Il caso di Scifo riaccende i riflettori su un’area, quella di Capo Colonna, da anni stretta sotto il ricatto di una cementificazione a “tenaglia”, tra interessi meramente privati e pubblici. Abbiamo intervistato Margherita Corrado, archeologa e attivista dell’associazione Sette Soli, da anni in campo per la difesa di quest’area archeologica.
Margherita, da dove è iniziato tutto?
La lotta che stiamo portando avanti da anni per salvare l’intera area archeologica di Capo Colonna ha radici lontane, essendo di Crotone, per lavoro e interesse personale ho guardato sempre con particolare attenzione alle vicende della mia terra, partecipando anche a campagne di scavo nell’area della chiesa B.V. di Capo Colonna (uno dei luoghi del contendere ndr), l’ultimo scavo effettuato personalmente è stato quello del 2013-2014, dopodiché ha preso piede il progetto ministeriale di cementificazione dell’area dell’abitato romano.
Quando si materializza l’incubo?
Lo scavo del foro finì nel Dicembre 2014, e passate le feste, nel Gennaio seguente, operai e betoniere iniziarono i loro lavori. Partì già nel pomeriggio seguente l’occupazione del cantiere da parte di liberi cittadini riunitisi poi in un comitato, mentre le associazioni (tra cui Sette Soli), che avevano denunciato fin dall’autunno precedente l’assurdità del progetto, continuarono la loro opera di sensibilizzazione, anche se la stesura del cemento aveva già tombato metà del foro e della porticus circostante poiché non c’era la volontà di musealizzare una così importante evidenza. Tra sospensioni dei lavori (due) a interrogazioni parlamentari (tre), l’iter procedurale è stato lungo e nebuloso.
L’ammontare del progetto e il suo impatto, che tipo di sostenibilità?
L’ammontare complessivo dei lavori dell’APQ sfiorava i 2'500'000’00 di Euro, di cui solo 77'000’00 dedicati a opere di natura prettamente archeologica, preliminari alla realizzazione di uno spiazzo-parcheggio su una superficie mai prima indagata. Pare evidente che destinando il resto della cifra messa a gara, superiore al milione di Euro, si volesse tentare di “giustificare”, in un certo senso, la spesa. Prendiamo come esempio il manufatto destinata a preservare il prezioso ambiente mosaicato all’interno del balneum (terme pubbliche ndr), si parla infatti di un costo generale di 150'000’00 Euro a fronte di un’opera altamente impattante quanto pericolosa per la natura strutturale e la sua ricaduta su tutto il complesso. Una tettoia con dei plinti direttamente scavati nell’edificio e subito all’sterno, fuori portata rispetto alle esigenze conservative. Grazie alle nostre battaglie quest’ennesimo scempio è stato montato in una posizione innocua (dietro al complesso museale) ma senza che abbia una reale funzione. L’esempio sopracitato serve per far capire l’assoluta inconcepibilità di un’opera priva di qualsiasi significato tecnico-scientifico.
L’idea della realizzazione del piazzale-parcheggio davanti alla chiesa della Madonna di Capo Colonna, nel cuore dell’abitato romano, rientra pienamente in questa logica. Si tratta di una vera e propria colata di cemento stesa in un settore del parco archeologico con accesso ufficialmente interdetto ai veicoli, inaccettabile anzi tutto per le modalità utilizzate per i lavori: betoniere e camion hanno lavorato nel sito senza alcuna precauzione e transitando all’interno del parco, dove ai visitatori non è dato neppure camminare. La scelta di cementare, tra le altre cose, obliterava una testimonianza storica rilevante: tramite gli scavi dell’ottobre-dicembre 2014 è stato infatti portato alla luce il foro della Crotone romana (fondata nel 194 a.C.), con la rilevante porticus duplex dal perimetro ad L (per quanto è dato ricavare dagli elementi superstiti) ma forse in origine ad U. Grazie al nostro intervento e alla nostra perseveranza abbiamo ottenuto anzitutto la rimozione del cemento gettato sulla porticus e, in seconda battuta, la risistemazione della superficie a cielo aperto dell’antica piazza con lastre lapidee. Un progetto, quello di Capo Colonna, a zero sostenibilità, tecnica ed economica.
Come prosegue la battaglia?
Anche grazie al nostro intervento, il Ministero, per iniziativa dell’allora Direttore Generale Archeologia dott. Famiglietti, per circa un anno ha proceduto alla rimodulazione delle opere sopraelencate. Con l’entrata in vigore della Riforma del MiBACT, però, e con la relativa cancellazione della Direzione Archeologica, sono tornati protagonisti gli “attori” della prima ora, e il sito, con il cantiere dell’APQ SPA 2.4 ancora aperto a distanza di quasi tre anni, vede una preoccupante e silente fase di stallo. Continueremo la nostra opera affinché siti come quest’ultimo o la stessa Scifo siano tutelati e valorizzati in applicazione dell’articolo 9 della nostra Costituzione.