In una fase iniziale abbiamo tentato di accompagnare alla testata e alle nostre iniziative una cronaca di quello che avveniva nei nostri territori, avviando una sperimentazione in Toscana ormai interrotta da tempo. Raccogliamo qui tutti gli articoli archiviati secondo le categorie di allora, aggiungendo tutto quello che si lega a questa regione e che pubblichiamo ancora.
Immagine liberamente ripresa da wikimedia.org
Ben 108 pagine per ribaltare due anni di sentenze. E' con questo libello che la Regione Toscana ha deciso di impugnare la sentenza del Tar sul pirogassificatore Waste Recycling fra Castelfranco Di Sotto e Santa Croce sull'Arno.
Dopo l'annullamento dell'autorizzazione al contestatissimo impianto, decretato con la sentenza dello scorso 23 dicembre e a seguito dei ricorsi effettuati dal Comune di Castelfranco, dal Comitato e da Rifondazione Comunista. La Regione a sorpresa prende iniziativa nel tentativo di salvare l'impianto in attesa della decisione del Consiglio di Stato [A MARGINE IL TESTO DELL'IMPUGNAZIONE]. Tutto questo, si noti, prima che la stessa azienda abbia presentato alcunché.
L'ultima e definitiva decisione in merito al pirogassificatore, infatti, sarà pronunciata dal terzo grado di giudizio fra alcuni mesi, probabilmente nel 2014, a seguito della già annunciata volontà dell'azienda di ricorrere. In attesa di quella data, che segnerà una volta per tutte la fine di una diatriba durata oltre due anni, la sentenza del Tar di dicembre impone, nei fatti, uno smantellamento delle strutture. L'impianto (lo ricordiamo) era stato completato, malgrado il processo fosse in corso, in virtù di una sentenza del Consiglio di Stato di maggio. Mentre il processo sulla legittimità dell'autorizzazione si stava ancora sviluppando, in parallelo il procedimento sulla “sospensiva” dei lavori di costruzione del pirogassificatore era, nel corso del 2012, andato avanti, vedendo prima prevalere in toto le ragioni dei ricorrenti “contro” e poi, in Consiglio, assistendo al parziale riconoscimento dei diritti dell'azienda a chiudere gli appalti con le aziende interessate alla costruzione. In parole povere il Consiglio di Stato aveva riconosciuto all'azienda il diritto a finire l'impianto, fermo restando che esso non poteva essere attivato finché non fosse finito il processo.
Adesso, a sentenza pubblicata, non resterebbe che smantellare tutto coerentemente con la decisione dei giudici, anche con l'eventuale pendenza di un ricorso. Ed ecco che in questi giorni entra in scena la Regione Toscana, che fa formale richiesta di appello nel tentativo di ottenere una sospensione dei lavori (questa volta di decostruzione) in attesa che anche il Consiglio si esprima sulla vicenda. Una decisione che potrebbe avvenire già a metà febbraio.
Fra le ragioni messe in campo dagli avvocati della Regione vi sarebbero quelle legate, in particolar modo, alla natura sperimentale dell'impianto. Asse portante dei ricorsi, il fatto che l'inceneritore potesse essere definito sperimentale aveva rappresentato per i giudici una ragione sufficiente affinché l'iter effettuato venisse considerato nullo. L'autorizzazione, infatti, è stata data dalla Provincia, mentre secondo il Tar avrebbe dovuto essere a carico della Regione. Non a caso buona parte del ricorso verte direttamente o indirettamente su questo punto, nel tentativo di evidenziare come “la pirogassificazione sia oramai una tecnologia matura e consolidata nel mondo”.
Sdegno, ovviamente, da parte di comitati e ricorrenti, che nel migliore dei casi si limitano a porre domande (evidentemente retoriche) al presidente della Regione Toscana Enrico Rossi.
«Apprendiamo con immenso sdegno che la Regione Toscana ha impugnato la sentenza del Tar. Toscana che nel dicembre scorso aveva annullato l'autorizzazione per l'impianto di incenerimento rifiuti di Castelfranco di Sotto – scrive l'avvocato Luca Scarselli dell'Unione Inquilini, organizzazione che appoggiava il ricorso di Rifondazione Comunista. – Non comprendiamo questo “accanimento terapeutico” in favore di due società private. Il caro presidente Rossi deve oramai rispondere a varie domande e visto che non ha ancora mantenuto la sua promessa di un incontro pubblico, gliele rivolgiamo direttamente. Ci chiediamo perché la Regione Toscana difende così spudoratamente un impianto così piccolo, definito da un grande esperto come un “semplice forno per pizze”? Dove sta l'interesse regionale in tutto ciò? Non dovrebbe forse la Regione ed il suo presidente avere un atteggiamento imparziale?Forse dobbiamo tragicamente e polemicamente annunciare la morte della imparzialità? Difatti, abbiamo visto tanto. Abbiamo visto il presidente Rossi “mettere la faccia” in un simile impianto ed i cittadini stupefatti chiedersi il perché. Abbiamo visto il presidente Rossi presentarsi ad una conferenza stampa congiunta con la società Nse Industry, in cui lavora l'ex assessore regionale Agostino Fragai, e sponsorizzarla nella misura in cui fa una società di scarpe sponsorizza un giocatore di calcio. Ed ora vediamo la Regione Toscana che prende l'iniziativa per impugnare la suddetta sentenza del Tar, e vogliamo sottolineare che la Regione Toscana prende l'iniziativa per l'impugnazione (!!), dovesse questo particolare sfuggire ad i cittadini. Non si preoccupi caro sig.Rossi non vogliamo insinuare niente e nei confronti di nessuno, ma solo pretendiamo delle rispose visto che siamo cittadini e non sudditi».
Evidentemente sorpreso anche il Comitato Antinquinamento:
«Dopo la vittoria che avevamo ottenuto presso i tribunale della toscana, sapevamo che la ditta Waste Reciclyng prima o poi avrebbe nuovamente fatto ricorso al consiglio di stato a Roma: è nei suoi diritti, ma mai avremmo immaginato che a notificare il ricorso sarebbe stata la Regione Toscana con la firma del suo presidente Enrico Rossi. – spiega Aurora Rossi, presidente del Comitato – Quale è il suo interesse? Certo, a meno di un mese dalle elezioni politiche, deve essere grosso e noi vogliamo saperlo! Venga a spiegarcelo, caro presidente Rossi il perché lei continua a difendere e con tanto accanimento una industria privata. E’ tanto tempo che la aspettiamo, aveva promesso di venire, ma evidentemente o ha paura o non ha spiegazioni da darci, ma ora scusi , ma noi vogliamo saperlo, perché lei ha varcato il segno! Lei continua a favorire una ditta privata spendendo soldi pubblici! Sinceramente, lei crede che sia’ questo il suo ruolo di presidente di regione? Lei dovrebbe avere altre cosa da fare o da pensare che non siano la Waste Reciclyng o la NSE costruttrice di inceneritori! Con questo nuovo ricorso la regione toscana ha chiesto la sospensione della sentenza del Tar e il tempo in cui verrà trattata potrebbe essere già la prima settimana di febbraio, nel caso in cui poi il consiglio di stato a Roma sospendesse la sentenza del TAR, l’inceneritore potrebbe essere messo in funzione. E questo è sbalorditivo! Perché questa mossa? Dove è l’interesse comunitario? Che interesse ha la regione toscana nella figura del suo presidente Enrico Rossi perché la ditta Waste Reciclyng di Castelfranco di Sotto ottenga a tutti i costi il permesso ad incenerire i rifiuti? Lascio ai lettori ma ancora di più agli elettori delle prossime elezioni, le deduzioni e le risposte. E’ certamente possibile capire l’interesse della ditta, ma non certo quello di Enrico Rossi! Inoltre, nella precedente sentenza il TAR aveva sentenziato che era la Regione Toscana ad essere competente al rilascio dei permessi per l’incenerimento dei rifiuti, e non la provincia, come in effetti era avvenuto; ora con questo ricorso la regione smentisce se stessa e noi restiamo sempre più stupefatti di chi ci amministra e dalle continue scelte di certi politici».
Intanto su Facebook, nel tam tam su internet e negli indirizzari, circola da ore un appello a ribellarsi e manifestare la propria contrarietà alla decisione della Regione.
United Colors Of Commons, il titolo di una tre giorni organizzata per “rigenerare dal basso una nuova idea di società”, al Colorificio Liberato di Pisa. Numerosi gli spazi di riflessione, iniziativa, socialità e dibattito, per provare a tenere insieme una visione di insieme, fatta di proposte ed esperienze concrete.
Come Il Becco siamo stati invitati a partecipare all’appuntamento di sabato (Disinformiamoci: tracce di ricerca per un'informazione desde abajo). Ovviamente eravamo presenti, anche durante gli altri giorni, per ascoltare e capire. Abbiamo preferito non intervenire direttamente perché poco è il vissuto da raccontare e molto è quello che dobbiamo capire, rispetto alle nostre possibilità e capacità.
Molti gli elementi utili che sono emersi, anche in relazione al nostro progetto, a partire dal ruolo di internet (“come il meteorite per i dinosauri, rispetto alla carta stampata”, per usare le parole di Ramonet che sono state citate).
Gli esempi concreti sono molti e altri vengono richiamati (come nel caso di la Repubblica, nel pieno della crisi della carta stampata ma incapace di andare in attivo anche con il proprio sito, nonostante le numerose visite). La chiusura di Carta, Liberazione e la situazione de il manifesto raccontano di un terremoto che ha fatto crollare anche un pezzo della sinistra italiana.
Gigi Sullo (DKm0) parla di un modello che deve essere completamente ripensato, creando proposte editoriali che abbiano il loro cuore sul web e utilizzino il cartaceo come stampella o supporto (evitando la trappola della distribuzione nelle edicole).
Gli fa eco Anna Pizzo (sempre di DKm0), che torna sulla necessità di rinunciare a quelle che chiama "resistenze culturali e ideologiche del mondo dell’informazione", evidenziando la peculiarità di una filiera i cui meccanismi sono di difficile comprensione e sostanzialmente non controllabili.
Il Collettivo Desinformemonos esce dall’Italia, descrivendo un progetto che dal 2009 ad oggi ha messo insieme giornalisti, attivisti ed intellettuali dei movimenti sociali di molti paesi nel mondo (dal Messico all’Italia, dal Giappone alla Grecia, passando per quasi tutti i continenti). Il punto di forza è il rifiuto del potere, attraverso un giornalismo di base che rifiuta il principio della neutralità (e quindi dell’obbiettività), facendo della comunicazione anche una forma di organizzazione delle varie forme di resistenza e protesta.
Ci sono realtà di “altra economia” (Comune.info) che hanno sentito la necessità di non farsi raccontare ma dirsi direttamente, creando una comunità virtuale che è rete di esperienze e non soggetto, necessaria per superare definitivamente l'idea di chi crede che forme di economia alternative siano un passatempo, anziché un’alternativa. Ci sono poi esperienze di “altra politica” (AltraCittà), nate nelle politiche amministrative, fuori dai partiti. In entrambi i casi emerge la necessità di uscire dall’arcipelago di “isole”, provando a costruire un sistema che viva nella complessità delle numerose esperienze nate, guardando a un modello di sostenibilità economica fatto di appuntamenti di autofinanziamento e sottoscrizioni che facciano dei lettori parte attiva (coinvolta) dei progetti di informazione e comunicazione.
Vilma Mazza interviene per Global Project ma ha una storia che viene dalle radio libere. Insiste sulla necessità di utilizzare la multimedialità, facendo dell’informazione di parte una pratica capace di finanziarsi con appuntamenti come quello del festival di Sherwood, che ha dietro 30 anni di attività.
Si evidenzia la necessità di non rinchiudersi nell’illusione dell’autosufficienza, accentando l’idea della parzialità di ogni progetto, da collegare ad altri, rifiutando la pratica dell’autoinganno, che talvolta accompagna alcuni movimenti.
IlCorsaro.info evidenzia il rischio di far dipendere l’informazione da singoli canali economici: se agli inserzionisti pubblicitari si sostituisce un partito o un movimento, il problema del riferimento ai finanziatori, anziché ai lettori, resta immutato.
Altri interventi (come quello legato alla Val di Susa) hanno toccato il tema della territorialità.
Sono poche le risposte definite che sono emerse, su come definire il mestiere del giornalista e come rendere praticabile l’informazione come professione, senza diventare voce di qualche padrone. Il quadro sullo stato attuale è però stato disegnato in modo preciso. Comprendere la realtà e riuscire a porsi le domande giuste è il punto di partenza per ottenere delle risposte.
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Tutti coloro che lo scorso mercoledì mattina si sono affacciati all’auditorium dell’hotel prenotato dalla CGIL in occasione della presentazione del Piano del Lavoro in Toscana si sono visti consegnare un rapporto sulla situazione del lavoro nella provincia fiorentina. Un rapporto in cui è descritta una situazione drammatica: calano gli avviamenti di impresa e nel caso nuove aziende nascano, queste privilegiano sempre più la stipulazione di rapporti di lavoro precari ed incerti. Contemporaneamente, sono aumentati gli iscritti alle liste di mobilità (del 16,4% rispetto al prima trimestre del 2011) ed il sostegno del sistema creditizio alle imprese si è rivelato insufficiente. E sono proprio queste condizioni in cui imperversano l’economia e il lavoro in Italia, insieme alla consapevolezza del fatto che quella vissuta in questi mesi è una crisi strutturale, che hanno spinto il maggiore sindacato italiano ad elaborare un Piano per il lavoro. Si è scelto di parlare di Piano del lavoro, termine che rimanda direttamente a Giuseppe Di Vittorio, poiché un “patto” non è più sufficiente, data la situazione, e l’esperienza dell’Agenda Monti ancora deve finire di rilevare i suoi effetti nefasti. Un Piano per il lavoro che veda la partecipazione di tutti coloro che credono fermamente nella necessità di un cambiamento radile e del ripudio della strada tracciata dalle politiche di Monti.
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A Firenze è uno dei periodi più freddi di questo inverno. Non a caso appena arrivati i lavoratori di Careggi in presidio ci offrono del Vin brulè. Sono davanti al nuovo ingresso dell’azienda ospedaliero-universitaria fiorentina per tre giorni, accompagnati da un camper che ricorda quello usato da Renzi per le primarie del Partito Democratico di pochi mesi fa. L’idea era già stata utilizzata dai lavoratori del Maggio Musicale, in vertenza con il primo cittadino del capoluogo toscano. La visibilità delle lotte richiama una politica istituzionale quasi sempre assente dalle manifestazioni, salvo rare eccezioni.
Sulla sanità la partita è aperta in realtà da molto tempo, ma solo ultimamente questo tema è entrato a far parte della percezione comune, probabilmente a seguito delle dichiarazioni di Monti sul sistema sanitario nazionale.
A dicembre una manifestazione (del sempre più attivo Coordinamento in difesa della sanità pubblica) aveva denunciato le peculiarità dei tagli a livello regionale (leggi qui). In Toscana il presidente della Regione viene dall’assessorato alla sanità e questo settore è spesso citato come un esempio di eccellenza dallo stesso Rossi. Pochi giorni fa dichiarazioni simili le aveva ribadite anche Formingoni ad Otto e Mezzo.
A Careggi si sono mossi Cobas, Uil, Usi e Fials, quattro sigle sindacali abitualmente molto distanti tra loro (con l’assenza di Cisl, Cgil e USB quindi), per organizzare tre giornate pubbliche, fatte di momenti di sensibilizzazione, incontri e denunce. Si confrontano lavoratori e studenti sulla riorganizzazione che è stata proposta ai lavoratori, che denunciano come la logica che ha guidato le scelte aziendali sia “più lavoro a minore salario”. L’opposto di quanto si è letto sulle pagine di la Repubblica e altre testate di informazione: “dicono che siamo qui per ottenere il privilegio di 33 ore settimanali. Noi infermieri turnisti siamo in debito con l’azienda di 65mila ore di straordinario. Se i servizi sono garantiti è grazie al senso di responsabilità e al sacrificio di tutti i lavoratori”.
La scelta di riorganizzare i turni a Careggi non è un problema limitato alla realtà fiorentina. In molti parlano di “banco di prova”, per creare un servizio sanitario con un privato sempre più presente (fate caso alla frequenza con cui ci si può imbattere in pubblicità sui servizi sanitari integrativi).
Anche in questa piazza la politica istituzionale è percepita come un elemento distante. Da una tasca si intravedere il simbolo elettorale della lista Rivoluzione Civile di Ingroia. Il gruppo consiliare di Rifondazione è l’unico che in Regione sta provando a dare sponda alle proteste di lavoratori ed utenti, non senza evidenti difficoltà, dato che fa parte della maggioranza di Rossi. Si tentano di creare strumenti di contrasto: la presenza all’interno delle singole lotte e la creazione di una commissione che, come una task force, giri ospedali e presidi sanitari per verificare i disservizi causati fino ad oggi dai tagli già attuati (senza aspettare il servizio televisivo scandalistico di turno).
Gli occhi sono puntati sulla Regione: i lavoratori di Careggi hanno appena inviato richieste di incontro alla quarta commissione e all’assessore alla sanità. Il prossimo appuntamento è per il 16 febbraio, giorno in cui un corteo a Firenze proverà a riunire le varie istanze toscane. Qualche piccolo successo c’è già stato, ma nessuno si illude. In campagna elettorale è più facile ottenere risultati. Il gelo di questi giorni è significativo, l’Europa ha ancora molte richieste da fare, in nome della responsabilità nazionale.
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Articolo scritto da Monica Sgherri e Sara Nocentini
Nella scorsa legislatura, sulla scia del percorso aperto a livello internazionale dal movimento dei movimenti, più noto come “no global” si aprì anche in Regione Toscana una riflessione sulle forme e le pratiche che avrebbero potuto rinnovare la democrazia rappresentativa, recuperando il rapporto tra rappresentanti e rappresentati e ravvivandone lo scambio. Già allora si comprendeva che l’ubriacatura della governabilità e il sacrificio della rappresentanza perpetrato ad arte attraverso leggi elettorali sempre più escludenti, comportava di fatto una profonda cesura nel nostro sistema democratico e nella rispondenza tra i bisogni da rappresentare e le priorità dell’agenda politica.
Non si trattava pertanto, fin dall’inizio, di mettere in discussione la democrazia rappresentativa, ma di mostrarne tutte le derive e le storture, recuperando i saperi, le conoscenze e l’impegno per la collettività che stava sempre più emergendo, chiedendo spazi.
Per una volta non voglio fare una denuncia o sottolineare il continuo scarso interesse dai mass media nelle tematiche di genere e dei diritti, intensi in senso lato. Ma voglio raccontarvi la mia esperienza che può servire ad altri amministratori locali. Io mi ritrovo ad essere assessore in un momento difficile a livello economico: blocco assunzioni, patto di stabilità e spending review sono i temi cardine di questa mia esperienza.
Siamo creativi o politici? Beh, oggi a mio avviso entrambi. Ma a volte nelle scelte che fai prevale la parte politica e dunque ci sono delle scelte che gli amministratori o le amministratrici devono fare per mandare segnali e per far capire quali sono le priorità che uno intende portare avanti.
Questa riflessione mi è sorta oggi quando ho consegnato il primo “pacco mamma”. Cos’è il pacco mamma? Sono una serie di prodotti che il comune regala, attraverso la farmacia comunale, a tutte le neomamme. A creme e salviettine si unisce un regalo “civico”: la Costituzione Italiana. Il semplice pensiero ha un valore commerciale di 50 euro, ma è comunque un’attenzione che l’amministrazione verso i futuri genitori.
L’iniziativa prende spunto da un progetto europeo sulle buone pratiche a favore della conciliazione tra vita individuale, famigliare e lavorativa. Quindi si, qualcosa si può fare, senza nasconderci dietro a delle scuse, vere non lo metto in discussione, ma comunque scuse perché è l’ora di fare delle scelte politiche intelligenti.
La nostra è stata quella di capire la necessità di un sostegno alla genitorialità (n.b. genitorialità e non famiglia) e sul senso universale di maternità, che deve essere “a carico” della società, e non della singola donna.
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