Venerdì, 22 Novembre 2013 00:00

Caro Afghanistan ti scrivo: di guerra e pace

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Caro Aghanistan ti scrivo, così ti bombardo un po'.

Potremmo riassumere così l'idea del Segretario di Stato a stelle e strisce John Kerry. Una lettera in cui ammettere gli errori commessi dagli USA nell'ultimo decennio in terra afgana. Secondo il The Wall Street Journal del 19 novembre l'idea avrebbe convinto il presidente afgano Hamid Karzai.

Anche in questa vicenda Kerry dimostra quanto poco peso abbia all'interno delle decisioni della Casa Bianca. Il governo dell'Afghanistan ha infatti posto come condizione che la firma del documento fosse dello stesso Obama. Dopo le prime indiscrezioni Susan Rice ha affermato l'inesistenza di qualsiasi lettera. Lo stesso Kerry, il 20 novembre, ha dichiarato: "il Presidente Karzai non ha chiesto scuse. Non c'è nessuna discussione su delle scuse".

Il giorno dopo, sul sito dell'Ansa viene citata l'esistenza di una lettera: "Karzai ha inoltre detto che il presidente Barack Obama ha assicurato in una lettera che il patto di sicurezza é nell'interesse del Paese".

Il punto è che alla fine del 2014 dovrebbero consumarsi le ultime fasi della missione Isaf. Per citare il ministro alla Difesa italiano Mario Mauro: "dall'anno prossimo ci dovremmo porre il problema di come non abbandonare, dopo il ritiro delle truppe, lo sviluppo e la pace in Afghanistan'".

Ritiro è una parola grossa. C'è una nuova missione che è pronta a partire, la Resolut Support: se l'Italia vi parteciperà o meno è decisione che spetta al parlamento. Non è una missione di guerra, ovviamente. Ma non è nemmeno una missione di pace. La nuova operazione "non sarà l'ISAF con un altro nome. Sarà diversa, e significativamente più leggera. Lo scopo è addestrare, consigliare e assistere le forze afgane, senza sostituirle". A dichiararlo è stato il Segretario Generale della Nato, Fogh Rasmussen, che aggiunge (con orgoglio?): "negli ultimi 11 anni abbiamo dato agli afgani lo spazio per costruire il loro futuro. Con questa nuova missione, continueremo a supportarli. Ma alla fine spetta agli afgani determinare il loro futuro". A quanto pare spetterebbe ai cittadini di un paese determinare le sorti del proprio paese. Tanto che Karzai ha rilasciato dichiarazioni altisonanti sull'imprescindibilità del dover rispettare la volontà "del popolo afgano" prima della firma su qualsiasi nuovo accordo con gli USA.

Fatto sta che il punto su cui si giocano le trattative non riguarda la salvaguardia della popolazione. La questione è: dopo il 2014 potranno gli USA (e alleati) bombardare il suolo afgano senza ostacoli da parte del governo locale (che oltretutto non gode di grande consenso e stabilità)?

Compreso "il dolore" causato dagli sbagli degli ultimi anni, gli USA dovrebbero "rassicurare e fare in modo che questi errori non si ripetano", ha dichiarato Faizi (portavoce di Karzai).

Ufficialmente la possibilità di raid aerei da parte delle forze occidentali dovrebbe limitarsi a casi estremi in cui siano in gioco le vite di statunitensi (o degli alleati, probabilmente). Vale più un cittadino del patto atlantico, della vittima collaterale nata dalla parte sbagliata dell'emisfero.

Nulla di nuovo in realtà. La cosa interessante sono le manovre diplomatiche che provano a nascondere l'impunità di una politica estera che con Bush Jr. ha raggiunto il massimo della sua illegittimità, causando imbarazzi e difficoltà a Obama, che in Medio Oriente ha scelto di "disinvestire".

Anche per chi volesse ignorare gli scomodi alleati degli occidentali in terra siriana (queli "estremisti islamici e terroristi" tanto demonizzati pochi anni fa), ci sono episodi significativi ed eclatanti dal punto di vista simbolico.

Recentemente i talebani hanno inaugurato un loro ufficio (quasi "un'ambasciata" secondo il The New York Times) in Qatar. Si tratta di un paese amico della Nato, seppure in competizione con l'Arabia Saudita (almeno fino alla caduta dei Fratelli Mussulmani in Egitto). Se i "nemici di ieri" dovessero mettersi a un tavolo, Karzai finirebbe nel mezzo e la sua debolezza potrebbe finire sacrificata in breve tempo.

Le elezioni per il nuovo presidente afgano si terranno nel 2014, quelle per il nuovo parlamento nel 2015. Gli interessi degli USA devono essere tutelati, a qualsiasi costo. Sia una lettera di scuse e autocritiche, sia una nascosta trattativa con i talebani.

Il Bilateral Security Agreement garantisce la presenza di truppe USA in Afghanistan fino al 2024 e a noi ricorda anche l'assenza di un ruolo da parte dell'Italia, che anche il 18 novembre si è limitata a osservare l'evolversi della situazione, nonostante l'impegno diretto nella zona di Herat (si consiglia la lettura del comunicato diffuso sul sito dell'Asca, cliccando qui).

Il Mediterraneo e l'Europa continuano a sembrare sempre più periferici.

Immagine tratta da www.nytimes.com

Ultima modifica il Venerdì, 22 Novembre 2013 01:27
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it
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