Martedì, 26 Marzo 2013 00:00

Vaticano, tempo di grandi cambiamenti?

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L'elezione di Jorge Mario Bergoglio, salito al soglio pontificio col nome di Francesco I, sembra aver portato un'ondata di rinnovamento nella Chiesa di Roma, almeno per quanto riguarda gli aspetti esteriori, così pacchianamente lussureggianti, che l'hanno caratterizzata fino a questo momento. È chiaramente troppo presto per poter azzardare qualsiasi tipo di analisi sul ruolo politico di questo nuovo papa, ma c'è comunque qualcosa di cui si può già parlare: la scelta del nome Francesco, in riferimento al famoso frate francescano. È stato lo stesso Bergoglio a spiegare che vuole ispirare il suo pontificato ai valori della povertà che hanno reso famoso San Francesco d'Assisi. 

Bergoglio è il primo pontefice proveniente dalla Compagnia di Gesù, un ordine religioso molto lontano da quello francescano, sia per il momento storico in cui è nato, sia per i motivi della sua fondazione. Basti ricordare che l'ordine francescano nacque ai margini della Chiesa, e venne integrato in essa con notevoli difficoltà, mentre i gesuiti vennero fondati proprio come ordine che vedeva tra le sue regole fondamentali l'obbedienza al papa.

Per quanto riguarda i francescani possiamo brevemente dire che Francesco d'Assisi si pose rispetto alla Chiesa in maniera completamente diversa e nuova rispetto ai precedenti o suoi contemporanei fondatori di ordini, cosa che lo rese quasi un eretico nei confronti della gerarchia romana. Solo con difficili compromessi, con l'applicazione di una regola monastica più vicina agli ideali ecclesiastici e più lontana dall'ideale iniziale di Francesco, l'ordine mendicante dei francescani fu integrato completamente nella struttura romana, fino alla canonizzazione di Francesco.

La sua regola, che prescriveva l'assoluta povertà, il lavoro manuale, la mendicità, la predicazione praticata più con l'esempio che con la parola, venne approvata nel 1210 da papa Innocenzo III. Egli però dette un'approvazione solo verbale, senza nessun documento scritto. Francesco era il devoto ideale per Innocenzo: la sua vita era assolutamente povera e pura, ma al tempo stesso egli si rivolgeva costantemente alla Chiesa per ricevere da essa direzione e insegnamento; era il tipo perfetto del laico deciso a vivere santamente, ma rispettoso della gerarchia. Francesco non voleva certo fondare un Ordine; e dal canto suo Innocenzo era diffidente nei confronti delle fondazioni nuove. Però in pochi anni la fraternitas fondata da Francesco era divenuta quasi un Ordine di fatto, a causa della sua grande popolarità. Il nuovo Ordine fu confermato da papa Onorio III e per esso Francesco redasse nel 1221 e nel 1223 due successive regole. Furono quelli i suoi ultimi atti pubblici di rilievo: ammalato e forse amareggiato, egli si ritirò poi in disparte lasciando ad alcuni suoi discepoli la guida dell'Ordine, non senza tuttavia la rigorosa consegna di vivere sempre del proprio lavoro. Francesco morì nel 1226 e fu canonizzato due anni dopo.

Facciamo un salto di più di tre secoli fino alla fondazione della Compagnia di Gesù: fondata nel 1540 da Ignazio di Loyola, fu uno degli ordini più importanti negli anni della Controriforma, grazie alla sua dipendenza quasi diretta dal papato. La regola dei gesuiti venne approvata in seguito alla domanda dei nuovi confratelli di poter svolgere un viaggio in Terrasanta per convertire gli infedeli. Sin dalla prima generazione, lo slancio missionario gesuitico prese la direzione di paesi lontani: India, Cina e Giappone. Negli anni '60 i gesuiti ottennero dal re di Spagna Filippo II il permesso di dirigersi verso il Nuovo Mondo, dove l'attività missionaria era stata monopolizzata, nei quarant'anni precedenti, dai domenicani e dai francescani iberici.

Ignazio di Loyola impresse alla congregazione una struttura verticistica e gerarchizzata. Abolì i capitoli, ossia le assemblee che gli ordini monastici e mendicanti erano soliti tenere a intervalli regolari per prendere decisioni riguardanti l'ordine ed eleggerne i vertici. Al contrario di quanto accadeva per gli altri ordini, il generale della congregazione era nominato a vita, come il papa. Fondamentale fu la capacità di stabilire con il papato un rapporto privilegiato: le relazioni dell'ordine con la Santa Sede variarono nel corso del tempo, ma in generale i gesuiti godettero di una posizione di preminenza rispetto agli altri ordini regolari. Fu infatti l'unico ordine ad avere la facoltà di poter assolvere, durante le confessioni, gli eretici e i possessori di libri proibiti. Nel 1559, proprio mentre veniva promulgato l'Indice dei libri proibiti di Paolo IV, essi ottennero la licenza di leggere e utilizzare nelle loro scuole, oltre a una lista di opere funzionali all'insegnamento, anche intere categorie di libri che nel frattempo, tra lo sgomento di autorità civili ed intellettuali, venivano proibite al resto dei cattolici. 

I due ordini di cui abbiamo parlato sono sicuramente molto diversi tra loro: il primo è caratterizzato dalla povertà, dalla predicazione tra i laici, dall'importanza del lavoro manuale e inizialmente fu visto con molta diffidenza, quasi sul limite dell'eresia, dalla Chiesa, per poi però venir sapientemente riassorbito nelle istituzioni. Il secondo invece è particolare per il momento storico in cui nacque: siamo nel pieno della Controriforma - la forte risposta che la Chiesa romana dette alla lacerazione protestante -, e i gesuiti funsero da vero e proprio braccio pontificio in quasi tutte le aree del mondo. 

È sicuramente strana, se non azzardata, l'unione ideale di questi due ordini nelle vesti di papa Francesco. Non si è fatto altro, negli ultimi giorni, che parlare di rinnovamento della Chiesa, purtroppo però si riaffaccia alla mente la frase, quanto mai vera, che ha reso famoso Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.

Immagine tratta da www.lettera43.it

Rosa Matucci

Nata a Fiesole (FI) alla fine del 1988. Nel 2006 mi sono iscritta a Rifondazione, dove milito ancora oggi. Laureata in Storia con una tesi sul protestantesimo nel Risorgimento fiorentino. Lavoro all'Istituto Ernesto de Martino a Sesto Fiorentino, dove vivo da sempre.

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