Il ministro del governo di Madrid si giustifica affermando che per far fronte alla crisi in cui il paese imperversa c’è bisogno di un sacrificio anche da parte di quelle famiglie che dispongono di maggiori risorse, dato che potrebbero permettersi di mantenere un figlio all’estero, privilegiando invece i finanziamenti agli studenti che provengono da famiglie meno abbienti.
Il progetto riguarda circa 30.000 ragazzi spagnoli, i quali si vedranno togliere in media quasi 115 euro mensili sulle borse Erasmus e ancora non sono chiare le misure che verranno prese nei confronti di quegli studenti che hanno già firmato accordi per ricevere sovvenzioni.
Anche per questo, l’Europa si mostra contraria al drastico taglio previsto dal governo spagnolo – taglio che interesserà “soltanto” gli studenti del suolo nazionale e non gli altri studenti europei che usufruiscono del programma Erasmus – criticando tale scelta soprattutto per il fatto che essa sia stata presa ad anno accademico già in corso anziché prima del suo inizio.
Le reazioni di disapprovazione ovviamente provengono anche dai ragazzi iberici, arrabbiati nel vedere cancellato il sogno dell’agognato “appartamento spagnolo”, considerando tra l’altro che la Spagna è, in proporzione, il paese che più di tutti gli altri “manda” i suoi studenti a studiare fuori, all’incirca il doppio rispetto alla media europea. Gli studenti hanno dato vita alla protesta aprendo una petizione su Change.org e invaso twitter, lanciando messaggi di feroce critica nei confronti di Wert.
Naturalmente è giusto che la priorità dei finanziamenti siano direzionati agli studenti meno abbienti ma allo stesso tempo non dovrebbe essere negata la possibilità di arricchire il proprio percorso formativo, la propria crescita intellettuale e personale grazie a un progetto nato proprio per questo, già dal suo esordio, nel 1987. La crisi non può giustificare sforbiciate a gogò su ciò che contribuisce a rendere un paese più forte e aperto: le giovani menti sono il suo presente e il suo futuro e impedire che esse possano potenziarsi anche grazie al contatto con altre culture, grazie all’interrelazione con persone di altri paesi, con la speranza che ciascuno, all’interno di tale reciproco scambio multiculturale, possa mettere in atto i frutti di queste risorse una volta “rientrati in madre patria”, significa stroncare anche la possibilità di progredire per il paese stesso, che condanna i suoi figli – e di conseguenza sé medesimo - a restare ovattati nella propria realtà, senza poter conoscere, durante la loro vita universitaria i mondi accademici e non solo dei vicini o lontani paesi, prendendone magari il meglio o regalando loro il proprio meglio.
Come diceva Sant’Agostino, “il mondo è un libro e chi non viaggia ne conosce solo una pagina”. E non è un caso che il nome del progetto Erasmus lo si debba al grande filosofo e umanista Erasmo da Rotterdam (XV secolo), il quale viaggiò per molti anni attraverso tutta l’Europa, assorbendone le differenti culture, cercando di comprenderle e rendendo il suo pensiero, anche grazie a questa fuoriuscita dagli autoctoni confini, geografici ma anche mentali, più aperto, tollerante, e capace di abbracciare orizzonti più vasti e ricchi. Tutti quei tagli a scapito dell’istruzione, della scuola, dell’università, della cultura in generale insomma, sono inammissibili (ovviamente anche quelli riguardanti sanità o lavoro ad esempio), perché condannano il paese non ad una ripresa bensì ad un impoverimento su tutti i fronti, ad un’agonia sociale, culturale, economica che potrebbe condurlo ad una lenta morte.
Scriveva Luis Sépulveda: “Viaggiando in lungo e in largo per il mondo ho incontrato magnifici sognatori, uomini e donne che credono con testardaggine nei sogni. Li mantengono, li coltivano, li condividono, li moltiplicano. Io a modo mio, umilmente, ho fatto lo stesso”.