Per farsi un'idea di quale ratio abbia governato il voto, bisogna abbandonare la distribuzione per gruppi ed analizzare invece quella per stati di provenienza: favorevoli compatti sono stati eminentemente gli europarlamentari irlandesi, finlandesi, svedesi, ungheresi e in generale dell'Est Europa, oltre agli spagnoli; più dispersione tra gli altri Paesi, con italiani e francesi tendenzialmente favorevoli, olandesi (dai Paesi Bassi) e austriaci tendenzialmente contrari, tedeschi e belgi drasticamente spaccati, picco di astensioni tra gli inglesi.
Nel dettaglio dei dati disaggregati per singolo europarlamentare, si vede che solo i polacchi ECR sono stati favorevoli mentre il resto del gruppo si è astenuto; che nella tendenza favorevole dei popolari sono spiccate le astensioni di austriaci e italiani e la contrarietà dei portoghesi; che i proponenti S&D si sono spaccati anche tra connazionali, salvo gli inglesi astenuti e austriaci, olandesi e tedeschi nettamente contrari; la stessa confusione si registra tra i gruppi più piccoli.
S'intuisce allora, con opportuno materialismo dialettico, che a caratterizzare la posizione del singolo europarlamentare sia la situazione che ha conosciuto e vissuto nel Paese di provenienza: i riferimenti morali, il sistema sociale e, di conseguenza, il quadro legislativo. La risoluzione si rivolge ad un'Europa divisa tra due fondamentali correnti di pensiero circa la prostituzione: l'una abolizionista, che la vede come violazione dei diritti delle donne in quanto schiavitù sessuale e foriera di diseguaglianza di genere; l'altra regolazionista (condivisa dalla scrivente), che la intende invece come potenziale mezzo di parità in quanto espressione della libertà delle donne di disporre del proprio corpo.
Si spazia perciò da Paesi in cui la prostituzione è legale e normata, anche per quanto riguarda bordelli e altre forme di organizzazione, ovvero Austria, Germania, Grecia, Paesi Bassi, Svizzera e Turchia(annoverate per cronaca benché non UE); a Paesi dove è legale ma non normata – Belgio, Francia, Irlanda, Italia, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Rep. Ceca, Slovacchia, Spagna; passando per Paesi – Ungheria e Lettonia – dove è legale e normata ma sono illegali forme di organizzazione come i bordelli. Nel resto dei Paesi, per le cui leggi la prostituzione è illegale, spiccano Islanda, Norvegia e Svezia, dove la legge criminalizza il cliente piuttosto che la persona che si prostituisce – e questo è il modello alla base delle linee d'azione proposte dalla risoluzione.
In tutta Europa sono in ogni caso illegali sfruttamento della prostituzione, prostituzione forzata e tratta di esseri umani.
In questo quadro, la mozione è introdotta dalla relazione della Commissione per i Diritti delle Donne e la Parità di Genere, unita all'opinione della Commissione per lo Sviluppo. Si sviluppa qui la riflessione che delinea l'orientamento politico della risoluzione: l'obiettivo a lungo termine è l'eradicamento della prostituzione, in tutto e per tutto paragonata allo sfruttamento della stessa nel promuovere violenza e diseguaglianza di genere. Tale obiettivo sarebbe da perseguirsi con attento lavoro culturale e di sensibilizzazione sociale; mentre, a medio termine, si punta a tutelare (a dir poco pietisticamente) chi si prostituisce e stigmatizzare invece i clienti. Si ammette la diversità tra prostituzione forzata e volontaria, ma si afferma che si tratta in entrambi i casi di violenza sulle donne. Si dice chiaramente che la prostituzione è schiavitù e non lavoro, dato che il lavoro promuove la realizzazione individuale e il benessere collettivo; e se riconosciuta dalla legge, è discriminazione legalizzata. Più volte ci si riferisce alle persone che si prostituiscono con il termine "vittime". Si rilevano correttamente tutti i problemi connessi alla prostituzione e al suo sfruttamento, dai rischi per la salute allo stigma sociale, dall'alto tasso di mortalità alla tratta di esseri umani, dalla coercizione di minori all'influenza sull'immaginario collettivo.
Si inverte, però, il rapporto tra cause e conseguenze: che a prostituirsi siano prevalentemente donne e che i clienti siano prevalentemente uomini, che la professione del sesso sia considerata degradante, che sia troppo facilmente associata a forme di violenza, tutto deriva da una radicata disparità di generi, in un quadro eterosessista, moralmente chiusa alla libertà sessuale.
Lo sfruttamento, anche di minori, la tratta di esseri umani, i rischi per la salute sono problemi che colpiscono una varietà di mestieri e professioni, dall'edilizia all'industria dolciaria, e devono essere combattuti senza per questo criminalizzare anche la professione o il mestiere di turno.
Le prescrizioni, di conseguenza, sembrano quasi meno pericolose dell'impianto ideologico di per sé: rispetto ed attenzione per la salute di chi si prostituisce anche imponendo controlli sanitari; perquisizioni e controlli a campione da parte delle forze dell'ordine; specifica formazione delle forze dell'ordine e del personale giudiziario, anche per tutelare categorie particolarmente vulnerabili come migranti e sans-papier; riduzione dei danni associati alla prostituzione per strada; tolleranza zero nei confronti della prostituzione minorile; attenzione agli annunci sui giornali e alla diffusione sui social-media; programmi di riabilitazione (incentivi) per chi vuole lasciare la prostituzione; condanna di ogni politica o approccio che veda la prostituzione come soluzione per le donne migranti; supporto e coinvolgimento nelle decisioni di forze dell'ordine e agenzie mediche; cooperazione tra Stati membri per eradicare la tratta di esseri umani; non criminalizzare l'offerta di servizi sessuali bensì perseguire la domanda (individuata come base del mercato e delineata a tinte forti) e minare i guadagni del mercato sessuale attraverso multe e sanzioni; campagne di sensibilizzazione e prevenzione nelle scuole; lotta al turismo sessuale; miglioramento e integrazione dei servizi rivolti alle vittime. Ciliegina sulla torna, una nota di imperialismo della morale: invito all'Europea External Action Service a bloccare la prostituzione nelle zone in guerra in cui siano presenti forze militari UE.
C'è un'indicazione positiva, fondamentale: monitorare l'andamento delle politiche attuate, rilevando con cura tutti gli effetti, positivi o negativi, della criminalizzazione della domanda; riconoscendo che l'elaborazione di un modello funzionale all'eradicamento della tratta e dello sfruttamento richiederà più dati, più analisi, più tempo. Nel frattempo, è vero che, come rilevato dalla relazione, gli spazi in cui la prostituzione è legale si prestano al riciclaggio di denaro, a confondere le acque nella lotta alla tratta, ad attrarre flussi abnormi di turismo sessuale (provieniente da luoghi dove la prostituzione non è legale, con tutto il portato bigottismo e dogmatismi a spese della sessualità e delle donne che ciò comporta); ma è parimenti vero questi fenomeni sono da combattere in quanto tali, e che solo la legalizzazione può fare da sostrato a forme di tutela sempre più efficaci, da un lato, e dall'altro a sistemi sempre più puntuali di lotta ad ogni forma di violenza e sfruttamento.
Ed è anche vero, come dimostrato dallo spaccarsi e disperdersi dei gruppi europarlamentari di sinistra, che proprio alla sinistra manca una discussione seria sul tema, strettamente legata alla realtà, laica e libera da dogmatismi. Ma forse, prima ancora, la sinistra dovrebbe imparare a spogliarsi del culto dell'interiorità, del punto di vista e della coscienza personale (sostrato della personalizzazione della politica); riconoscendo, ad esempio, che il fatto che alcuni apprezzino il sesso comprato, che alcuni apprezzino venderlo, non impedisce ad altri di godere del sesso senza venderlo né comprarlo.
Immagine tratta da www.theguardian.com