Venerdì, 01 Novembre 2013 00:00

Grillismo comune e grillismo politico #2 di 2

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Il secondo punto è più complesso. Con sterilizzazione, tratto fondamentale della civiltà, intendiamo la messa a tacere degli istinti atavici e primordiali: l’aggressività stupro-omicida che consentiva in condizioni di estrema precarietà la sopravvivenza dell’individuo (omicidio dei nemici) e della specie (stupro). Con la formazione dello Stato questi istinti sono acquietati dal fatto che la sopravvivenza è assicurata da un ente superiore, collettivo, che agisce su tutti in nome di tutti.

Per poter svolgere il proprio compito, questo ente ha il bisogno di classificare e standardizzare una popolazione animale che, per natura irriducibile a categorie, viene sottoposta a un processo di catalogazione e controllo. Gli istinti stupro-omicidi, che non cessano mai di covare sotto la cenere, tornano in superficie quando è rotto il pactum subjectionis; in altre parole, quando lo Stato entra in una condizione di debolezza. Per tutto quanto detto finora, le crisi economiche sono un momento che tipicamente favorisce questo fenomeno.

Il dominio totale sugli istinti non sarà mai possibile, poiché essi sono componente della natura umana. Tuttavia lo Stato italiano non ha messo in campo un sufficiente impegno per controllarli.

Ma perché insistere sui compiti repressivi dello Stato? Non è una limitazione della libertà politica? Lo è, tecnicamente. È opinione di chi scrive che la libertà, per essere completa, abbia bisogno di essere limitata; per potersi estendere pienamente, ha bisogno di negarsi alcune scelte. In particolare, per prosperare la libertà ha bisogno di non poter scegliere l’autodistruzione, di non potersi estinguere e far tornare un tempo di schiavitù nel quale nessuna decisione libera è possibile. Ciò che contraddistingue la vera libertà è la non-libertà di scegliere la non-libertà.

Al fondo di tutto, quale è la differenza politica tra grillismo comune e grillismo politico?

Il grillismo comune è una forma di populismo, mentre il grillismo politico è una forma di fascismo.

Il grillismo comune, infatti, ha come base una mitizzazione positiva della mediocrità del popolo, un’esaltazione degli svaghi più quotidiani e il loro innalzamento a valori morali, a esempi di orgoglio “nazionale” e anche di buona politica.

I pilastri del grillismo comune possono riassumersi in:

1) le cose importanti/migliori (le due caratteristiche si sovrappongono, poiché, essendo incapace di elaborazione intellettuale, il grillino comune ritiene che la cosa più comune sia la cosa normale, e che la cosa normale sia la cosa buona) della vita sono le cose “semplici” (definendo con “semplice” ciò che risulta immediatamente comprensibile e che provoca un sentimento di identificazione naturale con il mondo);

2) la caratteristica genuina del popolo è la naturale disposizione alle cose semplici;

3) il popolo è Buono;

4) il Male non è causato dal popolo.

La mediazione politica viene pragmaticamente accettata durante cicli economici positivi, abiurata e condannata nei cicli negativi. Il grillismo comune si diversifica da altri populismi per non essere immediatamente politico.

Il grillismo politico, invece, ha alla base una volontà di potenza di affermare ad ogni costo le proprie idee, di imprimerle a fuoco sulla società. Portando alle estreme conseguenze logiche gli assunti del grillismo comune, il grillismo politico intende distruggere la mediazione politica, individuata come la fonte di tutti i mali, per sostituirla con la immediatezza politica: il che significa tanto la soppressione dei corpi intermedi (e quindi il rispecchiamento diretto dei rapporti di classe nello Stato, ovvero lo strapotere del grande capitale) quanto il passaggio ad una forma di governo che abbia i pieni poteri e non trovi argini costituzionali. Il combinato di queste due cose è la dittatura totalitaria del grande capitale, fondata su una retorica ur-populista. In una parola, il fascismo. Per tutto quanto detto, e per le peculiari caratteristiche di a) ferocia contro gli avversari politici, b) cieco fanatismo e abdicazione delle facoltà riflessive, c) forte venatura di rivolta anticapitalista, il grillismo politico può quindi essere definito come nazigrillismo, ovvero la riedizione del nazismo in una società in cui il principale veicolo della barbarie non è il militarismo gerarchico bensì l’egualitarismo populista. In entrambi i casi, è forte l’elemento della mediocrità: diversi sono però i percorsi che esso segue. Nel caso del nazismo, il mediocre sente il bisogno di inserirsi in una scala gerarchica per soddisfare e rimuovere al tempo stesso il proprio complesso di inferiorità, cioè per avere superiori e subordinati. La routine della catena di comando, a sua volta, rafforza la mediocrità. Nel caso del nazigrillismo, invece, il complesso d’inferiorità è rimosso tramite il concetto “uno vale uno”, e soddisfatto – genialmente, a suo modo – elevando a titolo di orgoglio la propria mediocrità, rivendicandola come buona invece che vergognandosene.

Ovviamente quando diciamo che il grillismo politico è una forma di fascismo non vogliamo sostenere che i militanti del grillismo politico si sentano fascisti o esprimano ammirazione per le idee del fascismo o per l’esperienza storica dei regimi fascisti (sebbene ciò accada in qualche caso). Fra i militanti nazigrillini vi sono diversi segmenti:

1) quello più antico e originario: una sinistra radicale non-classista, che rifiuta socialismo e comunismo poiché prodotti di una società di massa non riconosciuta come propria, e che trova la propria identità in battaglie su ambiente, informazione, società a rete;

2) una destra etnica e sociale non direttamente ascrivibile al nazismo (ad esempio la Lega);

3) una parte di ex berlusconiani nei quali il qualunquismo fa aggio sull’anticomunismo;

4) ex elettori di centrosinistra nei quali la rivolta contro le banche fa aggio sulla fedeltà alla democrazia;

5) un magma confuso di persone che non trovano né possono trovare altra definizione politica che “grillini comuni” (che, si ricordi, è definizione relativa a un populismo non immediatamente politico).

Tutti costoro, però, con la loro incultura politica, il loro odio verso i partiti democratici, il loro cieco fanatismo,

a) lavorano, senza saperlo né volerlo, al surricordato esito nazifascista;

b) sono in grado, una volta che esso si sia realizzato, di accettarlo senza scrupoli morali (la banalità del Male).

Perché le forze antifasciste non hanno messo in campo una strategia contro questo movimento pericoloso? Fondamentalmente perché ne condividono l’origine ultima, ovvero l’assenza di una cultura politica, la sua distruzione ove essa fosse stata presente, la riduzione del pensiero politico al coacervo di luoghi comuni che formano il grillismo comune.

La principale forza politica dell’antifascismo italiano, un tempo dotata della migliore cultura marxista occidentale, ha avuto il torto di identificare il marxismo non con il metodo di analisi delle società di classi, ma con la società di classe analizzata da Marx. Disperati per la crescente diversificazione del reale rispetto a questo quadro fossile, i reduci di quell’esperienza hanno reagito abbandonando discretamente e negando implicitamente il marxismo, e cercando una via d’uscita, di volta in volta, nella socialdemocrazia, in operazioni di postmodernismo, in una generica “sinistra” non meglio definita. Nel primo caso, non fu abbandonato il quadro ottocentesco di riferimento; nel secondo caso, si sono avute più spesso operazioni di restyling che vere e proprie rielaborazioni storico-culturali. Si è prodotto così un vuoto culturale cosmico immediatamente invaso e colonizzato dalla progenie del grillismo comune, risultandone soffocati il respiro storico, la capacità dialettica, la profondità intellettuale, la stessa serietà politica. Ad oggi, molti giovani sostenitori di questa forza politica sono di fatto grillini comuni medio-borghesi, che la relativa sicurezza socio-economica trattiene dal diventare grillini politici.

Immagine tratta da www.giornalettismo.com

Ultima modifica il Giovedì, 31 Ottobre 2013 16:50
Jacopo Vannucchi

Nato a Firenze nel 1989. Ho conseguito la laurea triennale in Storia con una tesi sul thatcherismo e la magistrale in Scienze storiche con una ricerca su Palazzuolo di Romagna in età risorgimentale. Di formazione marxista, mi sono iscritto ai Democratici di Sinistra nel 2006 e al Partito Democratico nel 2007.

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