamo patito si trasforma in dolcezza.
Lettera di Anna Maria Ortese a Elle Busacca
Dedicato ad Aldo, che ha esordito: ''non siamo qui per spaventarvi'', che ha aggiunto ''oggi mi sento timido'', che ha concluso con ''tutti dovrebbero avere un acquario a casa perché da un senso di pace''.