1) In un quadro di divisioni e spaccature la lista “L'Altra Europa con Tsipras” abbozza prove tecniche di unità a sinistra, nonostante tutte le difficoltà e le contraddizioni del caso. Lavoro, diritti e lotta all'austerità; quali prospettive per la sinistra di alternativa nell'Italia e nell'Europa che si appresta ad andare al voto?
Le difficoltà ci sono ed è palese; la sinistra che in questi anni si è opposta ai processi neoliberisti - soprattutto nel nostro paese – ha subito sconfitte e divisioni che l'hanno logorata. Al netto di ciò, di fronte alle riforme strutturali varate dalla Troika che investiranno le categorie sociali più svantaggiate di tutte le popolazioni europee, diventa doveroso aprire un processo che abbia come punto di riferimento il percorso politico, culturale ed organizzativo che ha visto la formazione di Syriza in Grecia. Proprio nel paese più colpito dalle imposizioni draconiane della Banca Centrale Europea, la sinistra è diventata punto di riferimento delle categorie sociali più colpite dalle politiche di austerità. In questo senso credo che Syriza non debba essere solo un punto di riferimento simbolico, ma che i contenuti anti-liberisti che hanno contraddistinto quell'esperienza politica dovranno caratterizzare il nostro percorso. Alla luce della drammaticità del quadro politico ed economico, è nostro compito dar vita ad un progetto in grado di rappresentare una seria alternativa alle politiche di austerità, come i piani di privatizzazioni selvagge e di smantellamento del welfare al vaglio del Governo Renzi.
2) Conclusa l'esperienza del secondo Governo Prodi, le sensibilità politiche collocate a sinistra del Partito Democratico hanno avviato una fase caratterizzata da scontri e da fallimentari tentativi di costruzione di uno spazio politico comune. Dalla Federazione della Sinistra ai disastrosi tentativi di unità quantomeno elettorale, il frammentato universo della cosiddetta sinistra diffusa ritenta oggi il cammino unitario attraverso l'esperienza della Lista Tsipras. Ma nonostante gli auspici del leader di Syriza (“E' di sinistra tutto ciò che unisce non ciò che divide”), il cammino per l'unità anche questa volta risulta tutt'altro che in discesa; secondo il suo punto di vista, può questa lista contribuire alla costruzione di uno spazio politico a sinistra del PD la cui esistenza non sia limitata all'appuntamento elettorale?
Se non fosse così e la prospettiva non fosse quella di utilizzare questo palcoscenico elettorale per tentare di avviare un processo di ricostruzione sia politico che contenutistico, sarebbe un tentativo inutile, l'ennesima occasione sprecata da parte della sinistra antagonista. Non parlerei di ultima spiaggia ma il fallimento di questo percorso vedrebbe crollare la possibilità di ricostruire uno spazio politico dal basso. L'esperienza della Lista Tsipras non può essere minimizzata ponendola come una mera sommatoria dei soggetti che sostengono questo percorso, ma l'auspicio è quello di rimettere in gioco tutte quelle soggettività e quei movimenti sociali che si stanno ponendo nei territori rispetto ad alcuni processi neoliberisti, penso alle proteste contro le delocalizzazioni delle fabbriche e la costruzione delle grandi opere come la Tav e il MUOS. In tal senso la straordinaria vicenda di Messina può rappresentare un modello; un'esperienza nata dal basso, sulle ceneri del movimento No Ponte e che ha portato all'elezione di un sindaco antimilitarista, pacifista e non violento attraverso la collaborazione di un'area molto vasta della sinistra antagonista da Rifondazione Comunista ai movimenti ambientalisti passando per l'adesione di comuni cittadini. La riproposizione sul piano nazionale di quell'esperienza, anche attraverso l'occasione della lista Tsipras, può dare risposte concrete di ricostruzione di uno spazio politico comune le cui differenze di chi vi aderisce vengono rispettate; in questa fase non si deve puntare alla costruzione di un partito unico ma ad un fronte ampio dove le diversità vengano riconosciute ma che di fatto ci si unisce perché il progetto centrale è quello di rimettere in discussione il modello neoliberista.
3) La sua è una delle figure più autorevoli e stimate del movimento NO MUOS, gruppo di cittadine e cittadini che si oppongono alla realizzazione del pericoloso sistema di comunicazioni satellitari americano. Attraverso il suo lavoro di giornalista ha denunciato in più occasioni le violazioni della Costituzione perpetuate da chi ha perseguito con tenacia la costruzione del MUOS, sistema che in una recente intervista ha descritto come “strumento di guerra ad uso esclusivo dell'esercito statunitense in territorio italiano”. Al netto di questa dichiarazione - e dell'evidente determinazione americana nel militarizzare l'area del mediterraneo - quali sono secondo lei i progetti che si nascondono dietro all'ampliamento della base di Niscemi? E in merito al MUOS e al ruolo geo-politico della Sicilia, quale modello contrapporre al mediterraneo militarizzato proposto dalla potenza statunitense?
Il MUOS è soltanto la punta dell'iceberg; è in atto un processo molto più complesso che investe la Sicilia e le sue isole minori e che punta a trasformarla nella portaerei avanzata di un'area geo-strategica che va dal continente africano al Medio Oriente fino al sud-est asiatico. Nei piani americani vi è il progetto di perpetuare un modello di intervento militare di controllo e sfruttamento intensivo delle risorse, sperimentando nuove strategie. Penso ad esempio all'operazione “Mare Nostrum” e al tentare di spostare la frontiera dell'Europa nel mediterraneo, in funzione non di contenimento ma di impedimento reale delle partenze dal continente africano. L'operazione “Mare Nostrum” è una vetrina del complesso militare industriale ma è anche l'occasione di fatto per cambiare le politiche migratorie con un un ulteriore giro di vite, riproponendo la guerra ai migranti e all'immigrazione. Il MUOS e la dronizazzione della Sicilia sono gli elementi che spingono la totale automatizzazione dei conflitti in una strategia di guerra che per la prima volta consegnerà il diritto di vita o di morte, di pace o di guerra alle macchine, a cui di fatto le forze armate americane pensano di delegare non soltanto l'esecuzione ma anche la gestione e la decisione formale di quando e come attaccare. Per tanto ci rendiamo conto di come la Sicilia sia un importante laboratorio politico e di come sia essenziale porre all'attenzione internazionale la drammaticità di questo nuovo processo di militarizzazione. L'imminente appuntamento elettorale ci offre l'occasione di portare a Strasburgo la denuncia di questo nuovo ruolo della Sicilia.
4) Nella vicenda di Niscemi notiamo sin dagli esordi la totale assenza dello Stato e l'ingombrante quanto puntuale presenza della criminalità organizzata. Nei suoi articoli, ad esempio, si parla spesso della Calcestruzzi Piazza, azienda priva della certificazione antimafia già comparsa nell'indagine "Mercurio-Atlantide", che ha collaborato alla costruzione del MUOS. Così come per altri oscuri capitoli della storia siciliana, possiamo parlare di questo processo di militarizzazione come di una partita in cui Stati Uniti e mafia rappresentano due entità il cui controllo del territorio ha di fatto isolato lo Stato e svuotato di ogni significato il concetto di sovranità?
Più che di uno Stato isolato parlerei di uno Stato che ha delegato alla mafia dal '43 ai giorni nostri la gestione dell'ordine pubblico in Sicilia. La criminalità organizzata è stata messa di fatto nelle condizioni di fermare, anche con la violenza, l'evoluzione dei vari movimenti sociali – penso alle rivolte contadine - e di impedire l'attività di figure importali come quelle dei giornalisti e dei politici; pe\nso ad esempio a Pio La Torre che aveva già denunciato apertamente il ruolo geo-strategico della Sicilia e il connubio tra mafia e militarizzazione. Non parlerei quindi di un'esautorazione delle istituzioni, ma di uno Stato rappresentato da quelle organizzazioni criminali con cui di fatto ha sempre trattato. Nelle vicende di Niscemi la presenza dello Stato si è caratterizzata per l'azione delle istituzioni repressive come i tribunali, che invece di condannare le organizzazioni criminali, hanno colpito chi si è opposto alla militarizzazione del territorio. Lo Stato è presente attraverso chi, non da oggi con la vicenda del MUOS ma dal '43 ai giorni nostri, impedisce lo sviluppo di quei movimenti che puntano alla riappropriazione dei beni comuni o che si oppongono ai processi di militarizzazione. Quando l'adesione a questi movimenti diventa considerevole, scattano le forse repressive; è stato così con Mauro Rostagno, che aveva denunciato il ruolo geo-strategico di Trapani nei traffici internazionali di droga e armi gestiti da pezzi dei servizi segreti, è stato così con Pippo Fava, che attraverso il suo lavoro di giornalista si è battuto contro l'installazione dei missili a Comiso denunciando il ruolo delle borghesie mafiose. E' una storia che si ripete e la vicenda del MUOS credo che chiuda il cerchio. Nel nome di Peppino Impastato praticare l'antimafia sociale significa stare nel ruolo reali dove si vivono le contraddizioni, in questo senso il presidio di Niscemi è uno dei luoghi reali dove l'antimafia è stata praticata ed ha pagato la repressione da parte dello Stato.
Illustrazione di Guglielmo Manenti liberamente tratta da Anarcomedia.wordpress.com