L’idea, la bellissima idea di fare della fattoria di Mondeggi un bene comune nasce dall’esigenza reale di combattere anzitutto il land grabbing (concetto riferito solo all’Africa subshariana in passato ma assolutamente applicabile a situazioni “nostrane” ndr ). L’anglismo con cui è definito letteralmente l’accaparramento (indebito) di terra e terre è un fenomeno ormai tipico anche del nostro paese. Ettari su ettari rubati alla natura alle sue attività derivate per il puro gusto di arricchire il partito del mattone e della speculazione.
La lotta di Mondeggi e della sua comunità parte da qui, parte dall’idea del diritto sacrosanto di tutti e i tutte di avere libero accesso alla terra e di decidere in maniera autodeterminata la propria alimentazione, il proprio stile di vita. Mondeggi non la conosci finchè non la vivi, basta mezza giornata ( forse ) per capire quanto importante è la battaglia di uomini e donne che amano veramente la loro terra e il bene comune. In occasione della tre giorni organizzata la scorsa settimana ( 26-27-28 Giugno ), per celebrare un anno di liberazione, ho avito la fortuna di visitare questa “chiesa” comune. Devo ammettere che la percezione esterna è già di per sé ottima ma vivere l’esperienza di camminare su quella terra liberata, ha un sapore diverso, molto diverso.
Una tre giorni ricca di eventi, dunque, tra tavoli di lavoro declinati su svariati temi (beni comuni, tecniche alternative di agricoltura) eventi serali come il teatro contadino libertario e un concerto di autofinanziamento, per chiudere poi tutto nella giornata di domenica, dopo un gran pranzo sociale, all’interno di un’assemblea pubblica aperta tenutasi presso la casa del popolo di Grassina.
L’esperienza di Mondeggi, nasce quindi dalla voglia di dare risposte ai gravi fatti che dal 2009 in poi coinvolsero il proprietario e la ditta (Mondeggi Lapeggi srl), società completamente in liquidazione con un quantitativo di debiti talmente elevato da non poter permettere un totale fallimento. La fattoria e i suoi vastissimi 200 ettari sono quindi passati in proprietà prima alla provincia di Firenze e successivamente alla città metropolitana di Firenze. L’idea della svendita resta, è forte modello che si sposa perfettamente con i voleri politico-amministrativi delle alienazioni e della gestione del patrimonio pubblico.
La vitalità di quel luogo durante questa ampia tre giorni ha dimostrato e dimostra in maniera continua che i progetti dal basso, se hanno la forza di trascinarsi dietro le collettività funzionano. Necessario è coinvolgere il territorio senza trincerarsi dietro slogan elitari. La scelta di realizzare l’assemblea pubblica nella suddetta frazione di Bagno a Ripoli va letta proprio in questo senso, coinvolgere e creare partecipazione perché è solo dalla partecipazione che è possibile trovare risposte consone al momento di grande difficoltà e travaglia che la nostra società sta affrontando.
La tre giorni mondeggina ha avuto il merito di stimolare interesse su un tema troppa poco discusso ma di dirimente importanza per tutta la componente socio-economica italiana. Detto già anticipatamente della lotta la land grabbing e alla voglia di riappropriarsi liberamente delle terre da coltivare, la cosa che più personalmente mi è saltata all’occhio, forse perché siciliano e figlio di un’isola ad altissima vocazione rurale è il collegamento con le lotte che contadini siciliani intrapresero anni fa contro i padroni, reclamando il semplice e sacrosanto diritto all’accesso alle terre. “Il tempo è dei filosofi, la terra è di chi la lavora” frase simbolo del Maggio francese, frase che torna ciclicamente nella storia, soprattutto allorquando si intraprendono battaglie come quella della comunità mondeggina. La mente dunque viaggia a Portella della Ginestra, la strage, l’eccidio di lavoratori avvenuto il primo Maggio 1947 ad opera del mafioso Salvatore Giuliano. Quel giorno morirono undici persone e a cui si aggiunsero una trentina di feriti e successive tre morti, a causa delle lacerazioni da esplosivo.
Si veniva dalla guerra, si stava lottando aspramente per distruggere il sistema capitalistico e latifondistico che aleggiava come una nube tossica sulla Sicilia. Era una festa proprio come quella di Mondeggi, la mano nera della Mafia colpì e si portò via sogni e speranze, quei sogni, quelle stesse speranze che rivivono in tutte le lotte contadine, che rivivono a Mondeggi.
Oggi la resistenza contadina continua è solo l’inizio, perché come diceva una vecchia canzone anti-savoiarda: “ A terra è nostra è nun sa da tuccà”.
Oggi più che mai da Mondeggi parte uno zampillo d’acqua rinfrescante, pronto a irrigare questa malsana e inquinata nostra democrazia!