I neologismi sono tanto diffusi quanto poco approfonditi, almeno a livello comune. Utili nel riassumere una serie di elementi dati per scontati, finiscono per accogliere in una coperta confortevole l'inadeguatezza di una classe dirigente, politica ed intellettuale, che in 20 anni non è riuscita a contrastare l'ascesa di un pezzo di paese maturato nel corso degli anni '80.
Con toni scandalistici è rimbalzato sui social network un articolo de il Fatto Quotidiano in cui vengono riportate presunte dichiarazioni di Grillo a una riunione interna al gruppo parlamentare del 5 Stelle.
«Noi siamo la pancia della gente». «Se andiamo verso una deriva a sinistra siamo rovinati».
L'antiberlusconismo è stato un collante molto forte, che ha progressivamente svuotato di contenuti la sinistra italiana, omologandone non tanto le scelte tattiche, quanto la consapevolezza del reale da parte del suo gruppo dirigente diffuso e dei suoi simpatizzanti.
Ormai la maggioranza degli sforzi a sinistra è dedicata a denunciare quanto siano di destra gli "avversari".
Il problema è che chi vota 5 Stelle, o guarda a Renzi con profonda speranza non è minimamente interessato a questo livello di ragionamento.
«Sarà pure di destra, ma Renzi almeno vince le elezioni».
«Sarà anche razzista, ma sugli immigrati Grillo ha ragione».
Per la strada, sugli autobus, nei bar: ogni volta che si tenta un confronto sui contenuti c'è chi svicola e chi accusa l'interlocutore "di sinistra" di essere elitario.
Suonano grottesche le parole di Enrico Rossi di sostegno a Cuperlo.
Renzi non mette in discussione «la subordinazione della sinistra alla cultura liberista e al capitalismo finanziario», ma anzi ne accentua «il riformismo debole e la tendenza a soggiacere agli interessi più forti». Non scegliendo «un campo sociale da rappresentare» la Leopolda è quindi «troppo lontana dalle ragioni e dalle passioni della sinistra».
Dopo il crollo del Muro di Berlino in Italia si sono consumati due progetti. Una sinistra riformista, che doveva essere capace di vincere le elezioni con vocazione maggioritaria, attingendo voti tra i moderati. Sarebbero stati da registrare i Democratici di Sinistra alla vigilia del nuovo partito sotto la guida di Veltroni.
«Metteremo i democristiani in minoranza, li ingloberemo coi i loro voti e le loro sedi». Infatti ad oggi sono Letta e Renzi a contendersi la guida delle prossime coalizioni, due ex comunisti di ferro.
Nel frattempo il tentativo di rifondare il comunismo si è scisso in rivoli e spifferi, che ad oggi si ritrovano su fronti distanti, se non stupidamente contrapposti.
Dal palco si sbraita contro la presenza di Gennaro Migliore (SEL) alla corte del rottamatore: peccato che la platea sia vuota e ad ascoltare ci siano solo altri attori, figuranti o "amici del teatro".
Insomma dopo 20 anni di antiberlusconismo, ci si barcamena, indecisi se essere subalterni al sindaco di Firenze o al comico genovese.
Nel frattempo i settori sociali di riferimento mancano in queste discussioni e vanno in scena due manifestazioni in cui le forze organizzate della sinistra politica mancano o risultano secondarie: il 12 ottobre e il 19 ottobre, senza dimenticare lo sciopero generale del sindacalismo di base del 18 ottobre (che per partecipazione non può farsi ridere dietro dalle 4 ore - queste sì risibili - proclamate dai sindacati confederali).
A sinistra ci si affretta a sostenere un po' tutto quello che si muove, ma con molto scetticismo, perché in questo vuoto chiunque può rivendicare il ruolo a cui aspirava Vendola dopo il disastro de la Sinistra l'Arcobaleno. C'è quasi una mal ammessa speranza che i movimenti si esauriscano e passino dal fiume come il cadavere di un nemico.
D’altronde è su un quotidiano come Europa, piuttosto che su la Repubblica o il manifesto, che si può sperare di leggere qualcosa di lucido “sui gruppi sociali travolti dalla crisi che oggi non si riconoscono nella logica della rappresentanza”.
L'ininfluenza sociale, l'assenza di radicamento e l'incapacità di influenzare l'opinione pubblica. Sono questi i gli elementi su cui dovremmo riflettere, come sinistra che ha perso quasi completamente in questo ventennio.
Sarà anche vero quello che scrive Rossi, cioè che Renzi è lontano dalle passioni della sinistra (come dimostra anche il recente alterco con la Cgil di Firenze).
Il problema è che Renzi e Grillo sono più vicini alla maggioranza dell'elettorato attivo di chiunque si definisca di sinistra. Ed entrambi "i nemici" vengono applauditi anche dagli astensionisti quando attaccano a testa bassa "la sinistra".
Siamo percepiti come un residuo bellico e novecentesco. Questo è il nostro problema. La questione non è quanto siano cattivi Renzi e Grillo.
Pensare che magari un giorno l'armata dei subalterni tornerà insieme, da Cuperlo a Ferrero, perché comunque ci sarà sempre una sinistra... non porterà lontano. Anziché mettere insieme sfilate di carnevale a ridosso delle elezioni, cosa che si rischia anche con le europee e le amministrative del 2014, sarebbe il caso di partire con tentativi di progettualità onesti, in grado di finirla con una spirale di subalternità infinita, in cui è sempre colpa di tutti, meno che di chi parla o analizza.
La battaglia è culturale e sociale, prima che elettorale. Se le battaglie non si iniziano nemmeno, di sicuro non le si vincono. In questo senso la sinistra si merita tutte le recenti sconfitte e rischia di meritarsi le prossime.