Sabato, 09 Novembre 2013 00:00

Di giustizialismo, carcere e immigrazione

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È forse una storia che è cominciata da lontano. Che il tutto vada fatto risalire alle monetine tirate a Craxi durante Tangentopoli? Che sia per il ruolo di spicco, in senso buono o cattivo, che i magistrati hanno sempre avuto in questo Paese? Oppure per il fatto che siamo un “popolo di furbacchioni”, sempre pronti a fregare il prossimo? Non ho la risposta. Ma credo che alcuni eventi abbiano influenzato pesantemente ciò che siamo oggi.

Un po' è stato il fatto di avere Berlusconi in giro da un ventennio, molto di più la sinistra che oramai non sa parlare d'altro e ancora di più il fatto che l'unica risposta che siamo stati in grado di dare è quella di Grillo e Travaglio: fatto sta che siamo diventati un Paese di giustizialisti. Godiamo nel vedere gente che finisce in galera e se qualcuno fa notare che molti non ne escono bene, la risposta è “pazienza.. Pensiamo piuttosto a quanto ci costa mantenerli”. 

La risposta è sempre un uso indiscriminato del diritto penale, un inasprimento della pena che dovrebbe avere un effetto deterrente salvifico. È la logica sulla quale si basa tutto l'impianto della Bossi-Fini, ad esempio. Una volta che si identifica il problema del mantenimento della pubblica sicurezza con quello della gestione dei flussi migratori (!), la risposta che si decide di dare è penale: chi si viene a trovare in Italia in una situazione di illegalita diventa addirittura un criminale. Allo stesso modo, si è costretti a fare i conti con un fenomeno di violenza sulle donne che raggiunge livelli al di sopra di ogni media europea? Si risponde aumentando le pene per chi picchia o ammazza la moglie. E ancora, è la stessa logica per la quale dal momento che in venti anni non si è riusciti ad elaborare una proposta politica veramente alternativa a quella che Berlusconi, invece, è riuscito a costruire, allora si fa di tutto per farlo finire in galera. Ci vanno bene anche i servizi sociali. Anche vederlo raccattare le cartacce dai giardinetti. Tutto, pur di vederlo pagare. E che importa se l'eredità di tutto quello che ha costruito resterà intatta, se, fatemelo dire, accanirsi per vedere un ultrasettantenne in galera è quasi triste.

Il punto è che nell'Italia di oggi non potrebbe essere altrimenti. Nell'Italia dove tutti si eccitano per i blitz della Guardia di Finanza a Cortina ma dove ci si attacca alla cornetta della commercialista per sapere se la ristrutturazione della mansarda può essere detratta dalle tasse. Nell'Italia dove Travaglio e Grillo possono permettersi di vomitare sentenze di vita o di morte assegnando patenti di “cittadino modello” ma allo stesso tempo fanno i milioni, perché loro quelle sentenza le sparano nei teatri dove si paga il biglietto o sui libri di cui riscuotono i diritti d'autore. In un'Italia del genere, nessuno pare prendersi la briga di chiedersi il perché delle cose, capirne il motivo e magari provare a dare una soluzione che non sia solo una toppa. E quindi ecco che, dato che il bresciano medio, che non si ricorda che suo nonno dopo la guerra era andato a spalara carbone in Belgio, è convinto del fatto che gli albanesi che gli hanno rifatto il tetto abbiano rubato un posto di lavoro in realtà destinato a lui, si decide che gli immigrati è meglio se in Italia non ci mettano proprio piede. Non un tentativo di analizzare l'enorme ed affascinante fenomeno delle migrazioni con uno sguardo che si scosti dal nostro cortile di casa, che cerchi di comprenderne la portata sociale e di dargli una risposta vera ed inclusiva (e che magari coinvolga l'Europa, ma non solo perché non sappiamo gestire le barche che ci arrivano a Lampedusa dalla Libia). Non un solo tentativo di accantonare davvero il ventennio di Berlusconi, smettendo di fasciarci la testa per ogni uscita del Cavaliere e provando a debellare il marcio di cui si è intrisa la società. E allo stesso modo, non un tentativo serio di affrontare il dramma delle carceri. 

Ecco, è questo che io rimprovero al Ministro Cancellieri. Lo stare al gioco: il continuare a fare parte di un governo che strumentalizza un tema come quello dell'amnistia, non solo delicato di per sé, ma doppiamente importante se collegato ai dati allarmanti di sovraffollamento carcerario che abbiamo in Italia, per i giochini tra Letta e Berlusconi. Non troppo, francamente, l'essersi mossa, in quanto Guardasigilli, per salvare la vita di una donna in carcere (tutti i discorsi sul fatto che non sia una donna qualunque li tralascio: sappiamo tutti molto bene chi è Ligresti e sappiamo anche che il nome ha fatto il suo) ma quanto per il continuare ad intervenire sui singolo casi senza prendersi la responsabilità politica per come vanno le cose a livello di sistema. Se davvero è tanto sensibile al tema del rispetto dei diritti umani dei carcerati, perché non l'abbiamo sentita spendere due parole sull'effetto devastante che hanno la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi sulla situazione? Perché non un impegno vero, reale, nel tentativo di cercare pene alternative alla detenzione? Una riflessione che parta dal rispetto dell'essere umano, valore imprenscindibile, e che cerchi di arginare i fenomeni di devianza (che spesso hanno motivazioni sociali) partendo dal perché invece di infliggere pene sempre più severe.

Immagine tratta da www.ilgiornale.it

Ultima modifica il Venerdì, 08 Novembre 2013 22:39
Diletta Gasparo

"E ci spezziamo ancora le ossa per amore
un amore disperato per tutta questa farsa
insieme nel paese che sembra una scarpa"

Cit.

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