L'Aquila a 4 anni dal terribile terremoto che ha stroncato vite e ha devastato il cuore della città è il luogo simbolo di questo paese in crisi, ma è anche il luogo dal quale deve ripartire la ricostruzione materiale e morale. Dal secondo dopo guerra questo è indubbiamente il momento peggiore sotto ogni punto di vista e per i beni culturali lo è altrettanto, ma se dopo la devastazione della guerra l’Italia seppe rialzarsi e ricostruire in breve tempo oggi lo stallo sembra perdurare e L’Aquila ne è l’esempio più emblematico.
L'evento del 5 maggio ha visto la partecipazione di professori, insegnanti, funzionari e dottorandi in Storia dell’arte e soprattutto la presenza di giovani studenti, coloro che saranno i futuri storici dell’arte e che hanno portato a L’Aquila una ventata di speranza insieme alla voglia di credere che qualcosa può e potrà cambiare.
A questo proposito ho incontrato Mariangela Capraro che ha partecipato alla manifestazione - vecchia compagna di studi a Firenze e attualmente studentessa al secondo anno in Archeologia e Storia dell’arte alla Federico II – che ha saputo darmi un parere diretto su Ricostruzione Civile e un’idea di come sia stata vissuta la giornata dal punto di vista degli studenti.
1) Mariangela, la prima cosa che mi viene da chiederti è questa: qual è la situazione reale a L’Aquila ? Sappiamo che sono partiti i primi cantieri, ma come spesso accade telegiornali e stampa non raccontano proprio tutto
Guardare L’Aquila alla tv non ti prepara minimamente allo spettacolo di desolazione e distruzione a cui abbiamo assistito. Tante volte il nostro professor Tomaso Montanari, ci ha raccontato in aula dei suoi viaggi a L’Aquila, della degradazione di uno dei più significativi centri storici d’Italia, ma vederla dal vivo è stata tutta un’altra cosa. Si dimentica troppo spesso che i nostri centri storici sono simbolo del senso di cittadinanza e che proprio L’Aquila, con la sua struttura urbanistica creata ad hoc per legare insieme le anime di vari rocche, ne è il più grande esempio. Le famose NEW TOWN, agglomerati di pseudo abitazioni, in cui non esistono punti di ritrovo non sono la risposta ai nostri problemi! Purtroppo solo da un anno la Soprintendenza è riuscita di nuovo a mettere le mani sulla gestione della ricostruzione aquilana e da quel momento qualcosa si è mosso. I progetti prevedono entro la fine di quest’anno l’apertura di più di 60 cantieri ma il problema è sempre lo stesso: i finanziamenti ministeriali che non arrivano! Ci sono progetti per cui sono già concluse le gare d’appalto e che non riescono a mettersi in moto perché i soldi promessi non sono mai arrivati. La situazione aquilana in questo rispecchia quelle di tantissime altre città e centri storici italiani.
2) Settis nel suo discorso conclusivo ha parlato di come lo storico dell’arte dovrebbe occuparsi di diffondere il verbo della protezione, della tutela e della salvaguardia del patrimonio storico-artistico, credi che l’Università in primis sappia trasmettere ciò ai propri studenti?
Il discorso di Settis è stato molto profondo, a tratti si sentiva la rabbia e l’impotenza di una delle più grandi menti italiane a cui sono state legate le mani proprio per la sua integrità morale. È un mentore e un esempio per chiunque studia la storia e la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico italiano. L’Università italiana purtroppo si trova a combattere la stessa battaglia de L’Aquila: smembrata, derubata di fondi essenziali alla formazione di giovani menti brillanti che in futuro dovranno raccogliere questa eredità nazionale. Ci troviamo tutti i giorni a contatto con professori, che solo per vocazione ormai, tengono seminari, incontri, lezioni atti a risvegliare in noi un senso critico e di attenzione verso il nostro patrimonio nazionale. L’Università si schiera tutti i giorni contro chi crede che il patrimonio sia solo “petrolio d’Italia” e non il più grande strumento per formare la cultura e il senso di cittadinanza di un intero popolo.
3) È stata molto apprezzata la partecipazione all’evento del neo ministro Bray. Cosa si aspettano e cosa chiedono per L’Aquila i futuri storici dell’arte alle istituzioni, tenendo anche presente la significativa e simbolica riconsegna della fascia del sindaco Cialente ?
Il neo ministro è stato con noi tutto il giorno, con grande simpatia ed umiltà, presentandosi agli studenti e sentendo i loro pareri e i loro dubbi per il futuro. Lo stesso sindaco Cialente, presente alla manifestazione, ha mostrato tutto il suo scoramento per le promesse mai mantenute e gridate ai quattro venti. Forse il suo atto è anche frutto di quello che è avvenuto il 5 maggio. Credo che la richiesta di noi, futuri storici dell’arte, sia per L’Aquila, quella di ricostruire tutto DOV’ERA e COM’ERA, riportare il centro storico ad una situazione di vivibilità e di godimento della sua storia e delle sue tradizioni. Aggiungerei però anche qualche richiesta a livello nazionale come l’eliminazione di nuovi tagli al già misero Mibac, ma soprattutto il blocco dei tagli già stanziati ed entranti in vigore nel 2014 e 2015. La situazione è tragica: abbiamo dipendenti che vanno in pensione e che non vengono sostituiti. Sale di musei chiuse per mancanza di personale. Opere d’arte e siti archeologici che cadono a pezzi perché non ci sono fondi per i restauri. Università che non possono investire in ricerca perché i fondi da stanziare a dottorati o percorsi di studio simili, bastano al massimo a coprire un posto.Quello che chiediamo al ministro è di avvalersi di persone competenti nel loro mestiere, che sappiano ben consigliarlo sulle strade da percorrere. Ma soprattutto, in primis, di ridare al ministero la serietà e la voglia di fare che è mancata in questi ultimi anni di gestione inetta e incompetente.
4) Infine ti chiedo: qual è stato per voi studenti il momento più significativo della giornata?
Essere coinvolti nel primo raduno degli storici dell’arte da che esiste la Repubblica ci ha reso sensibili a tutto ciò che abbiamo visto e sentito dire. Mai era successa una cosa del genere. Sentirsi parte di una categoria di persone che lavorano per la sopravvivenza del nostro patrimonio, ci ha reso ancora di più convinti delle nostre scelte di studio e di vita. Eravamo così tanto euforici, spronati a cambiare le cose, anche solo con la forza della nostra presenza, da organizzare un nostro piccolo contributo, consistito nell'alzare centinaia di fogli bianchi con la scritta “Non c’è più tempo per aspettare domani!”. Abbiamo invaso la navata centrale della chiesa di San Giuseppe Artigiano alla fine del discorso di Settis mostrando, commossi ed emozionati, i nostri fogli. Siamo stati soprattutto felici di vedere un riscontro positivo nelle persone presenti, che si sono alzate battendoci le mani e urlandoci “Bravi ragazzi!”. Non cambierà niente forse, ma per noi, futuri storici dell’arte, credere in un cambiamento è l’unica cosa che abbiamo.
Che la giornata del 5 maggio sia quindi solo il punto di partenza. Le nuove generazioni di storici dell’arte ci credono e continueranno a farsi sentire e a partecipare, ma non basta. Difendere e lottare per il patrimonio culturale è un dovere di tutti, altrimenti, concludendo proprio con un pensiero del professor Settis, “ […]o il nostro patrimonio culturale e paesaggistico nel suo insieme torna ad essere luogo di autocoscienza del cittadino e centro generatore di energia per la polis […] oppure è destinato a perire.”