Domenica, 01 Dicembre 2013 00:00

O disastro o risposta dei lavoratori. I nodi italiani al pettine

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I nodi italiani stanno venendo tutti al pettine, dopo due anni di bluff sulla ripresa, l'occupazione giovanile, i conti in ordine, il cambiamento di posizione della Germania dopo le sue elezioni, gli eurobond, gli aiuti europei, la messa in comune del debito dei vari paesi della zona euro, lo scorporo degli investimenti pubblici dal conto del deficit, ecc. Niente di tutto ciò sta avvenendo; al più, elemosine europee in cambio di ulteriore “rigore”, cioè massacro sociale. L'economia non solo in Italia ma nella zona euro è in recessione e si sta avvitando pericolosamente in quella condizione di deflazione che impedisce a qualsiasi politica economica venga tentata di sortire risultati; la disoccupazione sta accelerando, la miseria popolare pure, il debito aumenta.

La Germania ribadisce il suo no all'allentamento di quelle politiche di “rigore” alias di “austerità” che sono alla base di questo disastro, a nome degli interessi egemonici in Europa del suo capitalismo, poiché essi sono praticabili solo tramite la demolizione o l'assoggettamento di gran parte della altre economie industriali, quindi pagando anche come Germania il costo di un po' di recessione; la Commissione Europea continua a essere il braccio armato di queste politiche.

Persino Letta s'è accorto del disastro: sta implorando la Germania di “non badare solo ai suoi interessi” (?), altrimenti dalla crisi l'Europa non viene fuori, e l'Italia meno di ogni altro paese, e sta suggerendo alla Commissione che “di troppo rigore si può anche morire”. Ma è proprio qui il segno del rischio di una catastrofe economica e sociale del nostro paese: è in governanti, di centro-sinistra e di centro-destra, che, oltre ad aver condiviso e praticato da anni e a tutt'oggi il “rigore”, cioè il massacro di lavoratori, pensionati, giovani, donne, popolo, Mezzogiorno, oltre ad averci raccontato fino a ieri un sacco di balle, adesso sono lì scodinzolanti a implorare al boia di non strangolarti, incapaci di accettare quale sia l'unica cosa da fare, e non strettamente di sinistra, ma di interesse nazionale, di interesse del 95% della popolazione: affermare che l'Italia non ci sta, che si riprende la propria autonomia di politica economica e di bilancio, che chiude con il “rigore”, insomma che si farà i propri interessi nazionali e quelli della stragrande maggioranza della popolazione. Ma questo non gli passa neppure per l'anticamera del cervello. Non stanno forse ragionando come governo, a nome dei “conti in ordine, in modo da avere peso in Europa”, su una barcata di privatizzazioni di imprese e beni pubblici, cioè di regali alla solita banda di capitalismo parassitario e spesso delinquenziale? Non stanno forse operando, con la spending review, tagli micidiali a ogni voce di bilancio pubblico, quindi a ogni sorta di servizi pubblici? Non constatiamo come gli imprenditori denuncino mediamente al fisco meno dei loro dipendenti, e come tutto avvenga meno che una tassa sui grandi patrimoni? E non stanno ragionando, in sede europea, sulla realizzazione di una zona di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti (il “Trattato Transatlantico”), che darà certamente grossi vantaggi economici, finanziari e commerciali a Stati Uniti, Germania, per qualche aspetto Gran Bretagna, ma che all'Italia, vaso di coccio ancor più di prima tra vasi di ferro, recherà solamente danni? Hanno calcolato quanta disoccupazione in più ci sarà in agricoltura, a seguito di questo trattato? No, naturalmente. Ma poi, insomma, la vicenda Cancellieri-Ligresti indica assai più di ogni sofisticata analisi a quale parte guardino cuore e cervello dell'intero assetto di governo.

Nel contesto di una ripresa di autonomia dell'Italia ci sarà naturalmente lo scontro tra i diversi interessi di classe: ma i cui termini riguarderanno la validità delle varie proposte rispetto a una prospettiva comunque positiva sul piano economico. Né accadrà disastro alcuno: nessuno può impedire a nessun paese della zona euro, né Germania, né Commissione Europea, di fare quello che gli pare (di imitare dunque la Germania), anche in barba ad accordi e a trattati; e nessuna ipotetica minaccia sarebbe praticabile: dall'Unione Europea nessuno può scacciare nessuno, neanche farlo dall'euro. Né varrebbe il ricatto della sospensione delle elemosine europee: l'Italia versa al bilancio dell'Unione Europea ben più di quanto ne riceva. Si aprirebbe finalmente, invece, una discussione pubblica in Europa su come ricostituire il patto unitario, su come democratizzare la gestione comune, su come realmente riavviare l'economia, di come tenere conto delle richieste e dei problemi di ogni paese così come delle classi popolari. Ma, appunto, con Letta non accadrà niente del genere. Se tanto ci dà tanto, lo stesso varrebbe con Renzi o chicchessia del PD in sostituzione di Letta.

Si potrà far conto su un ripresa di mobilitazioni di classe e di popolo, che obblighi la politica a cambiare rotte e stile, dato che dalla sfera politico-istituzionale non c'è in questo momento da attendersi nulla, né di valido né di serio (l'allusione è a Grillo)? Sino a ieri c'era solo di che essere pessimisti; lo dicevamo, ma non ne vedevamo la necessaria imminenza. Atti come la lotta a Genova a oltranza dei lavoratori dei trasporti e come l'iniziativa dal basso di tante NSU perché venga cancellata l'infame “riforma” Fornero delle pensioni fanno oggi invece sperare che la musica riesca a cambiare in tempo. Per quanto ci riguarda, come pezzo della sinistra, faremo il possibile e anche di più perché cambi.

Immagine tratta da: www.telegraph.co.uk

Ultima modifica il Sabato, 30 Novembre 2013 22:00
Luigi Vinci

Protagonista della sinistra italiana, vivendo attivamente le esperienze della Federazione Giovanile Comunista, del PCI e poi di Avanguardia Operaia, Democrazia Proletaria, Rifondazione Comunista. Eletto deputato in parlamento e nel parlamento europeo, in passato presidente e membro di varie commissioni legate a questioni economiche e di politica internazionale.

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