Viorica Guerri, responsabile dell'Ufficio Stampa dell'Arci Empolese Valdelsa, ha introdotto l'evento e coordinato la presentazione del libro con domande mirate all'autore.
"L'idea alla base del progetto", esordisce Guerri, " è stata quella di mettere in circolo servizi e cultura, di diffondendo, oltre ai libri, anche un modo diverso e più sostenibile di fare movimento. Non è scontato che un progetto del genere funzioni, perché siamo abituati a pensare che i libri non possano trovarsi in ambienti diversi da librerie e biblioteche ma la sfida è proprio questa e la speranza è che grazie a questo progetto si riesca a creare una rete tra realtà diverse (circoli diversi) uniti dalla passione della lettura e della bicicletta. L'esempio di Pontorme dimostra che il progetto sta funzionando: "Le bici vanno anche perché siamo un circolo vicino al centro di Empoli e vengono prese almeno una volta al giorno", dice la Presidente del Circolo Arci di Pontorme. Anche al Circolo Arci di Petroio, che in collaborazione con Agrado (associazione di promozione sociale affiliata all'Arci) ha aderito a "Circoliamo", sembra che la sfida abbia vinto: "Abbiamo circa 500 libri", afferma Maila, la presidente, "e due librerie. Proprio per la differenza del target che frequenta il nostro circolo, abbiamo cercato di fare una differenziazione tra le categorie di libri, così da suddividerli tra libri per bambini, saggi di socio-politica, libri sui viaggi, saggi storici, di intrattenimento, romanzi ecc.."
Salvatore D'Amelio della Ciclofficina, da parte sua dice di esser rimasto entusiasta del progetto proprio perche anch'esso può contribuire a "risollevare le sorti del mondo attraverso una mobilità più ecosostenibile e la diffusione della cultura". La Ciclofficina è sul territorio dal 2001 e nasce con l'intento di dare l'opportunità, a chiunque lo voglia, di prendersi cura del proprio mezzo, mettendo a disposizione lo spazio e la struttura, le attrezzature necessarie per le manutenzioni. L'idea è quella di praticare una sorta di "riparazione autogestita" del proprio mezzo, chiaramente anche grazie al supporto tecnico dei volontari della ciclofficina che si mettono a disposizione per dispensare consigli e aiuto per fare riparazioni e manutenzioni. Lo spazio è stato concesso dal Comune di Empoli e lo stesso comune oggi, finalmente, sta costruendo piste ciclabili, dimostrando che qualcosa, anche dal punto di vista della percezione comune per quanto riguarda tutela dell'ambiente, del paesaggio e delle strade, sta cambiando in positivo. La Ciclofficina, oltre a promuovere l'utilizzo della bicicletta, si occupa anche del recupero dei rottami, riportando alla vita vecchie bici che altrimenti finirebbero in discarica: sono 10 le biciclette che ad oggi sono state recuperate e riportate alla luce come nuove, per poi essere donate ad altre associazioni seguendo la pratica del "mettere in circolo" senza fini di lucro. Questo, del resto, è lo scopo che l'associazione si è prefissato.
Per Salvatore libri e biciclette sono un binomio davvero prezioso e importante: i libri sono lo strumento che più di tutti contribuisce alla crescita personale e alla conoscenza; la bicicletta è invece il mezzo per eccellenza per introdurci profondamente nel territorio, per immergervisi e conoscerlo intimamente, per farci porre un'attenzione più minuziosa in tutti i suoi angoli da scoprire.
Introdotto dalla presentazione e dalle domande molto pertinenti di Viorica Guerri, prende la parola Emiliano Gucci, nato a Firenze nel 1975, scrittore, librario e appassionato di ciclismo. "Il meraviglioso difetto dei libri è quello di voler essere letti", esordisce il giovane autore, che poi ricorda il tragico evento della giornata: la morte del campione di ciclismo Michele Scarponi, un lutto per tutti gli appassionati di ciclismo e non solo.
Anche per Gucci, ad ogni modo, il binomio libri-biciclette è fondamentale, in quanto chiavi di lettura per conoscere da vicino il proprio territorio, per insinuarsi nelle radici, nelle storie e nell'umanità della propria terra. La sua passione per la bicicletta, racconta Gucci, è iniziata in età adulta, quando uno zio gli regalò una bicicletta che oggi chiameremo d'epoca: una vecchia e bellissima bicicletta d'acciaio, indistruttibile, "probabilmente destinata a seppellirmi", si legge nel libro. È questa che ha accesso in lui la passione che "stavo affossando sul divano, eccitandomi al massimo per le corse in tv". E sopra quella bicicletta Emiliano,che ad oggi vive e lavora a prato, si sente vivo, il corpo e la mente più leggeri, lanciati in una dimensione che riscopre la lentezza, la misura umana e che permette di scoprire percorsi e strade fino ad ora ignoti o dati per scontati. "Allora prendo la bici ed esco. Talvolta è per immergermi nella più semplice quotidianità, [...]; lo sguardo più aperto, il corpo più vivo. Il tempo, anche quando galoppa, appare meno beffardo. E sfilano più sopportabili le strade di sempre, la ciclabile sul fiume Bisanzio e i giardini della stazione, le anonime rotatorie che introducono al centro. Si apre più alleata la giornata, qualsiasi essa sia". altre volte la bici serve all'autore per sfilare tra le colline del chianti cercando una fuga dolce dal traffico, il grigiore delle fabbriche del macrolotto e la caotica frenesia della vita urbana e industriale, dal tempo tiranno che scorre inesorabile e che ci costringe alla fretta distratta, dal rumore che ci impedisce di ascoltare e di fermarci, almeno per un istante, ad assaporare quello che ci circonda: "Altre volte posso pedalare più a lungo, non preoccupandomi dell'orologio che batte, del sudore che scende. Quando posso rilanciare e perdermi oltre, sulle strade più appartate delle mie colline, scalando il Montalbano o sconfinando nel Chianti per inventarmi le tappe del cuore. È lì che il gioco si fa incanto". Ed ecco che quella fatica iniziale che solitamente siamo abituati a chiamare scaldarsi o prendere il fiato, diventa "una separazione da sé stessi". Siamo ancora noi, ma in una dimensione e in una forma nuova, e allora "sono più dolci anche i profili, magnetici i colori, meravigliosi i luoghi [...]. Probabilmente esistono ancora paure e rimpianti, frustrazioni, ingiustizie e dolore, ma tutto appare vago, evanescente" in questa dimensione quasi surreale, sospesa in un tempo che sembra fermarsi o dilatarsi all'infinito, in quei luoghi non luoghi, "nel privilegio della mia terra".
Nel libro ci sono passaggi molto belli, commoventi, dolcemente malinconici e nostalgici sul tempo che scorre e che cambia abitudini e modi di vivere questa terra e il proprio mondo, la propria realtà, sempre più fagocitata dalla velocità. A sedere, sotto le ombre grandi degli alberi bambini e ragazzi non leggono più libri ma spippolano con i telefonini o con i propri tablet. E questo è solo uno degli esempi che ti inducono a riflettere su quanto possa cambiare, non solo il paesaggio che ti circonda e che da una bicicletta puoi soffermarti a guardare, il paesaggio che viene sempre più divorato dalla polvere del cemento e dell'asfalto, ma anche il paesaggio della nostra esistenza umana, risucchiata dall'urgenza del progresso e del tempo alla massima velocità, in cui tutti corrono e si affannano, in cui la comunicazione precede persino le nostre possibilità di analisi e di interpretazione, in cui ogni momento è fagocitato da quello successivo. Con questo ovviamente nessuno, tantomeno Gucci, vuole negare la positività e la necessità del progresso e dell'avanzamento tecnologico o informatico, ma a volte, e la bicicletta aiuta in questo, occorre riscoprire il privilegio e il pregio della lentezza. Ritrovare il valore della lentezza in questo mondo che corre così veloce, in questo universo fagocitato dall'urgenza forsennata e affannata. A volte bisogna andare più lenti, per potersi guardare attorno e per potersi guardare negli occhi, parlarsi, per riscoprire la meraviglia della socialità, dello stare assieme, anche fosse solo per stare in silenzio; per comprenderci meglio e per comprendere meglio quello che ci circonda e di cui facciamo parte, per la bellezza degli incontri e degli universi umani che si celano dietro. Meraviglia della lentezza e meraviglia del perdersi, dell'errare senza meta e senza fretta. persino meraviglia dei ritardi, di quegli inconvenienti che ci fanno attardare e ai quali tendenzialmente reagiamo in maniera negativa, guardando solo al lato negativo della medaglia. E invece in quelle pieghe che a volte prendono gli eventi, anche quando sembrano negativi, si nascondono dei doni imprevedibili e inattesi, che, se riusciamo a farci attenti spettatori, possono regalarci delle piccole, autentiche gioie preziose anche laddove tutto sembra scoraggiarci a causa del ritardo, della noia, dell'insofferenza, dell'ansia, del nervoso e dell'agitazione. Minuscoli tesori che ci capitano tra le mani quando tutto sembra girarci contro. E questo accade spesso quando ci si attarda, o ci si perde, o appunto, si va più lenti. Una pedalata in bicicletta, così come il valore della lentezza, migliorano la qualità della nostra vita. Così come la migliora la lettura, di cui difficilmente, una volta che si insinua nella nostra esistenza, riusciamo a farne a meno. Il libro, che è la traccia tangibile che l'uomo da millenni è riuscito a produrre.
La meraviglia della bicicletta sta anche nella sua straordinaria facilità nel lasciarsi capire facilmente, a differenza di questa modernità tecnologica a volte così complicata e poco intuitiva. All'inizio Emiliano, ricevuto in regalo quella bicicletta-cimelio dallo zio, la usava per andare al lavoro, poi strada dopo strada ha cominciato a capire quanto fosse diversa la sua percezione, il suo modo di vedere e soprattutto di vivere il suo territorio e la geografia delle sue strade, che solo pedalando è riuscito a capire, e a conoscere. In macchina, ogni strada, ogni percorso, soprattutto quelli delle superstrade e delle autostrade, sembrano anonimi, tutti uguali, monotoni e asettici, quasi fossero dei non luoghi. invece, pedalando sulle due ruote anche quei luoghi fantasma, aprono scenari sconosciuti, imprevedibili. In mezzo a quelle strade che si snodano tutte uguali, si scopre che c'è della vita, dei piccoli luoghi nascosti che sono un incanto; si possono fare incontri, guardare negli occhi qualcuno e parlare con lui sorseggiando un bicchiere di vino. E il vino è l'altro protagonista del libro. L'orgoglio per la propria terra, la Toscana, si lega anche all'amore dei vigneti, del vino, delle storie e dell'umanità che si nascondono dietro una bottiglia o dietro un'etichetta. La foto incisa sopra un'etichetta diventa ad esempio, in un altro capitolo del libro, la guida che porta l'autore a incontrare coloro che il vino lo hanno prodotto e che continuano a produrlo: "Sono entrato in questa casa inseguendo una fotografia in bianco e nero, incontrata quasi per caso. Dentro ci sono un uomo e una donna, tra i filari, camminano portando una grossa cesta d'uva, una mano ciascuno, il braccio opposto sollevato in aria per compensarne il peso. Sorridono pienamente, stupendi, ebbri di fatica e di vendemmia, di lavoro duro in una stagione dura, di mezzadria, di vita semplice e miracolosa che scorre, di amore per l'altro e per quella terra che ancora non è loro, lo diventerà, ma in fondo lo è sempre stata." Il vino è un altro tipo di fuga; non quella per dimenticare come usualmente si tende a pensare, ma una fuga per ritrovare qualcosa, per tracciare delle storie, storie di persone, di fatiche, di posti, di inverni gelidi e di albe splendenti a raccogliere l'uva. storie di braccia sudate sotto il sole abbacinante, di duro lavoro, di campagne aperte e di mondi immensi dietro le minuscole scritte delle etichette: "è una fuga che vuol trovare qualcosa. Che può guardare all'indietro, tracciare la storia di una bottiglia e di un posto, di una tipologia d'uva e di vinificazione, delle persone che ci hanno messo il cervello e la fatica [...]. È saperli abbracciare. È immaginare il sole e le piogge di quell'annata, a quelle latitudini, a quelle altitudini, e quanto erano fredde le notti e quanto era secco il vento, quanto era limpida l'alba, rivedere i giorni della vendemmia con i sorrisi e gli sbadigli [...]".
Altro filo conduttore del libro è la Visitazione del Pontormo nella Chiesa di Carmignano. Da molto tempo Gucci desiderava vederla, ma passando per Carmignano sempre in bicicletta non aveva mai avuto modo di potersi fermare, per la paura di abbandonare la sua amata bicicletta fuori dalla chiesa, dato che troppo spesso le bici vengono rubate. Finalmente, un giorno, decide di andarci in macchina per poter finalmente ammirare il capolavoro del massimo esponente del manierismo: "Ho camminato lentamente, come a ritardare l'attimo, e sul sagrato della chiesa mi sono fermato a giocare con un bimbo [....]. Poi mi è venuta fretta di vedere il Pontormo e sono entrato. Ero emozionato, e fremevo, e avevo in testa anticipazioni che volevo scacciare [...] e d'improvviso pensavi di restargli davanti tutto il giorno, a recuperare il tempo andato, a costruire un'amicizia. [...] Immaginavo quella sua estraneità cercata, il silenzio in cui nascevano i suoi universi, l'istante che partoriva il gesto. E facevo paralleli con le fughe mie, giocando a sentirlo fratello". Peccato che quella volta la Visitazione non c'era, poiché in vacanza per una mostra a Palazzo Strozzi sul Pontormo e il Rosso Fiorentino. Invece poi, però, un giorno, quasi per caso, l'incontro con il capolavoro del Pontormo avviene davvero: "Era la metà di un giorno nel mezzo di agosto e il paese era desertificato e zitto. [...] Siamo entrati senza troppi convenevoli e la Visitazione era al suo posto. [...] È un'opera portentosa. Una visione superlativa. Io non mi intendo d'arte né tantomeno potrei scriverne, ma sento qualcosa accade. La composizione è strana. Le figure respirano e sono prossime a uscire dalla tela che occupano quasi per intero. La loro presenza è umana, sacra, quieta e febbrile. Sono leggere, danzanti ma hanno un peso importante, fisico, una gravità che ne impedisce il volo. Gli occhi, di tutte e quattro le donne, sono vivi. [...] Si fatica a staccare lo sguardo dai loro sguardi concatenati. [...]. Certe cose devono accadere in un momento preciso, che non è né presto né tardi, è quello e basta e rimane indelebile". La scrittura di Gucci è potente e riesce perfettamente a trasmettere le sensazioni che vuole esprimere, che anche tu, ascoltando, riesci a provare o che puoi rivivere. Chi ha avuto la fortuna di vedere il Pontormo sa che difficilmente si riesce a staccarsene. Il momento in cui ci si trova dinnanzi a quell'opera sembra solenne, unico, infinito, astratto e avulso dalla realtà materiale, contingente, sospeso in una dimensione che è altra, fuori dalle dinamiche e dalle catene che ti trattengono e ti delimitano.
Il libro, oltre a questi passi molto poetici, molto intensi, è anche pieno di incontri, aneddoti e frammenti biografici e/o storici di campioni indimenticabili, come il mito Bartali - cui il libro dedica un intermezzo ricco di citazioni e divertenti aneddoti meno noti ai più e che rendono più accessibile e "alla mano" il mito - , ma anche Franco Bitossi ("che nel 1978 attaccò gli scarpini al chiodo e fu per sempre [...] Ora ha le bocce e basta in testa"), Alfredo Martini, Fiorenzo Magni. Gucci ricorda la paradossale amicizia tra questi ultimi due, un'amicizia che per i nostri schemi mentali e il nostro modo di ragionare risulta incomprensibile assurda. eppure, nonostante la divisione politica - Magni era un fascista - i due restarono sempre legati da un'amicizia profondamente umana, che andava al di là del colore della propria bandiera, tanto che lo stesso Martini si presentò al Tribunale di Firenze per testimoniare a favore dell'amico Magna coinvolto nella strage di Valibona.
Un'altra parte del libro è dedicata all'Eroica di Gaiole in Chianti. Nonostante la cicloturistica possa sembrare, così come l'autore stesso riteneva, un fenomeno ormai da baraccone, un evento mondaiolo e appariscente, in realtà lo spirito con cui nasce è positivo e riveste persino un ruolo battagliero e prezioso. Grazie a questa manifestazione per la quale giunge tutto il mondo, la sempre più invadente e massiccia cementificazione delle strade del Chianti, famose per essere "bianche",ha avuto un freno: la bicicletta, lo strumento più innocuo, leggero del mondo, è riuscita a bloccare quell'aggressivo fenomeno di cementificazione selvaggia, tutelando le "strade bianche del Chianti", rivalorizzando quel territorio minacciato dall'asfalto che si espande a macchia d'olio. Ma la bicicletta questo carattere libertario lo ha sempre avuto. Considerata "strumento di disordine in mano ai rivoltosi e agli operai" dal generale Bava Beccaris nel 1898 (tanto da proibirne l'uso), divenne poi strumento di emancipazione della donna e durante la Resistenza fu utilizzata per lo scambio di messaggi e viveri. E insieme al carattere libertario, libero e dolcemente anarchico la bicicletta ha anche il potere di unire, oltre ogni differenza di classe, età, sesso, religione, provenienza. Sulla bici siamo tutti fratelli e siamo tutti uguali, uniti dalla voglia di guardarsi attorno, di scoprire, di conoscere, di assaporare ogni attimo, ogni sorriso, ogni curva di collina, ogni momento di stanchezza e di fatica, dura ma gratificante, ogni salita e ogni discesa, ogni filare e ogni vigneto, ogni profumo di pane e di uva. Circoliamo invita a tutto questo, unendo questo meraviglioso binomio di libri e pedalate.