Sabato, 08 Dicembre 2012 00:00

Acciughe a Sollicciano

Scritto da
Vota questo articolo
(4 Voti)

Non vi è libertà ogni qualvolta le leggi permettono che, in alcuni eventi, l'uomo cessi di essere persona e diventi cosa
Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene

Se a trent’anni prendi un fornellino in mano e ti dai fuoco, volontariamente, significa che qualcosa non va. E come non pensare che, se a darsi fuoco lo scorso 23 novembre è stato un ragazzo recluso nel “rinomato” carcere di Sollicciano, molto probabilmente le condizioni all’interno della struttura non hanno influito nella decisione?

Il carcere della città di Renzi è ormai argomento trattato frequentemente dai giornali locali. Il problema del sovraffollamento ha raggiunto dimensioni tali da non renderlo più gestibile: dove ci sarebbe posto per ospitare 450 detenuti, ne sono stipati, ad oggi, circa mille. Gran parte di queste persone sono state condannate per reati minori: molti sono stranieri per i quali, essendo questi in attesa di giudizio (si calcola che circa il 40% dei detenuti sia in questa condizione), non sono previste forme di pena alternative (come i domiciliari).

Considerando quindi lo stato delle cose, come meravigliarsi se le persone che sono costrette tra le sbarre in condizioni simili, ricorrono anche all’ultimo strumento di protesta che resta loro, lo sciopero della fame? Da settimane oramai i detenuti, assieme al Garante fiorentino dei Diritti dei Detenuti, Franco Corleone, e ad alcuni deputati, hanno iniziato uno sciopero della fame a staffetta che continuerà fino a quando il governo non presterà attenzione alle loro richieste. Richieste molto semplici, che sono state ritenute più che condivisibili anche dal Consiglio Superiore della Magistratura. Dato che il sovraffollamento è dovuto alla grande presenza di detenuti condannati per reati relativi alla legge Fini-Giovanardi sulle droghe, sarebbe gesto ragionevole de-criminalizzare alcune condotte o quantomeno prevedere per certi reati forme di pena alternative.

A pochi giorni dal 30 novembre, giorno in si festeggia il Granducato di Toscana, che per primo abolì dal proprio codice penale la punizione capitale, Firenze si trova ancora ad essere la sede di una violazioni di diritti così efferata come quella che avviene quotidianamente a Sollicciano. Nonostante le disperate richieste di aiuto, il governo Monti non si è distinto da quello che lo ha preceduto nel trattare queste problematiche. Il Guardasigilli Severino continua a traccheggiare parlando di una sostanziale riforma della giustizia italiana, mentre l’Italia scende agli ultimi posti nelle classifiche europee sulle condizioni dei detenuti.

E’ veramente sintomo di un’ipocrisia fastidiosa ed inaccettabile il fatto che il nostro paese, uno degli stati leader dell’Unione Europea, sia sempre pronto a schierarsi a fianco, con sentite dimostrazioni, quando ci viene raccontato che i diritti umani dei cittadini di altri stati sono stati violati (esemplare il caso dell’”attivista del cyberspazio” Yoani Sanchez, per il quale tutti i quotidiani del belpaese hanno gridato allo scandalo) ma allo stesso tempo ci si giri dall’altra parte quando ad essere privati della propria umanità sono persone recluse in stabilimenti italiani. La stessa vergognosa ipocrisia che fa sì che pochi giornali si indignino per la mancanza di una legge che classifichi la tortura come un reato nel nostro ordinamento (importante sottolineare come questo vuoto legislativo abbia reso difficilissimo per i giudici condannare le persone che hanno torturato, perché questa è la parola giusta, i manifestanti nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001).

L’odio e l’indifferenza verso “il diverso” hanno oramai raggiunto livelli tali per i quali diventa difficile indignarsi se il proprio Stato priva degli uomini della propria umanità; è, dopotutto, molto meglio pensare che se sono finiti in carcere è perché qualche colpa l’hanno commessa, quindi è bene che paghino. E non importa se questo saldo da pagare diventa ogni giorno più grande, si raddoppia, triplica, fino a diventare tanto ingombrante da spingere a cercare anche una via di uscita estrema.

Ogni pena che non derivi dall'assoluta necessità, dice il grande Montesquieu, è tirannica; proposizione che si può rendere piú generale cosí: ogni atto di autorità di uomo a uomo che non derivi dall'assoluta necessità è tirannico
Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene

Ultima modifica il Lunedì, 17 Dicembre 2012 19:34
Diletta Gasparo

"E ci spezziamo ancora le ossa per amore
un amore disperato per tutta questa farsa
insieme nel paese che sembra una scarpa"

Cit.

Devi effettuare il login per inviare commenti

Free Joomla! template by L.THEME

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti.