Venerdì, 29 Giugno 2018 00:00

Viaggio nel tempo (II)

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Viaggio nel Tempo – parte seconda

Dopo la prima passeggiata nei meandri del tempo, oggi parliamo di un altro aspetto: la direzionalità degli eventi temporali.

Nella prima parte di questo lungo articolo abbiamo cercato di capire cosa sia realmente il tempo, come venga considerato al giorno d’oggi e quali siano le maggiori differenze tra il suo essere profondo e il suo essere percepito nella quotidianità. Abbiamo stabilito che il tempo non sia una grandezza indipendente, abbiamo evidenziato come dipenda anche dalla massa dei corpi e dalla posizione nello spazio e lo abbiamo quindi inserito in quella rete di relazioni fisiche che descrivono, più o meno bene, l’intero Universo fisico. In tutto abbiamo tralasciato un aspetto fondamentale della questione tempo: la direzione in cui scorre. Se pensiamo al tempo, forse la prima caratteristica a venirci in mente è proprio la sua direzione univoca, l’impossibilità di tornare indietro, di rifare le stesse cose o di evitare di farle. Il tempo, da sempre, è un qualcosa che fluisce da un prima verso un dopo, dal passato verso il futuro, passando attraverso un presente che è, per definizione, istantaneo.

Ma cosa ci dice, anzi cosa definisce, cos’è il passato e cosa il futuro? Perché una determinata cosa può avvenire solo in un senso temporale e non nell’altro? Andiamo con ordine. Per prima cosa dobbiamo deviare il nostro discorso per introdurre alcuni concetti termodinamici, senza i quali non potremo andare avanti. Dovremo, in sostanza, correlare il tempo con calore e entropia. Inoltre per comprendere a pieno la situazione dovremo distinguere tra eventi microscopici e macroscopici, prima a livello termodinamico poi temporale.

Bene, iniziamo dal calore: si tratta di energia che viene trasferita tra due corpi passando, se non ci sono altri interventi esterni, sempre dal corpo a temperatura più alta a quello con T più bassa. Detto in altre parole il calore è l’energia trasferita tra corpi; questo trasferimento è possibile fino a che non si raggiunge l’equilibrio termico dell’intero sistema (Ta=Tb). A quel punto ogni corpo ha la stessa temperatura e, sempre in assenza di interferenze esterne, non ci potrà più essere trasferimento di calore. Lo stesso vale se invece di due corpi se ne considera tre, dieci, mille o l’intero sistema Universo1. L’entropia, spesso descritta semplicemente come “il disordine di un sistema”, può essere definita, in sintesi, come la misura del grado di equilibrio raggiunto da un sistema isolato nel corso delle sue trasformazioni. Attenzione però; in un sistema isolato la somma totale dell’energia è costante (Secondo principio della termodinamica), mentre l’entropia aumenta inesorabilmente per ogni evento accada in quel sistema.
Questa figura ci può aiutare a comprendere questo concetto:

 Il concetto di entropia. I microstati e la loro probabilità. Credits: CC BY-NC-SA 3.0 US


Il concetto di entropia. I microstati e la loro probabilità. Credits: CC BY-NC-SA 3.0 US

Immaginiamo che il nostro sistema sia composto dalle quattro palline della figura e che in un tempo iniziale ci fosse solo un contenitore: in quel t0 avremmo avuto senza dubbio il 100% di probabilità di trovare le quattro palline nello stesso contenitore. Adesso il nostro sistema ha subito una trasformazione e lo spazio è diviso in due compartimenti separati: le quattro palline possono disporsi in tutte le sedici combinazioni che vediamo sopra, ognuna con probabilità 1/16. Ma se raggruppiamo le configurazioni in base al numero di palline che stanno nei contenitori (da I a V), possiamo dire che le situazioni I e V hanno entrambe 1/16 di possibilità di esistere, le II e IV ¼, mentre la III è la più probabile con 6 su 162.

L’entropia ci dice quanti sono gli stati possibili di un sistema in quel dato momento e questo numero aumenterà sempre con i passaggi di calore. Più saranno gli stati possibili in un dato sistema e più saremo vicini all’equilibrio completo e definitivo. Eccoci al crocevia fondamentale del nostro ragionamento: l’entropia (anzi il suo aumento costante) è l’unico fattore fisico che possa conferire al tempo una direzionalità! Esempio banale: aprendo il forno il calore esce sempre, non entra mai!

Torniamo meglio sul calore. La discussione sulla natura di questa entità fisica fu molto lunga e accesa tra chi, come Sadi Carnot, lo pensava come un fluido e chi, come Ludwig Boltzmann, lo considerava come il moto microscopico delle particelle. In effetti la seconda ipotesi si è rivelata corretta, dato che le molecole si muovono di più e più rapidamente a temperature alte. Muovendosi di più esse si scontrano più frequentemente con altre molecole e, in ogni urto, perdono una parte della loro energia, che viene trasferita. Se una molecola “calda” si scontra con una “fredda” l’energia che verrà trasferita sarà il calore! Questo trasferimento microscopico di energia c’è sempre e non si ferma all’equilibrio, dove però il suo effetto macroscopico, cioè la variazione di temperatura dei corpi, si annulla. In questo caso siamo passati a distinguere tra l’effetto microscopico e quello macroscopico!

Pensiamo all’esempio del forno. Consideriamo la cucina come un sistema isolato. Nel forno acceso l’aria calda raggiunge i 200°C, fuori ci sono 25°C. Quando apriamo lo sportello le molecole di aria interne al forno escono rapidamente, perché si muovono più rapidamente di quelle della cucina. Questo non vuol dire che l’aria della cucina non entra nel forno! Vuol dire solo che in quel frangente le molecole del forno e della cucina si scontrano in ogni punto del sistema scambiandosi calore fino a quando l’aria del forno e della cucina sarà alla stessa temperatura! A livello microscopico ogni molecola, forno o cucina, può scontrarsi con qualsiasi altra e trasferire energia, ma dal punto di vista statistico saranno le molecole del forno, più veloci e con più energia, a trasferire più calore! Questo ci conduce all’effetto macroscopico di vedere sempre il calore uscire dal forno e mai il contrario. L’energia complessiva del sistema forno-cucina non è aumentata, mentre saranno aumentati i microstati possibili in cui trovare le molecole di aria del forno e della cucina. Quindi sarà aumentata l’entropia!

Conclusione: il tempo, a livello particellare, di fatto non esiste! Il passaggio di calore tra due molecole avviene sempre in maniera bidirezionale. Solo la visione statistica complessiva di un sistema e l’introduzione dell’entropia ci fornisce un parametro fisico con una direzionalità chiara e definita. Ed è solo questa direzionalità a permetterci di vedere il tempo fluire! Sono sicuro di aver suscitato un po’ di perplessità e magari un bel po’ di curiosità! Ma sono anche certo di aver lasciato molte domande aperte, per questo, e per chi vuole approfondire l’argomento, vi consiglio “L’Ordine del Tempo” di Carlo Rovelli.3

Ultima modifica il Giovedì, 28 Giugno 2018 09:51
Samuele Staderini

Sono nato nel 1984 vicino Firenze e ci sono cresciuto fino alla laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche nel 2009. Dopo il dottorato in Chimica, tra Ferrara e Montpellier, ho iniziato a lavorare al CNR di Firenze come assegnista di ricerca (logicamente precario). Oltre che di chimica e scienza, mi occupo di politica (sono consigliere comunale a Rignano sull'Arno), di musica e di sport. E si, amo Bertrand Russell!

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