Un aspetto importante della sua ricerca storiografica è stato la rilevanza data ai santi nella storia del cristianesimo. La figura del santo rappresenta il modello di vita per eccellenza, e Le Goff capì che indagare le diverse rappresentazioni agiografiche (storie di santi) nel corso della Storia portava a indagare le diverse società che avevano espresso quei modelli di santità. Il linguaggio agiografico nascondeva quindi delle verità sociali: come ad esempio il passaggio dalla figura di un santo guerriero (San Giorgio) a quella di un santo che sposa l'umiltà (San Francesco). Interpretazioni come questa hanno portato lo studio dei santi (chiaramente da un punto di vista storico, non religioso) a uno dei temi chiave della storiografia medievale e della comprensione sociale di quel periodo. Per molti anni lo studio dell'agiografia era stato solo nelle mani di religiosi o teologi, che indagavano sulla vera o presunta santità dei personaggi in questione. Riportarli su un piano di interpretazione storica, e "usarli" come indicatori di scale di valori di una certa società, è stato un contributo fondamentale per gli sviluppi della storiografia. Come, per esempio, gli studi sul ruolo allegorico dell'invenzione del Purgatorio nel XII secolo ("La nascita del Purgatorio", tradotto in italiano nel 1982), che non rappresenterebbe altro che la rigida gerarchizzazione della società medievale.
Le Goff ha lavorato a lungo sulla storicizzazione della religione, contribuendo ad aprire nuovi filoni di studio. Inoltre, pur essendo a lui contemporanea la nascita della cosiddetta Storia di genere, continuò sempre a scrivere con l'intenzione di parlare di società e persone, senza sentire la necessità di fare una Storia femminile o maschile. Le società ci parlano di valori e persone, e il bravo storico dev'essere capace di analizzare in maniera imparziale il portato delle persone di cui abbiamo traccia, senza differenziarle per genere o per qualche altra sottocategoria. E Le Goff ha portato avanti il suo "mestiere di storico", per citare il suo predecessore Marc Bloch, in maniera eccellente.
Nella Francia medievale e moderna era tipico il detto "il re è morto, viva il re" alla morte di un sovrano, per glorificare l'eternità della monarchia. E allora "Jacques è morto, viva Jacques", sperando che il mestiere di storico sopravviva anche senza uno dei suoi massimi esponenti.
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