Lunedì, 30 Maggio 2016 00:00

Gestazione per altri: qualche dato

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Si è parlato e si parla ancora tanto di gestazione per altri (chiamata anche, nel gergo comune, per quanto a mio avviso in maniera non pertinente, pratica dell’“utero in affitto”), ma forse mai con seria cognizione di causa. La polemica è esplosa durante la proposta e l’iter del ddl Cirinnà, che, inizialmente, includeva la cosiddetta stepchild adoption, ovvero la possibilità di adottare il figlio biologico del partner. Ciò ha scatenato un panico assurdo negli ambienti cattolici, leghisti, di destra e democristiani (anche all’interno dello stesso pd), adducendo come motivazione principale (oltre al presunto sacrosanto dritto di un bambino di avere sia una madre che un e non due madri o due padri!) il rischio (per altro neanche troppo immediato) che una clausola simile avrebbe spalancato ancor di più le porte al ricorso alla gestazione per altri, vietata in Italia ma più o meno regolarizzata in altri paesi esteri. Alla fine cattolici, destroidi, democristiani piddini hanno avuto la meglio, anche “grazie” alla “libertà di coscienza” invocata dai grillini e alla loro bocciatura del “canguro” e, tutte queste forze insieme, hanno affossato il ddl originale facendo decadere il punto considerato critico. La legge Cirinnà fortunatamente è passata, per quanto ancor più parziale e svilita nei contenuti – altro punto che ha creato un po’il panico, per quanto argomento meno mainstream rispetto alla stepchild è ed era la pensione di reversibilità: non sia mai che coppie di fatto abbiano diritto alla pensione di reversibilità! – , ma sicuramente essa è un primo (e spero non l’ultimo) passo di apertura verso imprescindibili diritti civili.

Senza entrare nel merito e nei contenuti specifici della Cirinnà vorrei un minimo provare a chiarire alcune cose riguardo la gestazione per altri. Innanzitutto bisogna sfatare un mito: non è vero che a ricorrere alla GPA siano solo le coppie omosessuali, anzi, sono le coppie etero a ricorrere in maggioranza alla maternità surrogata, rappresentando circa il 97% del “mercato”.

Occorre anche dire che esistono due tipi di maternità surrogata: quella più tradizionale consiste nell’inseminazione artificiale dell’ovulo della madre surrogata che di conseguenza è anche la madre biologica del nascituro; quella gestazionale invece prevede che nell’utero della madre surrogata venga impiantato un embrione realizzato in vitro, che può essere geneticamente imparentato con la coppia richiedente o provenire da seme e ovuli di donatori e donatrici esterni. Ad ogni modo in questo caso la donna che porta avanti la gravidanza non ha alcun legame genetico con il bambino.

Facciamo ora una panoramica dei paesi in cui esiste la pratica della gestazione per altri, con le rispettive differenze. In Europa la GPA è considerata illegale in Italia, Francia, Germania, Spagna e Finlandia. C’è da dire tuttavia che chi in Italia ricorre alla GPA in paesi in cui questa è consentita, una volta tornato in Italia può essere dichiarato legittimo genitore, anche laddove non abbia alcun legame genetico con il figlio.
In Belgo, Paesi Bassi, Danimarca “la tollerano attraverso la procreazione medicalmente assistita, usando l’adozione per stabilire una filiazione successiva, ma spesso è richiesto un legame genetico con uno dei genitori committenti. Spesso poi il contratto di gestazione prevede che la madre portatrice non sia costretta a dare il bambino ai mandatari” (leggi qui). In Austria e Norvegia è proibita quando l’ovocita non appartiene alla donna che porta avanti la gravidanza. In Grecia invece la surrogazione è legale senza però un compenso economico ma soltanto un rimborso. Qui è inoltre richiesta una certificazione che accerti la concreta impossibilità della madre richiedente di portare avanti una gravidanza. Oltretutto sia la gestante che l’aspirante madre devono avere la residenza nel paese. Nel Regno Unito la GPA è consentita ma solo a titolo gratuito. In Russia e in Ucraina la maternità surrogata è permessa anche dietro compenso economico dunque qui il rischio è che in molti casi la scelta della madre surrogata sia piuttosto un bisogno motivato da indigenze economiche da sanare almeno in parte.

Fuori dall’Europa: Negli Stati Uniti, le modalità di GPA variano da stato a stato, in alcuni ad esempio è permessa solo a coppie eterosessuali; alcuni la consentono solo se esiste un legame biologico tra richiedenti e bambino e in altri ancora è vietata qualsiasi forma di compenso. In generale però la maternità surrogata è ben regolarizzata giuridicamente: esistono parametri specifici cui deve sottoporsi la gestante (condizioni economiche, di salute, psico-fisiche, fattori psicologici e motivazionali, etc.) proprio per evitare che essa sia spinta non da un desiderio altruistico ma per sopperire a indigenze economiche e pertanto esistono regole piuttosto ferree che mirano a una selezione ponderata della donna che si presta alla gestazione per altri. Inoltre esistono agenzie specializzate che accompagnano il percorso di surrogazione. Tendenzialmente (benché esistano differenze tra stato e stato) il compenso economico è piuttosto basso, anzi, spesso si tratta semplicemente di un rimborso spese (esami, visite…). Su un bell’articoletto del Sole 24 di qualche tempo fa (leggi qui) si legge che “da studi condotti nel Regno Unito e negli USA (in particolare, le ricerche pubblicate su Human Reproduction dal gruppo di Golombok e Jadva del Centre for Family Research, Cambridge University, e il primo libro sulla gpa Surrogate motherhood. Conception in the heart di Ragoné) è emerso che il desiderio di aiutare una coppia ad avere figli e il piacere e la dimestichezza psico-fisiologica con la propria esperienza di gravidanza e parto sono tra le motivazioni principali che spingono una donna a condurre una gpa. La presenza di un compenso economico è un fattore in gioco, ma non sembra rientrare tra le motivazioni principali né viene vissuta come qualcosa che sminuisce il valore del gesto. Altri fattori importanti sono l’approvazione e il sostegno da parte dei propri familiari, la conoscenza dei genitori intenzionali e la possibilità di rimanere in contatto con loro anche dopo il parto. Studi sul benessere delle madri surrogate indicano profili psicologici simili a quelli del campione normativo e assenza di indicatori psicopatologici”.

In Canada la pratica è legale, ad eccezione del Québec. Anche qui, come in California, esiste solo un rimborso spese legate alla gravidanza e non un compenso economico e, come in molti stati degli Stati Uniti, anche qui esistono diverse agenzie specializzate che si occupano di seguire tutto l’iter.
In India la maternità surrogata è legale dal 2002 ma dal 2013 è stata proibita a coppie omosessuali, single stranieri e coppie che provengono da paesi in cui essa non è permessa ed è una pratica molto redditizia per il paese, sebbene non abbia costi molto alti. A differenza di Belgio, Grecia, Olanda, Regno Unito, Canada e gran parte degli stati degli USA dove la gpa è concepita in forma altruistica, qui le donne che intraprendono questa pratica lo fanno più per necessità economiche che non per libera scelta.
Semplificando un po’, si potrebbe dire che esistono due macroaree in cui si inseriscono due diversi tipi di opposizione. La prima è una dimensione (e un opposizione) di tipo economica, l’altra etica.

L’opposizione “economica”vede in questa pratica un’ulteriore degenerazione del sistema neoliberistico che prevede ormai la mercificazione di qualsiasi cosa, a cominciare dal corpo umano. A questa obiezione è difficile rispondere in maniera convincente. Siamo effettivamente in un mondo in cui il cittadino non è più cittadino ma consumatore e in cui tutto diviene merce scambiabile e immettibile sul mercato, a qualsiasi prezzo. Oltretutto non si può negare che la pratica della gpa abbia un notevole costo e quindi tendenzialmente resta accessibile soltanto ad un’elite che può permettersi di pagare certi prezzi, ricreando quindi una dicotomia di classe all’interno dei diritti stessi, che invece dovrebbero esser garantiti a tutti indipendentemente dal reddito individuale: chi è ricco può accedervi, chi è povero deve continuare a vederseli negare. Se da una parte il principio economico che sta alla base di questa pratica (tutto è mercificabile, tutto ha mero valore di mercato e riproduce un dualismo classista) effettivamente stona con i propri valori, dall’altra non dobbiamo dimenticarci che alla base della maternità surrogata vi è appunto l’opportunità di poter avere dei figli per coloro che non possono averli. Ovvio, avere dei figli non è certo un obbligo (tutt’altro!), ma va lasciata la possibilità di poter decidere se averli o no e non negarne la possibilità a priori. Io continuo a preferire l’adozione, anche per poter togliere un bambino da un orfanotrofio, ma mi rendo conto che per le coppie omosessuali, in molti paesi (come in Italia) non è consentita e c’è anche da dire che le pratiche di adozione sono molto lunghe e burocratiche. Penso comunque che se proprio la gpa, almeno in Italia, fa così tanta paura a forze soprattutto cattoliche o di destra (ma è avversata anche tra molti intellettuali o esponenti politici di sinistra e persino da molte femministe), un eventuale argine rispetto a questo “rischio” potrebbe provenire proprio dal diritto di adottabilità allargato a chiunque, sempre, ovviamente, dietro l’egida e la supervisione di un giudice (come già avviene per le coppie sposate) che valuti attentamente l’idoneità o meno di coloro che fanno domanda di adozione, che siano coppie sposate, coppie di fatto, coppie omosessuali o single. Pare però che questo eventuale diritto faccia forse anche più spavento della gpa! Altro tipo di risposta all’obiezione “economica” potrebbe concentrarsi sul fatto che laddove la gpa è regolamentata giuridicamente e controllata o disciplinata con quei rigidi e seri parametri che abbiamo accennato prima (economici, fisici, psicologici, motivazionali…), che evitino che la madre surrogata sia spinta non da intima scelta o desiderio personali ma da necessità di natura finanziaria, essa non mi sembra appartenere poi così tanto a una dinamica mercificatoria o di mercato, ma mi sembra fondata su una libera e piena consapevolezza da parte dei membri in causa in cui il compenso monetario non risulta essere un fattore determinante.

Continua...

Ultima modifica il Domenica, 29 Maggio 2016 19:38
Chiara Del Corona

Nata a Firenze nel 1988, sono una studentessa iscritta alla magistrale del corso di studi in scienze filosofiche. Mi sono sempre interessata ai temi della politica, ma inizialmente da semplice “spettatrice” (se escludiamo manifestazioni o partecipazioni a social forum), ma da quest’anno ho deciso, entrando a far parte dei GC, di dare un apporto più concreto a idee e battaglie che ritengo urgenti e importanti.

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