Zooppa (osiamo solo immaginare le battute che si tireranno fuori a Firenze) avrà tempo fino al 14 ottobre per trovare il simbolo. Ma attenzione, le indicazioni sono chiare: “non vi chiediamo di rinnovare il celebre giglio rosso, marchio del comune e stemma universalmente riconosciuto della città ma un marchio completamente nuovo, un vero e proprio brand commerciale, che sarà utilizzato per scopi di promozione economica e di comunicazione”. In palio, 15mila euro di budget messi a disposizione da Audi. Oltre alla sempiterna gloria, si intende.
I paragoni che vengono fatti sono quelli con il cuore e la sigla di New York o la sirena di Copenhagen e di certo Firenze non può essere da meno. La città deve diventare un marchio da piazzare sul mercato. E come non pensare che questo altro non sia che il naturale compimento del percorso intrapreso da questa città negli ultimi anni: fare del capoluogo toscano un prodotto che attiri turisti ed investimenti da tutto il mondo, proprio come spiega il manuale del buon imprenditore . E che importa se il prodotto da pubblicizzare è una delle città più importanti al mondo, la culla dell’arte e della cultura? E soprattutto che importa se questa operazione di marketing andrà tutta a discapito di quelli che a Firenze ci vivono tutto l’anno? A forza di preoccuparsi di quelli che arrivano a Firenze e in due giorni e 7 ore riescono a vedere di sfuggita una media di 6,7 opere d’arte all’ora, si finisce di scordarsi di chi ci lavora e non ha alcuna intenzione di andarsene. Sinceramente, non capisco come si possa mercificare completamente una città (anche perché solitamente le magliette e le tazze con i loghi stampati sopra sono di gusto discutibile) dicendo che c’è bisogno di un rinnovamento totale, che la rilanci nel mondo: come si può sperare di separare l’immagine di Firenze da quella del Rinascimento? Sarebbe un po’ come tentare di far ricordare Patrick Schwayze per qualcosa che non sia Dirty Dancing o Ghost.
Eppure i fiorentini, al contrario del sindaco a quanto pare, per quanto si lamentino della loro città, ne sono orgogliosi: non la cambierebbero per niente al mondo. Sono consapevoli di fare parte di qualcosa che è più grande di loro, che trascende i tempi storici e che continuerà dopo di loro. E’ la Firenze che, sdraiata sui fianchi dell’Arno, ha contribuito a fare la storia del continente. Ed una cosa così non può essere affittata o ridotta a proprietà di pochi: deve essere vissuta, tra vernacolo e storie, tra borghi e vicoli. E soprattutto, non può essere ridotta ad una marchio. E' troppo di più, caro Renzi.
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