Alle diverse preoccupazioni espresse in quella sede come, per esempio, rispetto all’esternalizzazione dei lavoratori dell’Ateneo e al generale processo di precarizzazione del mondo del lavoro universitario, viene risposto, dati alla mano, che l’Università di Pisa sta compiendo una politica di stabilizzazione del personale, non indifferente, e sta tentando di combattere, per quello che può, il fenomeno della precarizzazione del lavoro, passando a stipulare tipologie di contratti a tempo indeterminato. Stessa cosa per i finanziamenti alla ricerca, che rispetto ad altre università italiane sono calati di poco. In generale, si vede che c’è stato un mantenimento complessivo dei finanziamenti rispetto allo scorso anno.
Il 21 dicembre, in consiglio d’amministrazione, dunque, si è proceduto all’approvazione definitiva. Ma quello che emerge come dato preoccupante continua ad essere uno ed uno solo: il calo del fondo di finanziamento ordinario (FFO), da parte del ministero. L’Università di Pisa deve sostenersi, di conseguenza, sui così detti fondi di riserva riusciti a essere accumulati nel corso del tempo. Quanto potrà durare, in prospettiva, una situazione siffatta? Quanto ancora l’Ateneo pisano, dovrà fronteggiare gli attacchi all’università pubblica, cercando soluzioni anche in contro tendenza rispetto al quadro nazionale universitario, evitando, ad esempio, di tagliare drasticamente i finanziamenti alla ricerca e ai servizi per gli studenti?
Altri due dati preoccupanti, espressi dall’assemblea svoltasi il giorno 17 e riportati il giorno 18, risultano essere quelli del progressivo calo delle immatricolazioni e del progressivo aumento delle presentazioni ISEE nel corso del tempo. Il primo legato maggiormente all’impossibilità crescente di accedere ai costi del mondo universitario, il secondo strettamente connesso all’impoverimento graduale della società. E’, dunque, evidente che i risultati che nel corso del tempo l’Ateneo Pisano è riuscito a conseguire, grazie anche al lavoro della rappresentanza studentesca, dei sindacati, devono oggi inserirsi in una prospettiva diversa.
L’obiettivo che oggi le forze politiche, che operano entro l’università dovrebbero iniziare a porsi, risulta essere di natura più ampia : chi rappresenterà quella generazione precaria che non riesce più neppure ad accedere entro le mura del nostro Ateneo? Chi si occuperà di garantire la prosecuzione delle scelte politiche diverse, in materia di finanziamenti, che l’Università pisana è riuscita a conseguire? E quanto queste scelte potranno essere prese ancora, nel corso del tempo? Niente paura. Se c’è una cosa che è necessario iniziare ad intraprendere è quella di produrre una nuova analisi politica della società in cui viviamo e che vive nel territorio pisano. Solo attraverso la formazione di una nuova area sociale unitaria, che possa mettere al centro dei propri programmi la difesa dei diritti del mondo della formazione si potranno avere, a tutti i livelli, scelte strutturali di un nuovo modello di università. Poter pensare, che questa progettualità possa partire anche dai nostri territori, non deve spaventare. Probabilmente, il nostro tempo ci chiama a rispondere a necessità più grandi: oggi, non è più solo tempo di difendere diritti, ma di riconquistarli, di riconquistare il proprio diritto al futuro.