Mercoledì, 22 Giugno 2016 00:00

Fascismo ed antifascismo

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Fascismo ed antifascismo

In Austria, al recente ballottaggio per l’elezione del Presidente della Repubblica, il candidato che non fa mistero di avere simpatie nazionalsocialiste ha preso la metà dei voti espressi, tra l’altro è stata registrata un’alta affluenza. Le analisi del voto hanno evidenziato che il 75% dei lavoratori manuali hanno votato per l’estrema destra; se guardiamo altri significativi esempi in giro per l’Europa siamo oltre il segnale d’allarme, prossimamente governeranno ampie aree strategiche; in Francia recentemente le zone tradizionalmente rosse hanno votato il fronte nazionale (tra l’altro mi piacerebbe capire in che misura lo stesso Fronte Nazionale si rapporta con l’attuale mobilitazione sociale in Francia, personalmente non ho strumenti conoscitivi).

La mobilitazione antifascista è forte, sia contro le manifestazioni più esplicite sia per effetto della importantissima battaglia per la difesa della Costituzione contro le modifiche renziane: recentemente anche la morte di Albertazzi, da cui, in alcune occasioni, sono venute sgradevoli affermazioni a proposito del suo passato da repubblichino, ha ravvivato la passione antifascista. Eppure perché la destra sta avanzando? Se abbiamo capito tutto dalla storia e stiamo mettendo tutti in guardia dei prossimi, prevedibili disastri, perché i popoli votano a destra e in particolare proprio coloro che tradizionalmente stavano a sinistra, dopo averli strappati alla destra e che abbiamo forgiato alla tensione antifascista?

Conosco la risposta dei più pigri mentalmente tra di noi: perché il capitale, che ha più mezzi, ne condiziona le menti, sfruttando la crisi, indicando capri espiatori nei migranti e capitalizzandone la paura.

Già, e tutta la nostra mobilitazione antifascista? Perché non abbiamo le televisioni? Né giornali? Insomma, è una gara di “propaganda” ma tra mezzi impari e, quindi, impossibile da vincere? A me pare sia urgente domandarsi se non stiamo sbagliando qualcosa di strategico e, addirittura, non siamo proprio noi a portare acqua al mulino delle argomentazioni della destra estrema, togliendo le castagne dal fuoco al capitale (per favore non si tiri fuori l’argomento trito degli opposti estremismi).

Con ordine. Il punto di partenza è che la crisi c’è, grave! Le persone hanno paura e sono angosciate dal futuro, sia da destra che da sinistra (anche dal centro con toni diversi), indicano nell’egoismo di pochi (l’1%) la causa della crisi: sono loro, con le loro politiche e i loro strumenti, che inducono questo squilibrio catastrofico! Qui le cose si dettagliano, tutti indicano le banche, il FMI, la Commissione Europea e poi immancabilmente i vari enti, fondazioni e associazioni di potenti.
Di fronte a questa narrazione unanime, un “lavoratore manuale” cosa deve capire? E soprattutto, quale prospettiva realistica può immaginarsi? La risposta dell’estrema destra è più “credibile”, parla espressamente di (un rassicurante) complotto, rivendica un governo “forte” che mette in riga le banche, riprende la sovranità nazionale e rimanda a casa chi , oggettivamente, ruba il lavoro.
Attenzione! Questo atteggiamento arriva dopo 35-40 anni di tentativi falliti di reagire alla crisi che hanno portato i “lavoratori manuali” all’isolamento, all’atomizzazione di tutti contro tutti, il mio paese contro il tuo, il mio settore contro il tuo, la mia fabbrica contro la tua, il mio posto contro il tuo. Oggi la destra appare unificante nella soluzione nazionale e noi (la sinistra), diamo solidità ai suoi argomenti.

A sinistra (come a destra) è una gara a chi individua il nemico più prossimo e ben definito: la colpa è degli evasori fiscali... Altrimenti! Le banche non danno i soldi che la BCE gli passa gratis... Altrimenti! E così via. Ma non stiamo dicendo così che questo sistema funzionerebbe perfettamente se non ci fosse chi, appunto, complotta per farlo andare male? Proprio noi che diciamo che il capitalismo è in crisi strutturale, diciamo anche che no, una soluzione c’è, basta far pagare le tasse, basta che le banche diano i soldi. Questo approccio rende realistica la destra estrema e, a fronte dell’aggravarsi della crisi (inevitabile), si rafforzerà sempre di più, confermando la sinistra nella marginalità.

So bene e me l’hanno già fatta più volte la considerazione, che noi, la sinistra, dobbiamo per forza dare un senso antropomorfo alle nostre analisi, ci vuole un nemico in carne e ossa e di conseguenza costruire gli obiettivi.

A parte l’imparare dalla storia, è vero anche che oggi la fase di crisi del capitalismo (nei paesi sviluppati, diciamo OCSE) non è la stessa di quella del periodo tra le due guerre mondiali, la via d’uscita c’era, erano le politiche keynesiane, in quel periodo la risposta vincente fu l’intevento pubblico, cioè del potere politico, nell’economia e nella societa, cosa che il nazismo fece e, in misura casareccia, anche il fascismo, senza dimenticare però, che la strada era stata aperta dalla rivoluzione bolscevica e perciò, si prestava anche l’indicazione di un nemico in carne e ossa: il borghese nel caso nostro e il complotto giudaico-massonico per i fascisti e nazisti.

Oggi, a mio parere, non è così, non ci sono vie d’uscita dentro questi rapporti sociali, la politica keynesiana ha già dato tutto quello che poteva dare e prima ancora il libero mercato e le sue fasi conseguenziali hanno esaurito le fasi espansive e, se sono senza prospettive (produttive) le politiche liberiste, ciò non di meno è tempo perso pensare ad un restauro del keynesismo (fermo restando che la battaglia per non retrocedere da questa impostazione è sacrosanta).

Tornando quindi all’analisi della realtà, non ci sono complotti, c’è un sistema produttivo e riproduttivo che non solo arranca ma produce i presupposti per crisi sempre più catastrofiche. Nessuna delle classi in lotta può prevalere perché ciò presupporrebbe la possibilità del mantenimento del rapporto di capitale che, viceversa, è proprio quello che non può più funzionare perché ormai questa formazione sociale non è più in grado di dare corso allo sviluppo (in modo fecondo) delle forze produttive, e crea piuttosto le premesse per il suo superamento, senza di che non resta che la rovina comune.

Se lo scontro fascismo-antifascismo nel periodo tra le due guerre è stato vinto da chi ha contrapposto una visione democratica del welfare (cioè la sinistra) a quello che è stato definito il keynesismo bastardo militarista e guerrafondaio, nell’ambito di un ulteriore sviluppo delle forze produttive possibile, con il conflitto di classe, nei rapporti di produzione capitalistici, essendo tali politiche keynesiane, l’oggetto della nostra volontà corrispondente alle condizioni esteriori, oggi la mera riproposizione della stessa visione in una condizione mutata (più avanzata e prodotta dalla nostra azione), non solo non ci porta da nessuna parte ma, addirittura, rafforza l’approccio dell’estrema destra, la quale non risolve nessun problema, nemmeno al capitale, ma “aiuta” tutti a precipitare nel disastro.

Il problema che si pone davanti all’umanità è che dalla crisi, ponendosi un passaggio epocale, non si uscirà cercando di confermare le nostre certezze e producendo così nuove relazioni, ma soltanto con un processo di auto-trasformazione verso una nuova individualità che rompa/superi i rapporti egoistici della proprietà privata in favore di un rapporto cooperativo.
Solo così, tenendo conto delle nuove condizioni esteriori che si sono prodotte, possiamo rigenerare l’antifascismo e sconfiggre di nuovo il nazifascismo, così pericolosamente incombente, è rendere sterile il ventre che lo sta portando a maturazione.

Ultima modifica il Martedì, 21 Giugno 2016 22:52
Mauro Lenzi

Pensionato, una vita nella CGIL, di cui è stato anche nella segreteria regionale, consigliere provinciale per due mandati legislativi fino al 2004, successivamente nel Consiglio Comunale di Colle di Val d'Elsa, dove già era stato eletto nel 1980 è stato nominato Assessore nel corso di questo mandato.

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