Lo spettacolo non delude assolutamente le aspettative: il ritmo è serrato, avvincente. Gli attori (soprattuto le attrici) offrono un'ottima prova attoriale, calandosi perfettamente nelle parti che interpretano. In particolare si segnalano due attrici, che a mio parere offrono una prova ancora superiore rispetto al già alto livello medio. Si tratta della protagonista Giacinta, interpretata da Romina Carrisi Power (sì, proprio lei, la figlia di Albano) e Daniela Morozzi, che veste i panni di Vittoria, sorella del protagonista maschile. Entrambe danno forza e carattere ai rispettivi personaggi, dando vita a un duello verbale senza tregua, in cui si attaccano l'un l'altra dando però ad intendere di adorarsi. Ecco, chi come me poteva nutrire dei dubbi sul talento artistico della figlia d'arte è costretto a ricredersi: Romina dimostra che la recitazione (teatrale, che non perdona!) è assolutamente pane per i suoi denti e che sa bene come muoversi sul palcoscenico.
Altro personaggio degno di nota è Eleonora Zacchi, personaggio non famoso che interpreta il personaggio della serva Brigida. Anche lei, nonostante talvolta la sua recitazione pecchi di un po' di modernismo, offre un'ottima spalla a Giacinta, soprattutto quando le due tessono la tela dei posti in calesse per la partenza per Montenero.
Comunque, pur se fin qua ho parlato solo delle attrici, anche gli attori uomini non sono da meno: in particolare vale la pena spendere due parole riguardo al servo Paolo, interpretato da Stefano Santomauro e a Filippo, padre di Giacinta, interpretato da Marco Prosperini. Se quest'ultimo è la personificazione della tenera stupidità paterna, che gli fa chiudere un occhio (anzi, anche il secondo) davanti alle macchinazioni della figlia, il primo incarna uno dei topos letterari: la scaltrezza del servo, sempre pronto a stare affianco al padrone, ma anche a criticarlo benevolmente.
Promossa anche la regia: sicuramente non è facile misurarsi con un mostro sacro come Goldoni, cercando sia di non tradirne lo spirito sia di avvicinarlo e renderlo appetibile al pubblico moderno. Barresi riesce nell'intento, mostrando come le piccinerie tipiche dei borghesi settecenteschi sono anche le nostre: poveri quanto ti pare ma in vacanza si deve andare! Altrimenti, che penserebbe la gente?
Insomma, la compagnia livornese regala al pubblico in sala un'ora e mezza di divertimento, lontano dalle volgarità che ormai troppo spesso sembrano essere la chiave di volta per scatenare la risata. Qua si ride sì, ma anche si pensa e comunque si partecipa ad una storia strutturata, in cui le battute non sono l'unico dettaglio degno di nota, ma aggiungono sale alla piéce.
Immagine tratta da www.radiogold.it