Venerdì, 27 Marzo 2015 00:00

Per una brevissima storia delle Fosse Ardeatine

Scritto da
Vota questo articolo
(5 Voti)

Per una brevissima storia delle Fosse Ardeatine

Sono quasi le 4 del pomeriggio quando in via Rasella, il 23 marzo 1944, i Gruppi di Azione Patriottica romani fanno esplodere 4 bombe a mano contro l'11ª compagnia del III battaglione del Polizeiregiment "Bozen", appartenente alla Ordnungspolizei (la polizia d'ordinanza tedesca). Sono 35 le vittime dell’attentato: 33 soldati tedeschi e 2 civili italiani.
Quella di via Rasella è un’azione che segna una cesura mentale nel corpo militare e politico tedesco: è la prima volta che una Resistenza alle forze armate naziste in Italia si manifesta così chiaramente e alla luce del sole, per di più nel centro della capitale, a Roma. È un gesto grave, clamoroso, che non può certo passare senza conseguenze: gestire un secondo fronte nelle retrovie mentre gli alleati avanzano da sud sarebbe uno sforzo impensabile per le truppe del Fuhrer. Bisogna quindi rispondere subito, eliminare il problema prima che si possa espandere e rafforzare. E la soluzione, davanti a una popolazione messa in ginocchio dalla povertà e dalle difficoltà della guerra, è la paura: la rappresaglia.

Già nel pomeriggio partono le telefonate tra i più importanti rappresentanti di Roma e dintorni. Sin dal 24 gennaio la provincia di Roma era diventata territorio d’operazione: ciò significava che ad avere il potere esecutivo era il comandante supremo della 14° armata, il generale von Mackensen. È proprio lui ad ordinare le fucilazioni con rapporto 1 a 10 e a condividere la proposta di Herbert Kappler, comandante delle SS di stanza a Roma, di far fucilare persone già destinate alla morte. Il fermento è grande: le alte cariche naziste a Roma hanno paura di una brusca reazione di Hitler. Una reazione che però non arriva: il Comando supremo della Wehrmacht lascia mano libera ad Albert Kesselring, comandante generale delle operazioni nel Mediterraneo. Kesselring copre la decisione di Mackensen, chiedendogli però di dare “immediatamente” l’ordine di eseguire le fucilazioni. È poi Kappler ad assumere il compito di metterle in atto: la polizia è stata vittima dell’attentato e la polizia deve effettuare la rappresaglia (le SS erano un corpo paramilitare con funzioni poliziesche).

I condannati non sono ostaggi, ma 335 detenuti arrestati in quanto avversari dello Stato nazista: membri della Resistenza, 75 ebrei in attesa di essere deportati nei campi di sterminio, persone trovate in possesso di documenti falsi, che avevano traffici sul mercato nero, che avevano ascoltato Radio Londra. Solo uomini, in quanto, secondo le autorità tedesche, potenziali combattenti.
Alle ore 15:30 del 24 marzo 1944 le prime cinque vittime vengono fatte condurre nelle “Fosse Ardeatine”, antiche cave di pozzolana oramai diventate buie grotte nei pressi della via Ardeatina. Costretti a inginocchiarsi, ai prigionieri viene puntata una pistola alla nuca: a sparare sono cinque uomini delle SS con il grado di sottufficiali. Un medico controlla se i fucilati sono effettivamente morti e dopo neanche 5 minuti subentrano altri prigionieri. Un capitano delle SS, fuori dalle grotte, controlla la lista dei condannati, chiamandoli sempre a gruppi di 5 e tirando un rigo sui loro nomi: è Erich Priebke, commissario della polizia criminale.
Per 67 volte si ripete il meccanismo, finché alle ore 20 tutti i 335 prigionieri non sono uccisi: le cave vengono fatte saltare in aria per nascondere e seppellire i cadaveri.

Kesselring e von Mackensen, che avevano ordinato di effettuare la rappresaglia, furono entrambi graziati e rimessi in libertà nel 1952. Herbert Kappler, condannato all’ergastolo nel dopoguerra, riuscì ad evadere nel 1977 dal regime di libertà vigilata ottenuto per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute: si rifugiò in Germania, dove morì l’anno seguente. Priebke, dopo una lunga latitanza in Argentina, fu arrestato nel 1995 e condannato all’ergastolo: morirà a Roma l'11 ottobre 2013.

La strage delle Fosse Ardeatine è un evento chiave nella storia della guerra ai civili: da quel momento i tedeschi si accorgeranno che oltre a combattere gli Alleati dovranno impiegare le loro forze militari per tenere testa anche alla Resistenza italiana, che si sta organizzando e che, proprio a Roma, ha appena realizzato il colpo più eclatante. I nazisti rispondono con la paura: per ogni tedesco che verrà ucciso, dieci italiani moriranno. L’obiettivo è quello di evitare che altri si uniscano al movimento di Resistenza.
Oggi, guardando indietro, siamo certi di poter dire che quello dei tedeschi fu un fallimento: un insuccesso che si trascinò però dietro tante vittime tra donne, uomini e bambini. Ricordare la strage delle Fosse Ardeatine significa ricordare anche loro.

Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.

Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.

Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d'ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.

Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA

Ultima modifica il Giovedì, 26 Marzo 2015 12:15
Andrea Vignali

Ho 20 anni, sono nato a Massa Marittima (GR) e attualmente vivo e studio storia moderna e contemporanea a Pisa. Suono la batteria, faccio politica e scrivo piccoli romanzi. Quella de il Becco è la mia prima esperienza giornalistica.

Devi effettuare il login per inviare commenti

Free Joomla! template by L.THEME

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti.