In una fase iniziale abbiamo tentato di accompagnare alla testata e alle nostre iniziative una cronaca di quello che avveniva nei nostri territori, avviando una sperimentazione in Toscana ormai interrotta da tempo. Raccogliamo qui tutti gli articoli archiviati secondo le categorie di allora, aggiungendo tutto quello che si lega a questa regione e che pubblichiamo ancora.
Immagine liberamente ripresa da wikimedia.org
Se alle Acciaierie Lucchini di Piombino l'altoforno potrà riaccendersi fra un mese, alla Seves di Firenze lo spegnimento del forno fusorio rischia di essere definitivo. Sarebbe la fine della produzione, e del lavoro per 106 fra operai e impiegati. I mattoni in vetro-cemento che escono dalla fabbrica di Castello, cuore produttivo dell'intero gruppo industriale, finirebbero nell'album dei ricordi. Nonostante abbiano ancora mercato, e siano considerati come un prodotto di alta qualità. Tutte queste considerazioni sono state riassunte nel grande volantino “Un'eccellenza fiorentina mandata in rovina, storia di un vetro infranto”, affisso ai cancelli dal presidio-picchetto operaio che ha deciso di fare resistenza nonviolenta. Per impedire ai tecnici di spegnere il forno.
Cosa ha messo in difficoltà la Seves? I vertici dell'azienda si giustificano dicendo ai sindacati che c'è una crisi di liquidità. Talmente forte che, secondo alcune voci, da gennaio l'intero gruppo industriale potrebbe essere dato in pegno alle tre principali banche creditrici. I lavoratori denunciano invece la persistente assenza di un piano industriale, e lo spostamento di grandi quantità di merce dallo stabilimento di Firenze verso un altra fabbrica Seves in Repubblica Ceca.
Mai si sarebbe pensato di vedere del nero fra tanto rosso, anche quando il rosso ha cominciato a sbiadire. Eppure, da qualche tempo, c'è un nuovo movimento che agita le acque fra Valdera e Valdarno. Insediatosi nel 2008 a Pontedera, con l'apertura di una sede a due passi dal corso e fra le polemiche dei soliti noti, Forza Nuova, il partito “nero” dell'ultradestra fondato da Roberto Fiore, ha cominciato da quel momento a far parlare di sé dentro e fuori i confini comunali.
L'ultima iniziativa, nella notte fra il 12 ed il 13 dicembre, l'affissione a Santa Croce Sull'Arno di uno striscione anti-Monti, inneggiante a quella “rivoluzione” con la quale l'organizzazione tanti proseliti fa fra i più giovani. Un piccolo gesto, esclusivamente simbolico e al più seguito da un breve comunicato cui peraltro subito hanno fatto da contraltare le condanne del mondo politico. Iniziativa che, ciononostante, ha rappresentato la prima vera e inedita iniziativa del partito neofascista nella Zona del Cuoio.
Poco tempo prima, appena un mese fa, era stata proprio Pontedera la scena di un'altra e più preoccupante incursione. Un piccolo ma agguerrito gruppo di militanti, fra cui anche alcuni volti noti del movimento provenienti dalla lucchesia, era entrato a sorpresa all'interno del Teatro Era, gremito in quell'occasione di bambini migranti con le rispettive famiglie, partecipanti ad una cerimonia di consegna di attestati di cittadinanza onoraria ai 603 figli d'immigrati nati in Italia. Una manifestazione nata sulla scia della raccolta di firme nazionale per l'appello “Italia sono anch'io”, campagna per il riconoscimenti dei diritti di cittadinanza. Gli esponenti di Forza Nuova, dopo aver apertamente contestato l'iniziativa ed aver tentato di distribuire dei volantini, sono stati respinti dal servizio d'ordine del teatro. [QUI IL VIDEO]
Nel 2004, dopo anni di dibattiti e proposte di leggi, viene approvata la legge 40 sulle tecniche riproduttive: è una delle leggi più restrittive al mondo, sia per i criteri di accesso sia per le tecniche permesse. La legge 40 sceglie fin dal nome da che parte stare: Norme in materia di procreazione medicalmente assistita e la scelta terminologica veicola una posizione concettuale ben precisa. La procreazione è intrisa di religiosità e sarebbe preferibile parlare di riproduzione, parola che denota il processo che porta alla formazione di un individuo maturo sessualmente o la fecondazione dei gameti sessuali.
E non solo è quella più ristrettiva, è anche quella più contestata: cinque volte è finita sui banchi della Corte Costituzionale (nel 2005, due volte nel 2009 e una nel 2010 e infine a maggio 2012); se poi si considera anche i ricorsi per altre parti della legge siamo già a 17 bocciature, compresa quella di Strasburgo.
Ma questi continui e indispensabili attacchi non sono finiti.
Ieri (12 dicembre 2012) il Tribunale di Firenze ha rinviato alla Corte Costituzionale la decisione di pronunciarsi su due aspetti della legge.
La zona ad ovest di Firenze che comprende Scandicci e Le Signe (nome che include i due comuni di Lastra a Signa e Signa), ormai praticamente divenuta l'estrema periferia dell'area metropolitana fiorentina, ha sempre rappresentato uno snodo cruciale per le attività produttive della città ed i contatti con l'area dell'empolese e quelle costiere di Pisa e Livorno. La posizione strategica e la vicinanza con Firenze hanno fatto sì che la zona fosse scelta come sede di numerose imprese.
In passato l'area delle Signe era nota per la lavorazione della paglia, sia a livello artigianale che industriale, e per la presenza di un'importante fabbrica bellica come la Nobel. Questi due settori assorbivano, fino al termine della Seconda Guerra Mondiale, gran parte dei lavoratori della zona. Dal dopoguerra le industrie di riferimento erano invece diventate per Lastra a Signa la ceramica, tuttora fiorente nel vicino comune di Montelupo, e le calzature, particolarmente diffuse nella frazione collinare di Malmantile, per Signa la maglieria, attività ancora ben radicata sul territorio.
Il comune di Scandicci, che in poco tempo, a cavallo fra gli anni ’50 e ’70, è passato da 18.000 a 50.000 abitanti, ha visto invece perdere la sua forte caratteristica di comune mezzadrile con il proliferare di molte industrie nei settori più disparati: dagli elettrodomestici ai macchinari industriali ai trasporti fino alla lavorazione della pelle e al tessile.
“Non vi è libertà ogni qualvolta le leggi permettono che, in alcuni eventi, l'uomo cessi di essere persona e diventi cosa”
Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene
Se a trent’anni prendi un fornellino in mano e ti dai fuoco, volontariamente, significa che qualcosa non va. E come non pensare che, se a darsi fuoco lo scorso 23 novembre è stato un ragazzo recluso nel “rinomato” carcere di Sollicciano, molto probabilmente le condizioni all’interno della struttura non hanno influito nella decisione?
Il carcere della città di Renzi è ormai argomento trattato frequentemente dai giornali locali. Il problema del sovraffollamento ha raggiunto dimensioni tali da non renderlo più gestibile: dove ci sarebbe posto per ospitare 450 detenuti, ne sono stipati, ad oggi, circa mille. Gran parte di queste persone sono state condannate per reati minori: molti sono stranieri per i quali, essendo questi in attesa di giudizio (si calcola che circa il 40% dei detenuti sia in questa condizione), non sono previste forme di pena alternative (come i domiciliari).
Considerando quindi lo stato delle cose, come meravigliarsi se le persone che sono costrette tra le sbarre in condizioni simili, ricorrono anche all’ultimo strumento di protesta che resta loro, lo sciopero della fame? Da settimane oramai i detenuti, assieme al Garante fiorentino dei Diritti dei Detenuti, Franco Corleone, e ad alcuni deputati, hanno iniziato uno sciopero della fame a staffetta che continuerà fino a quando il governo non presterà attenzione alle loro richieste. Richieste molto semplici, che sono state ritenute più che condivisibili anche dal Consiglio Superiore della Magistratura. Dato che il sovraffollamento è dovuto alla grande presenza di detenuti condannati per reati relativi alla legge Fini-Giovanardi sulle droghe, sarebbe gesto ragionevole de-criminalizzare alcune condotte o quantomeno prevedere per certi reati forme di pena alternative.
Premettiamo subito una valutazione di insieme: la Toscana continua ad evitare gli scogli più rischiosi della crisi, ma è solidamente agganciata al convoglio del declino europeo, da cui, in questa fase non è possibile sganciarsi, e comunque non sarà facile farlo neanche in futuro. Infatti i dati fondamentali della crisi e del suo svolgersi sono determinati da una parte dalle politiche economiche nazionali ed europee di tipo recessivo, dall’altro dalla composizione strutturale del sistema produttivo.
Le politiche possono incidere solo con gradualità e lentezza sul secondo aspetto; sul primo aspetto è evidente come una svolta forte potrebbe essere resa possibile solo in un gruppo di paesi sufficientemente forti (e comunque è improbabile che succeda qualcosa prima delle elezioni tedesche). Tuttavia, fra i costi della crisi vanno senz’altro imputati anche quelli di un continuo degrado delle capacità produttive e delle condizioni sociali che le politiche dominanti non possono e non vogliono evitare. Ma vediamo alcuni dati fondamentali che descrivono lo stato dell’economia toscana in questi frangenti.
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