Giovedì, 27 Novembre 2014 00:00

Tutte le prime volte - La democrazia italiana dopo il voto di domenica

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È la prima volta che avviene nella storia repubblicana e democratica del nostro Paese. Non era mai accaduto negli ultimi 70 anni che a governare una regione fosse uno striminzito 17% degli aventi diritti al voto. Perché è proprio di questo che, aldilà di tutte le possibili considerazioni concernenti la bassa affluenza ai seggi, stiamo parlando: meno di un quinto degli elettori è adesso al governo in Emilia Romagna (mentre in Calabria le cifre sono leggermente, ma non troppo, superiori). 

Sembra di aver fatto un salto indietro nella scala temporale dell’evoluzione democratica del nostro Paese: prima del 2 giugno ‘46, prima ancora del ventennio. 
Probabilmente i nostri padri costituenti non si erano neanche minimamente immaginati che la vita politica dello stato italiano potesse trovarsi ad affrontare una situazione simile, dopo aver visto l’89% della massa elettorale andare a votare per decidere tra Repubblica e monarchia. E invece è successo. Chiusi nelle nostre case, felici per una volta di non preoccuparci per il futuro dei nostri giovani, dato che Matteo Renzi esiste veramente e risolverà tutto, lo strumento fondante del nostro sistema politico, culturale e istituzionale è morto. Non che prima fosse particolarmente vegeto, ma il voto di domenica ha messo la parola fine.

È incredibilmente notevole la portata del passaggio storico che è avvenuto qualche giorno fa. Ma per Matteo Renzi non c’è niente di preoccupante: ha vinto, questo è quello che conta. Eppure era stato lo stesso sindaco di Firenze in passato, più di una volta, a ricordare, nei commenti post-elettorali (regionali marzo 2010; regionali ottobre 2012; comunali maggio 2013), quanto preoccupante fosse il dato sulle astensioni dal voto. Con una sostanziale differenza: ora è Presidente del Consiglio.

Il voto di domenica è il segno che la politica democratica italiana ha fallito il suo compito principale: rappresentare il popolo. In un paese normale dovremmo fermarci, riflettere e magari fare qualche passo indietro. Ma Renzi sta 2 a 0. E mentre le minoranze interne al PD si fanno coraggio e sfidano il voto del Jobs Act, Renzi si scopre a sua volta minoranza. Governando.

Ultima modifica il Mercoledì, 26 Novembre 2014 22:18
Andrea Vignali

Ho 20 anni, sono nato a Massa Marittima (GR) e attualmente vivo e studio storia moderna e contemporanea a Pisa. Suono la batteria, faccio politica e scrivo piccoli romanzi. Quella de il Becco è la mia prima esperienza giornalistica.

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