Protagonista della sinistra italiana, vivendo attivamente le esperienze della Federazione Giovanile Comunista, del PCI e poi di Avanguardia Operaia, Democrazia Proletaria, Rifondazione Comunista. Eletto deputato in parlamento e nel parlamento europeo, in passato presidente e membro di varie commissioni legate a questioni economiche e di politica internazionale.
Respingere le pretese tedesche sull’Europa
Dalla parte del popolo greco, di Syriza, del compagno Alexis Tsipras
Cinque anni di imposizioni di programmi di “austerità” alla Grecia da parte dei poteri europei, sempre più sottoposti a comando tedesco, ne hanno abbattuto il PIL del 25% e determinato un pesantissima crisi della condizione popolare. È semplice questione di buon senso concludere che il nuovo programma di “austerità” imposto da questi poteri incrementerà in Grecia crisi economica e crisi sociale, essendo esso totalmente in linea con i precedenti. Non solo: la quasi totalità degli osservatori economici nonché la Banca Centrale Europea e il Fondo Monetario Internazionale affermano che la crisi greca non rientrerà, a meno di una ristrutturazione del debito pubblico, cioè del suo consistente abbattimento o, quanto meno, della sua diluizione su tempi molto lunghi e di una riduzione tendente a zero degli interessi che ne vengono ai creditori.
Quali sono i motivi che hanno portato il governo della Germania a operare, per di più scavalcando apertamente i vari poteri esecutivi europei e operando con una brutalità mai vista in precedenza nell’Unione Europea, affinché la totalità di tali poteri e degli altri governi dei paesi della zona euro condividessero il nuovo programma e lo imponessero alla Grecia? Una risposta data a questa domanda da varie parti politiche e da vari osservatori è che il governo della Germania non intenda rischiare di trovarsi prossimamente in una situazione che veda l’“austerità” ovvero il “rigore” di bilancio non più praticati da parte di paesi importanti della zona euro, come Italia e Francia (parimenti uno sguardo minaccioso è rivolto da questo governo a Spagna, a Portogallo e a qualsiasi altro paese della zona euro suscettibile di vittorie elettorali di sinistra: se ciò avverrà, dice lo sguardo, il trattamento sarà analogo a quello della Grecia).
OXI
Non è semplice formulare in questo momento ipotesi valide sullo sbocco della trattativa, in realtà un conflitto di grande portata, che la Grecia ha in corso con i poteri europei e i governi dei paesi della zona euro. La posta per il governo greco sono le possibilità stesse di una sopravvivenza non miserabile della popolazione greca, mentre per i poteri europei è la prosecuzione incontrastata di un’Europa ferocemente antisociale, dominata dagli interessi del capitalismo tedesco e subordinata, tramite il Fondo Monetario Internazionale, agli interessi della grande finanza e delle grandi multinazionali del pianeta. Una piccola popolazione si è fatta capace a grande maggioranza, con quell’orgoglio di cui è stata storicamente capace in molti momenti, di ribellarsi, dopo anni di inaudite sofferenze, a poteri europei e nazionali protagonisti politici di quell’immenso apparato di sfruttamento del lavoro e di rapina delle risorse degli stati e delle popolazioni cui dobbiamo, mentre continua a crescere la produttività del lavoro, l’impoverimento di grandi masse popolari e il peggioramento delle condizioni di esercizio del lavoro, non solo in Europa ma in quasi tutto il mondo. Di
I curdi che quasi unici combattono in Medio Oriente contro l'ISIS sono per gli USA al tempo stesso alleati e terroristi
La citta curdo-siriana di Kobanê, attaccata improvvisamente nei giorni scorsi dai miliziani dell’ISIS, è stata liberata dalle milizie curde YPG e YPJ del PYD. Si è trattato da parte dell’ISIS, in tutta evidenza, di un’operazione diversiva, di alleggerimento della sua situazione diventata precaria nell’area centrale siriana da esso da tempo controllata e nella quale è la “capitale” siriana dell’ISIS Raqqa. Come sappiamo, nelle settimane scorse le milizie curde hanno conquistato l’area che divideva il cantone curdo-siriano di Kobanê dal cantone curdo-siriano orientale: in questo modo le milizie curde si sono garantite l’afflusso di armi e di rinforzi dal territorio curdo-iracheno di fatto indipendente, al tempo stesso hanno liberato quel tratto di frontiera con la Turchia attraverso il quale l’ISIS riceve rinforzi oppure manda a curarsi negli ospedali turchi i propri feriti. La sostanziale totalità dei rinforzi dall’Europa l’ISIS li riceveva attraverso la Turchia. Le forze dell’ISIS avevano la possibilità di andare avanti e indietro con la Turchia, di usarla per spostarsi da una parte all’altra della Siria, mentre la frontiera turca era bloccata quanto a possibilità che vi passassero rinforzi alle milizie curdo-siriane, inoltre avveniva che i curdi in fuga dall’ISIS dovessero accalcarsi sulla frontiera turca per settimane.
Sulla crisi greca, a botta calda
Le figure che in questi mesi, a nome di Consiglio Europeo (quota paesi dell’eurozona), Eurogruppo, Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale, singoli governi europei (di Germania e Francia) si sono confrontate con il governo di sinistra della Grecia sulle misure da realizzare per affrontare la crisi in cui questo paese versa, irrisolvibile con i suoi mezzi, sono partite tutte quante dal presupposto che la Grecia, cioè il suo governo e la sua popolazione, non fossero in grado di resistere all’imposizione di ulteriori misure di “austerità”, analoghe a quelle responsabili della sua crisi. Delle due l’una, stando al ragionamento dei poteri europei e dell’FMI: o il governo di Syriza si sarebbe piegato, buttando via il proprio programma elettorale, e, pur di rimanere in carica, avrebbe gestito una nuova dose di “austerità”, oppure questo governo sarebbe entrato in crisi e sarebbe stato sostituito con un governo disponibile, magari attraverso nuove elezioni. Infatti ciò che poteri europei ed FMI non hanno messo in conto è stato che il governo greco, pur disposto a un compromesso, avrebbe resistito e, di fronte all’impossibilità di un compromesso decente, avrebbe rinviato ogni decisione al popolo greco e al tempo stesso dichiarato l’inaccettabilità dal proprio punto di vista della posizione avversa, tanto più in quanto espressa in forma di fatto ultimativa, lesiva della sovranità greca, colonialista, essendo la Grecia tecnicamente a un passo dal default.
Notiziole fasulle e notizie vere dal Kurdistan siriano
La Stampa è il solo tra i grandi quotidiani a dare spazio in questi giorni alle notizie che vengono dal nord della Siria, dove lo Stato Islamico sta subendo una batosta militare da parte delle Milizie Curde di Autodifesa (YPG) e da un gruppo di soldati dell’Esercito Siriano Libero, una delle poche formazioni non fondamentaliste rimaste a combattere contro il regime di Assad. L’offensiva curda potrebbe addirittura liberare Rakka, la capitale in Siria dello Stato Islamico. I combattenti curdi siriani sono diventati beniamini mondiali, e la Stampa non è da meno tra quanti nell’universo mediatico li appoggiano. Le Milizie Femminili di Autodifesa (YPJ) del PYD sono state, in tutta evidenza, il migliore strumento di propaganda e di chiarificazione agli occhi del mondo di quel che la militanza politica e militare curda è nella sua interezza – un faro di massima civiltà in uno dei teatri più barbarici e micidiali del pianeta. Viene ora a incrementare il riconoscimento mondiale della realtà curda Selahattin Demirtaş, presidente dell’HDP, quel partito curdo di Turchia che non solo nelle recenti elezioni politiche ha più che raddoppiato i voti alle formazioni curde che l’hanno preceduto, ma che ha pure saputo unire a sé la frastagliata sinistra turca e aprire le sue liste alla totalità delle minoranze etniche e religiose della Turchia, alle persone omosessuali, ai giovani e alle donne protagoniste delle rivolte a Istanbul, alle associazioni per i diritti umani, assegnando così un colpo politico micidiale alla feccia fondamentalista e autoritaria guidata dal presidente-canaglia turco Erdoĝan.
Incubo europeo
Mi sarò svegliato male, ma sono pessimista circa lo sbocco del tormentone che oppone da mesi la Grecia alle istituzioni di governo europee, ai governi degli altri paesi dell’Eurozona e al Fondo Monetario Internazionale.
Opportunamente è diventato ragionamento diffuso persino sui mass-media italiani che lo scontro è pressoché esclusivamente politico. La Grecia, intanto, in qualsiasi modo esso possa chiudersi, non è in grado di uscire dal tunnel nel quale l’hanno infilata i suoi governi precedenti, l’UE nel complesso delle sue articolazioni esecutive e il FMI, senza una ristrutturazione del suo debito pubblico. La ragione è molto semplice: ciò che la Grecia paga di interessi quando vengono a scadenza i suoi titoli sovrani supera ciò che entra nelle sue casse; quindi se essa fosse un’impresa anziché uno stato avrebbe già portato i libri contabili in tribunale e chiesto l’apertura di una procedura fallimentare. Ho un’impresa indebitata poniamo per 100 milioni di euro, per continuare finanziarla, dovendo pagare ratei di macchinari, materie prime, salari, stipendi, energia, tasse, spendo in interessi alle banche per 20 milioni, in cassa vendendo quello che produco me ne entrano 10, ho speso ormai tutti i
Lo dice persino il Corriere, che la Grecia è obiettivo di un massacro economicamente insensato
Incredibile ma vero. Consiglio (per la prima volta nella mia vita) la lettura dell’articolo a pagina 11 del Corriere della Sera di ieri 27 aprile, a firma di Andrea Nicastro.
Vi si narra come il Credit Suisse (gruppo finanziario tra i primi al mondo) constati come la Grecia abbia raggiunto a fine marzo il pareggio di bilancio, grazie a un’attenta ripulitura di costi inutili e sprechi degli apparati pubblici e grazie alla rateizzazione dei debiti arretrati verso lo stato (tasse e contributi previdenziali di povera gente con pochi soldi), diluiti sull’arco di otto anni. Dunque non c’è nessuna ragione economica obiettiva che possa portare a chiedere alla Grecia, come fanno invece i ministri economici degli altri paesi europei e i funzionari di Banca Centrale Europea, Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale, cosiddetto Fondo Salvastati, di realizzare ulteriori tagli alla spesa pubblica in pensioni nonché aumenti dell’IVA, abolizione della contrattazione collettiva, privatizzazioni a svendere. Tra l’altro l’articolo osserva come si tratti di punti a suo tempo esclusi come necessari da trattare tra il governo greco di Syriza e le suddette entità europee, e come essi siano rientrati nella discussione plausibilmente per ordine politico cioè di governi.
Infuria l’attenzione mediatica, con scarne eccezioni, mi pare solo dal lato del Manifesto, sul tratto naïf dell’abbigliamento del ministro greco Varoufakis alle riunioni europee per il “salvataggio” della Grecia: in quanto prova provata, se ce n’era bisogno, del suo “comportamento dilettantesco” in queste riunioni. Da una parte la totalità dei ministri economici degli altri paesi, giacca, cravatta e toni di grigio ministeriale, a segnalare sobrietà, scientificità, conti precisi, desiderio di venire incontro ai greci ma su basi serie; dall’altro un simpatico ma ormai noioso comiziante che insensatamente insiste a difendere la popolazione greca dall’ennesimo assalto alla baionetta euro-germanico orientato, per il bene di essa, ovviamente, a farla definitivamente fuori.
Riescono a capirsi, mi sono chiesto in tutto il periodo che ci separa dalla vittoria elettorale di Syriza, Varoufakis e gli altri ministri economici europei? Perché la questione è molto semplice, ma al tempo stesso si tratta di un confronto tra posizioni e linguaggi inconciliabili, dove magari alcune parole sono le stesse, ma significano cose completamente diverse. Come, per esempio, le parole “ripresa dell’economia”. Significa anche ripresa dell’occupazione e del benessere sociale, oppure, concretamente, il contrario?
L’Unione Europea mostra davvero un volto definitivamente fallimentare e odioso, costruito anno dopo anno dalla voracità antisociale, dal nichilismo morale e dall’ottusità delle sue classi dominanti, dei loro ceti politici, dei suoi scribacchini e mezzi busti, delle sue burocrazie di Bruxelles, nell’infinita tragedia di popolazioni in fuga dall’annientamento e che continuano a lasciare migliaia di morti annegati nel Mediterraneo.
Bene la FIOM e la “coalizione sociale”, bene, parallelamente, la ricomposizione da accelerare della sinistra politica non settaria
La “coalizione sociale” ideata dalla FIOM è stata ufficialmente attivata il 14 marzo. Come già era da qualche tempo noto, le caratteristiche che i promotori (accanto alla FIOM, Libera, Emergency, ARCI, Libertà e Giustizia e altri ancora) hanno voluto dare alla “coalizione sociale” consentono l’appartenenza a essa solo di organismi non politico-partitici, comunque si definiscano. Le intenzioni primarie sono tuttavia, dichiaratamente, del tutto politiche: si tratta di creare nella società una capacità di resistenza davvero efficace alle politiche brutalmente antisociali e pericolosamente lesive della democrazia già operate dai governi di questi anni od oggi in cantiere da parte del governo Renzi, e si tratta di costruire una relazione tra le diverse figure lavorative sfruttate, oggi scomposte in una miriade di forme di lavoro e di rapporti contrattuali dove è dominante la precarietà, in una situazione in cui una sinistra politica di massa non esiste più da un pezzo e la sinistra politica di minoranza è stata ridotta all’impotenza e a un largo discredito sociale da una storia di ripiegamenti su se stessa, scissioni, eterne lotte di frazione, derive estremizzanti e settarie, illusioni sul ritorno a sinistra del PD. Educatamente la critica alla sinistra politica di minoranza non viene più dichiarata dai promotori della “coalizione sociale”, ma alcune sue figure rilevanti l’hanno messa qualche tempo fa per iscritto. Forse potevano evitarlo, poiché qualcosa sul terreno della ricomposizione della sinistra politica aveva cominciato a muoversi, per esempio con la costituzione sotto elezioni europee della Lista Tsipras. Non è che tutti quanti i promotori della “coalizione sociale”, poi, possano dichiararsi freschi politici totalmente estranei al disastro della sinistra italiana. Ma al tempo stesso la loro critica, implicita o esplicita che sia, è meritata. È ovvio, inoltre, che la costituzione della “coalizione sociale” sia anche una critica mossa alle sinistre PD, sostanzialmente inutili, talora più che ambigue.
Il Becco è una testata registrata come quotidiano online, iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Firenze in data 21/05/2013 (numero di registro 5921).