A pochi giorni dal 30 novembre, giorno in si festeggia il Granducato di Toscana, che per primo abolì dal proprio codice penale la punizione capitale, Firenze si trova ancora ad essere la sede di una violazioni di diritti così efferata come quella che avviene quotidianamente a Sollicciano. Nonostante le disperate richieste di aiuto, il governo Monti non si è distinto da quello che lo ha preceduto nel trattare queste problematiche. Il Guardasigilli Severino continua a traccheggiare parlando di una sostanziale riforma della giustizia italiana, mentre l’Italia scende agli ultimi posti nelle classifiche europee sulle condizioni dei detenuti.
E’ veramente sintomo di un’ipocrisia fastidiosa ed inaccettabile il fatto che il nostro paese, uno degli stati leader dell’Unione Europea, sia sempre pronto a schierarsi a fianco, con sentite dimostrazioni, quando ci viene raccontato che i diritti umani dei cittadini di altri stati sono stati violati (esemplare il caso dell’”attivista del cyberspazio” Yoani Sanchez, per il quale tutti i quotidiani del belpaese hanno gridato allo scandalo) ma allo stesso tempo ci si giri dall’altra parte quando ad essere privati della propria umanità sono persone recluse in stabilimenti italiani. La stessa vergognosa ipocrisia che fa sì che pochi giornali si indignino per la mancanza di una legge che classifichi la tortura come un reato nel nostro ordinamento (importante sottolineare come questo vuoto legislativo abbia reso difficilissimo per i giudici condannare le persone che hanno torturato, perché questa è la parola giusta, i manifestanti nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001).
L’odio e l’indifferenza verso “il diverso” hanno oramai raggiunto livelli tali per i quali diventa difficile indignarsi se il proprio Stato priva degli uomini della propria umanità; è, dopotutto, molto meglio pensare che se sono finiti in carcere è perché qualche colpa l’hanno commessa, quindi è bene che paghino. E non importa se questo saldo da pagare diventa ogni giorno più grande, si raddoppia, triplica, fino a diventare tanto ingombrante da spingere a cercare anche una via di uscita estrema.
“Ogni pena che non derivi dall'assoluta necessità, dice il grande Montesquieu, è tirannica; proposizione che si può rendere piú generale cosí: ogni atto di autorità di uomo a uomo che non derivi dall'assoluta necessità è tirannico”
Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene