In una fase iniziale abbiamo tentato di accompagnare alla testata e alle nostre iniziative una cronaca di quello che avveniva nei nostri territori, avviando una sperimentazione in Toscana ormai interrotta da tempo. Raccogliamo qui tutti gli articoli archiviati secondo le categorie di allora, aggiungendo tutto quello che si lega a questa regione e che pubblichiamo ancora.
Immagine liberamente ripresa da wikimedia.org
Nel pomeriggio del 20 hanno manifestato sotto palazzo vecchio i Cobas ATAF regalando al sindaco di Firenze, Matteo Renzi, un libro di barzellette, poiché in seguito alla dichiarazione informale dell’esubero dei lavoratori Renzi aveva risposto: “barzellette”.
Ed eccole le barzellette: l’azienda Ataf Gestioni che si occupa del trasporto pubblico fiorentino ha annunciato in data 20/12 un piano industriale che prevede 194 esuberi su di un personale di 1181 dipendenti e con l’aumento del costo del biglietto singolo da 1,20€ a 1,50€ e un aumento del 10% del prezzo degli abbonamenti. Di questi 194, 59 sono autisti e 135 sono personale che lavora a terra.
Il fatto però che aggrava la condizione dei lavoratori è la mancanza di ammortizzatori sociali. L’azienda si giustifica dicendo che la perdita annua è di circa otto milioni e mezzo e che, con il piano appena annunciato, sarebbe previsto un risparmio annuo di circa sette milioni di euro. Insomma la politica dell’azienda è chiara: trasformare quello che dovrebbe essere un servizio al cittadino, in uno strumento finalizzato al profitto che oltre ad aumentare i prezzi diminuisce l’offerta a quei cittadini che non abitano vicino al centro e che perciò devono ricorrere a mezzi privati.
La domanda che ora sorge spontanea è: come mai non sono previsti ammortizzatori sociali? I fondi che servono come sostegno ai lavoratori esuberati dovrebbero essere contrattati dall’azienda nel caso sia previsto nel piano industriale il reintegro dei lavoratori dopo un certo periodo di tempo, ma il problema è che nel piano industriale questa ipotesi non sembra essere considerata, ed è solamente previsto il possibile trasferimento di alcuni degli autisti esuberati in Germania e in Italia.
L’azienda può permettersi questa condotta autoritaria che esclude lavoratori e sindacati, poiché sin dal bando di gara per la privatizzazione dell’azienda, che adesso è sotto BusItalia, era assente la clausola sociale la quale avrebbe abbassato il prezzo di vendita dell’azienda pubblica. La RSU aveva già previsto e annunciato che sarebbero state queste le conseguenze della privatizzazione dell’azienda e ora si attendono risposte dalle istituzioni, comune e regione, per cercare di alleviare il disastro imminente.
Il rottamatore è andato rivendicando la vendita del servizio del trasporto, un po' accusando la Regione, un po' descrivendo il trasporto pubblico come un peso per le casse comunali . Ataf è così finita nelle mani di Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie, rinviato a giudizio in questi giorni per la strage di Viareggio. Ottimo risultato.
“Questo inceneritore non s'ha da fare”. E' questa la notizia, pienamente confermata, che ha raggiunto Castelfranco da Firenze, sede del Tar al quale erano giunti gli appelli di Comune, Comitato Antinquinamento e Rifondazione Comunista.
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In questo periodo così strano per tutta la nostra società fatto di proclami ed imbonitori, di facce nuove travestite da facce vecchie, di facce vecchie che non riescono proprio a sembrare nuove, il concetto che mi torna in mente più spesso è quello di cittadinanza attiva.
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Il Coordinamento nazionale per la difesa della sanità pubblica è nato a Firenze il 5 settembre del 2012, quindi molti mesi prima delle dichiarazioni di Monti sulla necessità di rivedere (tagliare) uno dei migliori (finora) sistemi pubblici europei di cura, assistenza e prevenzione.
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Dall'11 dicembre se siete a Firenze e la sera volete bere una birra (o banalmente volete comprare da bere per cena) state ben attenti a farlo prima delle ore 21.15. Ora fatidica in cui scatta il coprifuoco imposto dal caro, giovane, Matteo Renzi.
Si ringrazia www.laprospettiva.eu per aver condiviso la pubblicazione dell'articolo con noi
Firenze è una delle realtà problematiche per il “quarto polo”. All’assemblea di sabato si sono incontrate e scontrate le differenze tra i compagni di Rifondazione Comunista e i promotori della nascente ALBA. Entrambe le organizzazioni contano un radicamento storico nel capoluogo toscano, non a caso il teatro in cui si è svolto l’incontro contava più di 200 presenze.
Ha aperto Lorenzo Guadagnucci, giornalista noto principalmente per l’impegno nel “Comitato Verità e Giustizia per Genova” e uno dei promotori dell’appello “Cambiare si può”. Nella relazione di apertura si è scelto di partire dagli elementi che uniscono le diverse anime riunite: la necessità di opporsi ad una fase di aggressione dei diritti (politici, sindacali e sociali), attraverso l’organizzazione di una lista che sia punto di riferimento per tutti quelli che nel corso degli ultimi anni si sono opposti alle scelte dei governi Berlusconi e Monti, dimostrando l’esistenza di un’alternativa di sinistra nel Paese, anche se non rappresentata in Parlamento. Si propone di lavorare per una lista di militanza e cittadinanza attiva, che candidi militanti e lavoratori rispettando un equilibrio di età e di genere.
La questione della parità tra i sessi viene fatta rigidamente rispettare. Gli interventi sono alternati nella scaletta preparata: un uomo, una donna. Questo fa saltare l’ordine di iscrizione e dubbi sulle modalità di scelta vengono esplicitate da parte della platea, creando dieci minuti di caos nella sala. C’è chi se ne va, chi resta rassegnato e chi alla fine ottiene di parlare nella prima parte dell’assemblea, dedicata ai dieci punti del manifesto programmatico (mentre nella seconda parte si discute della questione più spinosa riguardante le liste elettorali).
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